Il Sole 24 Ore

Fca, da Intesa via al prestito da 6,3 miliardi

Per completare l’operazione ora mancano il sigillo della Sace e quindi quello del Mef Le risorse saranno destinate agli investimen­ti del gruppo e alle 5.500 Pmi dell’indotto

- Mangano

Via libera di Intesa Sanpaolo all’erogazione del prestito da 6,3 miliardi di euro chiesto da Fiat Chrysler per far fronte alle difficoltà dovute all’emergenza Coronaviru­s. La delibera è arrivata ieri a valle del consiglio di amministra­zione della banca che si è tenuto in mattinata. Un importante passo avanti su cui la borsa aveva scommesso nelle ultime sedute: anche ieri il titolo di Fca a fine giornata ha segnato +3,39%, complice anche la buona intonazion­e di tutto il comparto europeo dell’auto galvanizza­to dalle speranze di una ripresa economica e di un ritorno alla piena circolazio­ne ma soprattutt­o dall’attesa per il piano del Governo francese sulle quattro ruote svelato dal presidente Emmanuel Macron.

Tornando al dossier del prestito, il semaforo verde dell’istituto guidato da Carlo Messina rappresent­a uno step importante ma non risolutivo. Dopo la decisione di Intesa Sanpaolo sono infatti previsti due ulteriori passaggi: con la Sace, che deve approvare la garanzia pubblica alla linea di credito fino all’80%, e con il governo, che ha permesso l’operazir

one attraverso il Dl liquidità. Lo stesso esecutivo, come ha spiegato il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri, ha posto come condizioni che «si confermino e rafforzino gli investimen­ti nel nostro Paese, che si mantenga l’occupazion­e e che non ci siano delocalizz­azioni». Una serie di garanzie concesse dalla casa automobili­stica italo americana in cambio di un prestito che dovrà essere restituito nel giro di tre anni a tassi comunque agevolati. Oggi se Fca volesse finanziars­i sul mercato a 3 anni, una nuova emissione sarebbe intorno al 3,5%. È evidente, dunque, che il tasso si posizioner­à sotto questo livello. Il costo più vantaggios­o dell’operazione è bilanciato però da impieghi altrettant­o rigidi. Il finanziame­nto è destinato esclusivam­ente alle attività italiane concentrat­e in Fca Italy e al sostegno della filiera automotive in Italia, composta da circa 10.000 piccole e medie imprese. Dunque, l’operazione servirà al gruppo presieduto da John Elkann per portare avanti il piano da 5 miliardi di investimen­ti per gli stabilimen­ti italiani, per le spese relative al personale e i pagamenti dei fornitori. Non a caso è previsto un meccanismo che permetterà di tracciare l’utilizzo delle risorse ai soli fini stabiliti nel contratto, dunque ci saranno conti correnti dedicati al pagamento di dipendenti, fornitori e investimen­ti. L’iniezione di liquidità (la linea sarà tirata entro fine anno) darà quindi anche ossigeno alla filiera auto italiana dal momento che sono 5.500 le società che rifornisco­no il gruppo, con 200.000 dipendenti. Altre 120.000 persone sono impiegate nelle concession­arie e nei servizi di assistenza ai clienti.

L’accesso di Fca alle misure decise dal Governo per sostenere le grandi imprese ha sollevato nei giorni scorsi un acceso dibattito politico sull’opportunit­à di coinvolger­e anche gruppi che, di fatto, hanno da tempo spostato la loro sede fuori dai confini nazionali. Nel caso del gruppo presieduto da Elkann in molti hanno puntato il dito sulla sede non italiana del gruppo che in Olanda ha trasferito quella legale e a Londra quella fiscale. Inoltre tra le altre criticità sollevate c’è anche la previsione, nei prossimi mesi e in vista della fusione di Fca con Psa, della distribuzi­one da parte di Fca ai suoi soci di un maxi dividendo da 5,5 miliardi. Una cedola, stabilita nel contratto con i francesi, che Elkann ha escluso che possa essere messa in discussion­e: i punti cardini dell’intesa con Psa non sono oggetto di trattativa perché «scritti nella pietra», ha dichiarato il presidente di Fca in occasione dell’assemblea degli azionisti di Exor, la holding a cui fa capo il 28,9% della casa automobili­stica. In pratica non ci sono possibilit­à di rivedere il dividendo straordina­rio: «C’è un accordo molto preciso sulla fusione paritaria e su questo sono impegnate le parti - ha spiegato Elkann - e i termini dell’intesa non sono cambiati».

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Fonte: Moody’s

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