Non sprecare i contributi della Ue
C’è un parallelismo impertinente tra l’Europa costretta dal Covid a giocarsi la sopravvivenza sulla riconciliazione Nord-Sud e l’Italia con le gomme a terra che di quel Sud è il Paese più preoccupante .
Anche perché continua a pagare, 159 anni dopo la nascita dello Stato nazionale, proprio il fallimento di quel tipo di riunificazione. Oggi a Bruxelles la Commissione Von Der Leyen svelerà tutti gli arcani dell’equazione per il rilancio dell’Unione, sfruttando le sinergie tra il bilancio pluriennale (Mff) 2012-27 da circa mille miliardi e il Recovery Fund, che ne sarà una costola da circa 500 miliardi da raccogliere sui mercati. O così pare. I dettagli si conosceranno oggi. E sarà l’inizio di un infuocato negoziato a 27 che dal 1 luglio passerà alla presidenza tedesca dell’Unione: la capacità di mediazione di Angela Merkel è nota e questa volta si unisce alla convinzione che, nel mondo post- Covid, turbato dalla nuova guerra fredda tra Stati Uniti e Cina, l’interesse nazionale tedesco coincida più che mai con quello europeo.
Ma perché non sia una parola vuota, l’interesse europeo va ricostruito sul consenso collettivo, su una nuova speranza di futuro comune una volta superata la bufera recessiva che si prepara in modo profondamente diseguale tra i Paesi membri, con strappi laceranti nel tessuto europeo senza adeguati ammortizzatori economici, sociali, finanziari. Senza una nuova cultura dell’integrazione.
I mille miliardi di aiuti di Stato nazionali che la Germania ha iniettato finora nelle sue imprese non solo rappresentano il 52% del totale Ue, a fronte del 17% della Francia e del 15,5% dell’Italia, ma sono una cifra pari al Pil di 16 Paesi membri, ricorda la portoghese Elisa Ferreira, commissario Ue a Coesione e riforme. Per la serie degli opposti estremismi che il Recovery Fund sarà chiamato a neutralizzare c’è anche il raffronto tra Germania e Italia, le due maggiori manifatture d’Europa: con l’enorme liquidità accumulata grazie a un debito pubblico al 60%, bilancio in attivo, surplus commerciale abnorme ante-Covid, la prima è in grado di attenuare l’impatto della recessione per ritrovare quasi certamente già nel 2021 i livelli di produzione e occupazione persi con la pandemia.
L’Italia invece non solo attende una gelata del Pil del 9% o più, deficit all’ 11% e debito intorno al 160%, ma rischia la caduta dei redditi sui livelli del 1999, chiusure di impianti, disoccupazione massiccia e un’attesa di almeno tre anni per ritrovare una solida ripresa. La crescita italiana pre- virus non aveva del resto ancora raggiunto i livelli ante- crisi 2008.
Sono divari e squilibri abissali, che investono tra gli altri anche Francia e Spagna, alla lunga del tutto incompatibili con la coesione di euro e mercato unico. Può il Nord ricco restare impunemente indifferente al crollo del Sud, magari approfittandone per comprarsi a prezzi di saldo le sue migliori imprese? Dove finirebbero il suo grande mercato e i clienti dai buoni livelli di reddito nel deserto di fabbriche popolato da schiere di nuovi poveri?
E quanto potrebbe tenere politicamente la cannibalizzazione del Sud da parte del Nord, tanto più che la Francia con le tante debolezze accumulate potrebbe finire nel club dei Paesi più vulnerabili? Merkel ha capito che una partita del genere sarebbe insostenibile e per questo ripete che oggi l’interesse tedesco coincide con quello europeo: di un’Europa che si rimetta in piedi, con Recovery Fund e inizio della mutualizzazione del debito, ritrovando convergenza ed equilibri interni necessari per durare e modernizzarsi tenendo testa a Stati Uniti e Cina al momento in difficoltà.
Che siano targati Sure, Bei, Mes, Fondo di Ricostruzione o Mff, in nome della riconciliazione obbligata tra Europa del Nord e del Sud, presto l’Italia riceverà una pioggia di aiuti, oltre 150 miliardi, in parte prestiti agevolati e in parte sovvenzioni mirate ad alcuni obiettivi: riforme ambiziose per pubblica amministrazione e giustizia, debito sostenibile con crescita e una politica economica sana, sostegno a imprese e settori in crisi, digitalizzazione, economia verde.
Riuscirà questa volta a investirli davvero nel proprio sviluppo l’Italia, che ha finora clamorosamente mancato la propria riconciliazione Nord-Sud anche perché, al contrario di Spagna, Portogallo, Irlanda e Grecia, ha troppo spesso sprecato la manna dei fondi strutturali Ue ricevuti per realizzarla?
Ci vorrà una visione strategica del Paese, un chiaro progetto di ripartenza per incasellare quegli aiuti. L’Italia cioè dovrà smentire i propri errori di gestione e programmazione del futuro. « Non andrà premiata la spesa corrente a danno degli investimenti » come con la crisi del 2008, avverte Paolo Gentiloni, il commissario Ue all’Economia. E come è avvenuto finora con le manovre di emergenza.
TRA GLI OBIETTIVI CI DEVONO ESSERE UNA POLITICA ECONOMICA SANA, DIGITALIZZAZIONE E RIFORME DECISE