Nel Family act assegno universale e bonus figli, ma c’è il nodo coperture
La delega al governo sul riordino del sostegno entro il 30 novembre
Partenza in salita per il Family act. Sul disegno di legge con le deleghe al governo per l’adozione dell’assegno universale e l’introduzione di misure a sostegno della famiglia - atteso oggi all’esame tecnico del preconsiglio per essere portato ad uno dei prossimi consigli dei ministri - pendono una serie di rilievi della Ragioneria generale dello Stato, in merito alle coperture.
In particolare, secondo la Rgs i criteri di delega risultano «molto generici e comportano, se attuati, rilevanti oneri strutturali» per i quali «la relazione tecnica non dà conto della quantificazione dei relativi effetti». Sempre la Rgs evidenzia che la relazione tecnica «non riporta analiticamente le risorse vigenti a compensazione degli istituti che si intenderebbe introdurre». Con riferimento agli articoli onerosi, inoltre, la Rgs sottolinea la necessità di integrare la relazione tecnica con elementi che dimostrino l’impossibilità allo stato attuale di quantificare il costo della disposizione a causa della complessità della materia trattata, oppure di quantificare gli oneri indicando le coperture. In conclusione, la Ragioneria ricorda che l’iter del provvedimento è «subordinato all’accoglimento delle osservazioni», altrimenti il Ddl «non può avere corso».
Nel merito gli otto articoli del testo messo a punto dalla ministra delle Pari Opportunità e della Famiglia, Elena Bonetti, introducono anzitutto un assegno universale, erogato indistintamente a tutti i nuclei familiari con figli, con una quota base riconosciuta a prescindere dalle condizioni economiche e dallo stato occupazionale dei genitori, e una quota variabile che segua criteri di progressività basati sull’applicazione dell’Isee, crescente in base al numero dei figli. Il Ddl contiene la delega al Governo ad adottare, entro il 30 novembre 2020, un decreto legislativo per il riordino di tutte le misure di sostegno economico per i figli a carico, e l’introduzione dell’assegno universale mensile che verrà corrisposto dal settimo mese di gravidanza fino al compimento del diciottesimo anno di età di ciascun figlio (per il figlio non sussistono limiti di età), tramite una somma di denaro o mediante il riconoscimento di un credito d’imposta, da utilizzare in compensazione. Per i figli successivi al primo, l’assegno sarà aumentato del 20%, come nel caso di un figlio disabile. L’importo dell’assegno universale non concorre alla formazione del reddito imponibile, anche ai fini delle prestazioni come il reddito di cittadinanza. Con una clausola di salvaguardia è riconosciuta un’integrazione dell’assegno per assicurare che non sia inferiore a l’importo di cui beneficia il nucleo familiare prima dell’entrata in vigore del Dlgs. Entro 12 mesi dall’entrata in vigore della legge, dovrà essere esercitata la delega per razionalizzare i benefici fiscali per i figli a carico e introdurre nuove misure agevolative. Nei decreti legislativi ci saranno interventi di sostegno per le rette degli asili nido, dei micronidi, delle sezioni primavera e delle scuole dell’infanzia, o forme di supporto presso la propria abitazione in favore dei bambini al di sotto dei 6 anni, per le spese per libri scolastici, gite scolastiche dei figli, per l’iscrizione ad associazioni sportive, corsi di lingua, arte, musica e in caso di disturbi all’apprendimento.
Un’altra delega, che il Governo deve esercitare entro 2 anni, prevede in linea con quanto stabilito dalle direttiva europee, almeno 10 giorni di congedo di paternità obbligatorio nei primi mesi di nascita del figlio, oltre ad un permesso retribuito, di almeno 5 ore nell’arco di un anno scolastico per i colloqui con i professori, e modalità flessibili nella gestione di congedi.
Un altro filone d’intervento è il rafforzamento delle misure per incentivare il lavoro femminile, con decreti legislativi da adottare entro 12 mesi dall’entrata in vigore del provvedimento, che prevedano un’indennità integrativa per le madri lavoratrici, erogata dall’Inps per almeno 12 mesi, al rientro al lavoro dopo aver fruito del congedo obbligatorio.