Arvedi investe più di Taranto per decarbonizzare la produzione
Spento l’altoforno, pronto l’accordo di programma con investimenti in ricerca
La parola magica è «decarbonizzazione». Come per il (vecchio) piano di Taranto, con Mittal che tirò fuori dal cappello un centro di ricerca per produrre acciaio in modo sostenibile investendo 10 milioni, anche il futuro dell’ex Acciaieria di Servola ( con un investimento per giunta maggiore, circa 50 milioni) vuole essere all’insegna dell’acciaio pulito. Con la non piccola differenza che a Trieste l’altoforno è stato spento e quindi il più è fatto, se l’obiettivo sono le emissioni. È attesa a giorni la riunione al Mise su Servola per siglare un accordo di programma che, nelle intenzioni dei contraenti, sarà la base per la rinascita, ma con una mission più pulita, della ex Ferriera. Il confronto fra Taranto e Trieste non è possibile per mille motivi, soprattutto perchè ArcelorMittal la ricerca la fa a livello di gruppo e su Taranto il piano ambientale è di oltre un miliardo. Ma la coincidenza fra i due tavoli, così diversi nelle premesse, non passa inosservata e Arvedi, almeno sulla carta, sembra davvero lanciare una sfida a Taranto, oggi alle prese con tutt’altre priorità, provando, con le debite proporzioni, a sorpassarla nella corsa alla sostenibilità.
Parlare di decarbonizzazione con un altoforno già spento può sembrare un paradosso e in parte lo è, visto che, come è noto, Arvedi lo spegnimento dell’area a caldo lo ha subìto. Estendendo il ragionamento al gruppo, va però detto che la ghisa triestina, con un passo di circa 400mila tonnellate prodotte negli ultimi anni, era fondamentale per alimentare l’acciaieria cremonese e ora l’intenzione non è reperire questa componente sul mercato, ma sostituirla con nuovi materiali, come per esempio rottami di qualità pretrattati, dri ( direct reduced iron, il famigerato preridotto), ma anche materiali plastici da riciclo resi idonei alla carica in forno elettrico al posto dell’antracite. Un piano per il quale il gruppo Arvedi prevede una spesa di 14 milioni su Servola , cui affiancare altri 38 milioni per il trattamento dei rottami. Si tratta di uno dei perni del piano industriale di rilancio da 200 milioni legato all’accordo di programma.
L’area a caldo sarà chiusa e il cuore operativo di Trieste sarà il freddo, ulteriormente sviluppato con zincatura e verniciatura nuove, con un investimento di un centinaio di milioni. La centrale elettrica del sito sarà parzialmente convertita, con una spesa di altri 50 milioni, realizzando un peaker, vale a dire un impianto dotato di una o più turbine, per il bilanciamento della rete elettrica alimentato a gas naturale.
Secondo gli accordi, 150 milioni di investimento saranno sostenuti da Arvedi, altri 50 da Invitalia. Altri piani di sviluppo sono nella logistica, insieme a un partner. Si tratta comunque di uno schema concordato prima che deflagrasse l’emergenza Covid e per questo motivo, si apprende dai lavori preparatori alla sigla, il gruppo si riserverebbe di capire l’evoluzione del mercato nei prossimi mesi, nell’attesa che Invitalia termini le istruttorie.
De Micheli: nessuna «comunicazione formale» sulla sospensione di 14,5 miliardi di investimenti indicata dal Cda di Atlantia