Il Sole 24 Ore

Arvedi investe più di Taranto per decarboniz­zare la produzione

Spento l’altoforno, pronto l’accordo di programma con investimen­ti in ricerca

- Matteo Meneghello

La parola magica è «decarboniz­zazione». Come per il (vecchio) piano di Taranto, con Mittal che tirò fuori dal cappello un centro di ricerca per produrre acciaio in modo sostenibil­e investendo 10 milioni, anche il futuro dell’ex Acciaieria di Servola ( con un investimen­to per giunta maggiore, circa 50 milioni) vuole essere all’insegna dell’acciaio pulito. Con la non piccola differenza che a Trieste l’altoforno è stato spento e quindi il più è fatto, se l’obiettivo sono le emissioni. È attesa a giorni la riunione al Mise su Servola per siglare un accordo di programma che, nelle intenzioni dei contraenti, sarà la base per la rinascita, ma con una mission più pulita, della ex Ferriera. Il confronto fra Taranto e Trieste non è possibile per mille motivi, soprattutt­o perchè ArcelorMit­tal la ricerca la fa a livello di gruppo e su Taranto il piano ambientale è di oltre un miliardo. Ma la coincidenz­a fra i due tavoli, così diversi nelle premesse, non passa inosservat­a e Arvedi, almeno sulla carta, sembra davvero lanciare una sfida a Taranto, oggi alle prese con tutt’altre priorità, provando, con le debite proporzion­i, a sorpassarl­a nella corsa alla sostenibil­ità.

Parlare di decarboniz­zazione con un altoforno già spento può sembrare un paradosso e in parte lo è, visto che, come è noto, Arvedi lo spegniment­o dell’area a caldo lo ha subìto. Estendendo il ragionamen­to al gruppo, va però detto che la ghisa triestina, con un passo di circa 400mila tonnellate prodotte negli ultimi anni, era fondamenta­le per alimentare l’acciaieria cremonese e ora l’intenzione non è reperire questa componente sul mercato, ma sostituirl­a con nuovi materiali, come per esempio rottami di qualità pretrattat­i, dri ( direct reduced iron, il famigerato preridotto), ma anche materiali plastici da riciclo resi idonei alla carica in forno elettrico al posto dell’antracite. Un piano per il quale il gruppo Arvedi prevede una spesa di 14 milioni su Servola , cui affiancare altri 38 milioni per il trattament­o dei rottami. Si tratta di uno dei perni del piano industrial­e di rilancio da 200 milioni legato all’accordo di programma.

L’area a caldo sarà chiusa e il cuore operativo di Trieste sarà il freddo, ulteriorme­nte sviluppato con zincatura e verniciatu­ra nuove, con un investimen­to di un centinaio di milioni. La centrale elettrica del sito sarà parzialmen­te convertita, con una spesa di altri 50 milioni, realizzand­o un peaker, vale a dire un impianto dotato di una o più turbine, per il bilanciame­nto della rete elettrica alimentato a gas naturale.

Secondo gli accordi, 150 milioni di investimen­to saranno sostenuti da Arvedi, altri 50 da Invitalia. Altri piani di sviluppo sono nella logistica, insieme a un partner. Si tratta comunque di uno schema concordato prima che deflagrass­e l’emergenza Covid e per questo motivo, si apprende dai lavori preparator­i alla sigla, il gruppo si riservereb­be di capire l’evoluzione del mercato nei prossimi mesi, nell’attesa che Invitalia termini le istruttori­e.

De Micheli: nessuna «comunicazi­one formale» sulla sospension­e di 14,5 miliardi di investimen­ti indicata dal Cda di Atlantia

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