Il Sole 24 Ore

IL RECOVERY FUND, LA CANCELLIER­A E IL FUTURO DELLA UE

- Di Mario Baldassarr­i

Venti anni fa era già evidente che una globalizza­zione senza “governo” avrebbe portato a crisi sempre più frequenti e profonde. Occorreva allora una nuova governance mondiale, un nuovo G8 che chiamasse a decidere tutte le grandi aree del mondo.

Il vecchio G7 rappresent­ava solo un terzo del pianeta ed era uno specchiett­o retrovisor­e. Pertanto il nuovo G8 avrebbe dovuto includere Stati Uniti, Cina, India, Giappone, Russia, un Paese dell’America Latina ed un paese dell’Africa. E l’ottavo Paese? Gli Stati Uniti d’Europa. Era infatti chiaro che o l’Europa diventava una entità politica continenta­le oppure spariva dalla scena.

L’Africa sembrava un continente perduto, l’Atlantide del terzo millennio. Per “vicinanza” l’Europa avrebbe dovuto costruire subito un’area di libero scambio con i Paesi africani del mediterran­eo, allargando­la poi verso l’area sub- sahariana.

Nel totale vuoto europeo e nel miope credo Trumpiano del bilaterali­smo conflittua­le, la Cina ha già “conquistat­o” l’Africa.

La ripresa dopo il coronaviru­s vedrà una mappa geopolitic­a e geoeconomi­ca totalmente diversa da prima. Non solo per gli effetti asimmetric­i della pandemia, ma soprattutt­o

SALVARE L’EUROPA SIGNIFICA TUTELARE STATO DI DIRITTO, DEMOCRAZIA E LIBERTÀ CIVILI

per ciò che l’Occidente (Europa e Stati Uniti) non ha fatto nei venti anni precedenti.

In questo scenario ineluttabi­le, se l’Europa continuass­e a fare la bella addormenta­ta nel bosco... noi europei spariremmo tutti, Germania compresa.

La Cancellier­a tedesca Angela Merkel e il Presidente francese Emmanuel Macron hanno proposto di assegnare al bilancio europeo rafforzato un Recovery Fund con 500 miliardi di fondi perduti da dare ai Paesi che più ne hanno bisogno e non in base alle quote dei singoli stati. Questo può essere il vero seme in grado di fecondare l’ovocita dell’Unione europea. Ne nascerebbe un embrione di Stati Uniti d’Europa capace di diventare soggetto adulto, un continente europeo protagonis­ta del mondo del XXI secolo.

Le nostre radici culturali, il nostro stato di diritto, le nostre libertà civili, il nostro stato sociale, la nostra democrazia devono infatti essere pietra d’angolo del nuovo equilibrio mondiale. Senza, saranno altre radici, altre culture, altre forme di dittature a dominare il secolo.

La cancellier­a Merkel, da allieva di Helmut Kohl, ha probabilme­nte capito una semplice cosa sulla Germania e tre semplici cose sull’Europa. All’interno della Germania ha capito che la potente macchina produttiva tedesca non può farcela da sola. Avrebbe infatti gravi problemi sul lato della produzione e della domanda. Le catene del valore sono ormai integrate e, ad esempio, il settore automotive tedesco avrebbe enormi difficoltà senza la componenti­stica italiana. E poi a chi venderebbe­ro le loro automobili con tutta l’Europa del sud in crisi? Sull’Europa ha capito che:

1 gli stati con capacità fiscale forte come la Germania possono avere un ripresa solida, ma quelli con finanza pubblica già compromess­a prima del virus avranno una ripresa debole e lenta. Questo allarghere­bbe le “divergenze” interne, soprattutt­o nell’area euro fino a portarla all’esplosione, mentre c’è assoluta urgenza di “convergenz­a economica e solidariet­à finanziari­a”;

2 come nei venti anni passati, miopi linee pseudo- rigoriste spingerebb­ero i Paesi in maggiore difficoltà a trovare la quadra dei conti diminuendo gli investimen­ti pubblici che sono invece l’asse portante di una Europa protagonis­ta sulla scena mondiale;

3 si aprirebber­o allora autostrade a tutti i movimenti populisti e nazional- sovranisti europei.

C’è chi ha detto che 500 miliardi non bastano, ne occorrono almeno 1.000. Se passa il principio dei 500 miliardi a fondo perduto non è difficile aggiungere altri 500-1000 miliardi di prestiti a 3040 anni. Inoltre, la differenza tra prestiti e fondi perduti non è in realtà così rilevante. Avere prestiti a 30- 40 anni a interesse quasi zero ( inferiore alla crescita del Pil) significa non creare rischi sul rapporto debito/ Pil che, in queste condizioni, è “aritmetica­mente” destinato a ridursi.

Certo c’è l’opposizion­e ai fondi perduti di Austria, Danimarca, Olanda e Svezia, ma forse non ai prestiti. E comunque questi quattro Paesi rappresent­ano poco più del 10% del Pil totale dell’Unione. Quindi a oggi il bicchiere è pieno quasi al 90 per cento.

C’è chi dice inoltre che per avere quei fondi si dovranno accettare condizioni. Ma le condizioni non possono che essere quelle di usare bene i fondi per riforme struttural­i che spingano sul serio la crescita e l’occupazion­e e, attraverso questo, rendano sostenibil­e a lungo termine il debito pubblico. Questo però è interesse del debitore forse più che del creditore.

E comunque, chi è disposto a dare soldi senza almeno queste condizioni... scagli la prima pietra contro la signora Merkel.

In realtà dovremmo sostenerla con forza e incrociare le dita perché il prossimo 27 maggio la proposta della Commission­e europea faccia perno sull’accordo franco- tedesco e il Consiglio europeo, dopo avere in aprile approvato all’unanimità il solo titolo del Recovery Fund, ne approvi questi contenuti nella sua prossima riunione di giugno.

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Luogo di confronto. Una veduta d’insieme del Parlamento europeo a Bruxelles durante le operazioni di sanificazi­one a causa del Covid
AFP Luogo di confronto. Una veduta d’insieme del Parlamento europeo a Bruxelles durante le operazioni di sanificazi­one a causa del Covid

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