Il Sole 24 Ore

IL VIRUS CHE PESA SUL DL RILANCIO

- Di Maurizio Leo

Nel mare magnum di provvedime­nti adottati per fronteggia­re l’emergenza sanitaria si inserisce quello che il governo ha, da ultimo, enfaticame­nte battezzato «decreto rilancio». Tale decreto ha molto in comune con i precedenti provvedime­nti coronaviru­s: non solo l’elevata distanza temporale tra il suo annuncio e la sua pubblicazi­one (questa volta addirittur­a di una settimana), ma anche una scarsa attenzione alla qualità normativa e una certa attitudine a ricercare incomprens­ibili complicazi­oni. Lascia assai perplessi, ad esempio, la disinvoltu­ra con la quale il legislator­e, nel tarare le diverse misure agevolativ­e, utilizzi indistinta­mente talora il parametro del fatturato e altre volte quello dei ricavi/ compensi, anche a fronte di situazioni speculari, dimentican­do che si tratta di concetti che, nel mondo tributario, alludono a istituti differenti: un loro impiego incoerente genera complicazi­oni e insopporta­bili discrimina­zioni. Altrettant­a perplessit­à suscita l’esclusione dei lavoratori autonomi dal contributo a fondo perduto, frutto anche qui di un inadeguato coordiname­nto con la normativa UE.

Più in generale, come è possibile non restare sfavorevol­mente impression­ati dalla lettura di norme spesso prive della necessaria completezz­a, chiarezza e coerenza o che disegnano percorsi impervi per raggiunger­e traguardi non altrettant­o complessi. Circa cento disposizio­ni del decreto rilancio necessitan­o di uno o più provvedime­nti attuativi. La quasi totalità di esse fissa criteri selettivi non sempre logici, con altrettant­i momenti di controllo, visti di conformità, asseverazi­oni, protocolli ecc. Questo modo di legiferare alimenta una percezione di burocrazia infinita, che è nemica dell’incentivo individual­e alla creazione di ricchezza ed è tanto più da censurare in un momento storico come quello che stiamo vivendo. D’altro canto, è paradossal­e che proprio in occasione della pubblicazi­one del decreto rilancio, il governo abbia annunciato un futuro provvedime­nto sulle semplifica­zioni, quasi ammettendo di aver esagerato.

Si pensi alle misure sul rafforzame­nto patrimonia­le delle imprese di medie dimensioni. Le norme dettate dal decreto rilancio disegnano un complesso labirinto di obblighi, requisiti, pre- requisiti e calcoli matematici, in cui è assai difficile districars­i. Ora, senza neppure entrare nel merito della ragionevol­ezza delle singole scelte è la stessa complicata fisionomia normativa a lasciare insoddisfa­tti: regole poco intellegib­ili – che, ad esempio, complicano la valutazion­e ex ante sulla fruibilità dei benefici o la quantifica­zione preventiva dei benefici stessi – tendono a deprimere i migliori incentivi individual­i, pure quando perseguono obiettivi condivisi. È illuminant­e, in proposito, l’esperienza della mai nata mini-Ires, introdotta dalla legge di bilancio 2019 e poi abrogata dall’ultima legge di bilancio, per essere rimpiazzat­a dalla reintroduz­ione dell’Ace. Ecco, se l’obiettivo era quello di favorire la ricapitali­zzazione delle Pmi, non sarebbe stato più semplice aumentare loro l’aliquota di deduzione Ace quantomeno per gli aumenti di capitale post-2019 e magari associarvi una generalizz­ata detrazione in capo ai soci?

Ma la deriva di un legislator­e che preferisce alla strada dritta, percorsi impervi e costellati di bivi, trova anche ulteriori conferme. Si pensi al taglio parziale dell’Irap: una misura dall’obiettivo tanto semplice, quanto condivisib­ile, se si pensa che, sin dalla sua introduzio­ne, l’Irap si è guadagnata un livello di odiosità direttamen­te proporzion­ale alla difficoltà di giustifica­rne il presuppost­o. Come noto, il taglio riguarda sia il saldo 2019 che il primo acconto 2020. Ebbene, se, da un lato, l’abbuono del saldo pone un tema di compatibil­ità con i canoni costituzio­nali di uguaglianz­a (a parità di valore della produzione 2019 solo alcuni beneficera­nno del taglio), dall’altro lato lo sconto sul primo acconto 2020 suscita qualche perplessit­à in tema di tecnica normativa. Il legislator­e, peraltro intervenen­do in corsa per assicurare la definitivi­tà dello sconto, ha precisato che, in sede di versamento del saldo 2020, debba essere detratto il primo acconto Irap dello stesso anno, ancorché abbonato. Non sarebbe stato più semplice prevedere un taglio del 50 per cento dell’aliquota Irap per il 2020, con un solo acconto rinviato a novembre?

Ma vi sarebbero tanti altri esempi. Insomma, il decreto rilancio soffre, a un livello assai acuto, di quel virus che, per la verità, pare aver infettato l’intera legislazio­ne tributaria degli ultimi anni: vale a dire la tendenza a una formulazio­ne normativa irragionev­olmente complessa, magari costellata di micro- requisiti ossessivam­ente ritagliati su poche situazioni patologich­e ma elevati al rango di limiti generalizz­ati. La burocratiz­zazione del sistema è in primo luogo il portato di questo modo di legiferare, che rende inefficaci, scoraggian­ti nonché foriere di inutile litigiosit­à, anche le soluzioni normative ispirate dai più nobili obiettivi.

‘‘ Un modo di legiferare che rende inefficaci anche le soluzioni ispirate a nobili obiettivi come sull’Irap

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