Prelios completa il piano e chiede più attenzione su Utp e Gacs
L’ad Riccardo Serrini: «Dal 2017 quadruplicate a 41 miliardi le masse gestite» «Lo Stato estenda la liquidità garantita anche alle imprese in crisi»
Con asset in gestione per 41 miliardi e un portafoglio Utp da 10 miliardi, Prelios ha concluso il turnaround e ora chiede al Governo «attenzione per Utp e Gacs»
Da essere un Utp fino a diventare il più grande gestore di crediti Utp in Italia. È il percorso di turnaround compiuto negli ultimi tre anni dal gruppo Prelios, che fa capo al fondo Usa Davidson Kempner, e che opera nell’alternative asset management e nel settore dei servizi immobiliari con 41 miliardi di asset in gestione. Con un patrimonio immobiliare gestito che, in termini di superfici, supera i 10 milioni di metri quadrati e con oltre 10 miliardi di crediti Utp “in cura” relativi a oltre 10.000 aziende che occupano centinaia di migliaia di lavoratori, Prelios è un valido termometro per capire la gravità delle varie situazioni di crisi economico-aziendali scatenate dalle conseguenze del Coronavirus. Ne parliamo con Riccardo Serrini, amministratore delegato del gruppo Prelios dal 2016, partendo dai dati finanziari del gruppo presieduto da Fabrizio Palenzona e che da poco ha come vicepresidente Gaetano Miccichè.
«Nonostante l’impatto della più grave crisi mai conosciuta dal dopoguerra a oggi, il 2020 rappresenta l’anno della grande crescita dei risultati per Prelios: nel primo trimestre abbiamo registrato un Ebitda di 31 milioni con un target a tripla cifra per l’anno in corso. Un salto che fa seguito alla crescita dimensionale del gruppo che, dopo aver triplicato il fatturato, quadruplicato le masse gestite rispetto a poco più di 10 miliardi nel 2017, e aumentato l’Ebitda da 7 a 44 milioni nel triennio 2017-2019, quest’anno raccoglierà i frutti dell’espansione delle attività». Tra i business in cui siete cresciuti di più, soprattutto dopo la grande alleanza con Intesa Sanpaolo della scorsa estate, c’è proprio la gestione dei crediti Utp, i prestiti ad aziende in difficoltà ma “vive”. A queste imprese non è stato dato accesso ai prestiti garantiti dallo Stato. Sopravviveranno? «Gli effetti del Covid-19 hanno colpito duro proprio quelle aziende che stavano uscendo da temporanei momenti di difficoltà, spesso in settori che andavano meglio, come turismo e trasporti - spiega Serrini - è un grave errore non fare accedere decine di migliaia di imprese al “pronto soccorso” pubblico della liquidità: danno lavoro a quasi un milione di persone, fanno spesso parte di filiere strategiche per l’economia del Paese, a volte hanno Ebitda positivi. Il Governo dovrebbe trovare un modo di fare arrivare liquidità anche a queste aziende».
Siete tra i leader di mercato in Italia anche nella gestione degli Npl, in particolare quelli assistiti dalla garanzia di Stato Gacs. È vero che i recuperi di questi crediti vanno a rilento? «Per le operazioni che Prelios ha in gestione l’impatto negativo è partito solo da aprile. Si parla spesso di Gacs in termini generici, facendo di ogni erba un fascio e non differenziando quelle che performano da quelle con difficoltà. Noi ne gestiamo 13 per circa 19 miliardi di euro di valore nominale e non abbiamo, a oggi, alcuna operazione con trigger di underperformance event non rispettati. Sono dati pubblici facilmente reperibili, con già due o tre anni di storia e basati sul rispetto dei business plan iniziali. È il frutto di un grande lavoro di squadra e del nostro comprovato track record di oltre 30 anni». L’effetto Covid, con il lockdown e il rallentamento dell’attività dei Tribunali, quanto peserà sulle attività di recupero? «Non c’è dubbio che la chiusura dei tribunali per alcuni mesi, e un ritorno a un regime di normalità comunque lento, avrà un impatto negativo sulle performance temporanee di alcune operazioni - commenta Serrini - una situazione di questo tipo non può essere affrontata senza tenere in considerazione un “periodo di grazia” nel calcolo delle performance durante il lockdown, e la auspicabile apertura dei tribunali anche durante il periodo estivo per recuperare l’arretrato».
Il lockdown ha fermato o ridotto anche alcune delle vostre attività. Fate ricorso alla Cig? E come ha funzionato lo smart working? «Anche per motivi etici, abbiamo deciso di non accedere agli ammortizzatori sociali, malgrado certi business abbiano patito uno stop. Tutti i dirigenti e i dipendenti del gruppo hanno operato da casa, senza soluzione di continuità, grazie alla scelta che facemmo già due anni fa di adottare infrastrutture e sistemi organizzativi fortemente imperniati sullo smart working più avanzato. Tutto ha funzionato per il meglio grazie al senso di responsabilità dei 560 dipendenti, di cui 200 giovani assunti negli ultimi dodici mesi, laureati e con master, spesso con esperienze a Londra. Non hanno mai smesso di impegnarsi, e con generosità hanno anche donato 620 giornate lavorative, oltre 5.000 ore, agli ospedali che lottano contro il Coronavirus e a fondi di mutuo soccorso come quello del Comune di Milano».