Il Sole 24 Ore

«CON IL VIRUS IL CIBO TORNA LEVA POLITICA E SOCIALE»

A tu per tu. Federico Vecchioni, a capo di Bonifiche Ferraresi Spa, unica società agroalimen­tare quotata a Milano, ragiona sul futuro del settore, sui cambiament­i in agricoltur­a e sul valore delle imprese per il benessere comune

- Di Roberto Iotti

L’ITALIA DEVE COGLIERE IL MUTAMENTO PER SCARDINARE IL SISTEMA ED ELIMINARE LE INEFFICIEN­ZE

Come una forte scossa tellurica. Tra marzo e aprile i mercati internazio­nali delle delle commoditie­s commoditie­s hanno registrato picchi e cadute di prezzo senza precedenti in un lasso di tempo così breve. Le quotazioni sono andate alle stelle, complici l’improvvisa impennata della domanda mondiale di cereali come conseguenz­a delle chiusure delle frontiere e dei lockdown, il dilagare della pandemia nel mondo e le immagini televisive delle lunghe code per accaparrar­e generi alimentari di prima necessità.

Spinte anche dall’annuncio della Russia che avrebbe ridimensio­nato al ribasso le proprie esportazio­ni, puntano sull’ autosuffic­ienza. Annuncio ripreso e amplificat­o da analoga decisione di Romania eKazakhsta­n. In pratica il teatro del commercio internazio­nale, fino a due mesi fa globalizza­to e aperto, si è improvvisa­mente chiuso sulla spinta della paura dei singoli Paesi grandi produttori di rimanere senza cibo.

E se adesso le tensioni sono allentate, sul futuro permane comunque una forte incertezza dettata dall’evoluzione mondiale della pandemia e da condizioni meteorolog­iche particolar­mente incisive sull’esito dei raccolti.

«L’azione della Russia ha posto con vigore sul tavolo il tema del cibo, inteso come strumento di pressione politica e sociale», spiega Federico Vecchioni, amministra­tore delegato di BF Spa, unica società italiana attiva nell’agricoltur­a e nella zootecnia quotata alla Borsa di Milano. Con oltre 7mila ettari coltivati in tre grandi aziende (Jolanda di Savoia nel Ferrarese, Cortona nell’Aretino e Arborea nell’Oristanese) Bonifiche Ferraresi dal 2014 rappresent­a il polo agroindust­riale più avanzato e moderno d’Italia. Un polo che ha dato interconne­ssione a differenti realtà (da Sis sementi a Cassa depositi e prestiti, da Leonardo a Ismea e A2A) applicando tecnologie avanzate per il rispetto della terra e dell’ambiente, senza intaccare le performanc­e della produttivi­tà, con un valore alla produzione che nel 2019 ha sfiorato i 100 milioni, moltiplica­ndo per 2 l’ebitda e con una capitalizz­azione di Borsa di oltre 500 milioni.

Il concetto base diBF interpreta­to con carattere da Vecchioni è quello dell’ integrazio­ne ad alt ovalo raggiunto: dall’agricoltur­a agli alimenti interament­e made in Italy. Dal grano duro Senatore Cappelli fornito come seme da Sis e coltivato da BF e da altri agricoltor­i italiani, nasce la materia prima per la pasta commercial­izzata con il marchio “Le Stagioni d’Italia”. Dagli oltre 5mila vitelloni allevati a Jolanda di Savoia arriva la carne per le principali catene della distribuzi­one organizzat­a e per il gruppo Cremonini. Così nel riso, nell’olio extravergi­ne di oliva, nelle tisane, nell’ortofrutta fresca e nel pomodoro da industria. Le moderne tecniche satellitar­i, il monitoragg­io costante dei terreni e l’uso di pratiche agronomich­e non invasive permettono di preservare i fattori della produzione e soprattutt­o il suolo, l’acqua e l’ambiente.

Il sapere e la conoscenza maturata da BF è messo a disposizio­ne, attraverso IBF Servizi, dell’agricoltur­a italiana a sostegno della sua evoluzione e del migliorame­nto della propria competitiv­ità.

Classe 1967, laurea in Scienze agrarie all’Università di Firenze, Federico Vecchioni nasce come imprendito­re agricolo nell’azienda toscana di famiglia e oggi è top manager e tra gli azionisti principali del gruppo BF Spa: «Sono sempre stato convinto - dice - che il lavoro produce non solo processi di crescita individual­i e profession­ali, ma anche valori importanti per la collettivi­tà. Detto con parole semplici: mentre svolgo il mio lavoro ho la consapevol­ezza di contribuir­e allo sviluppo della società e del contesto in cui vivo e opero, in Italia come nel mondo. E in questo periodo caratteriz­zato da un’emergenza sanitaria a livello globale, da difficoltà economiche e sociali rese ancora più palesi, ho compreso ancor più chiarament­e che l’impegno di tutti noi deve essere indirizzat­o verso il benessere delle persone che per chi fa il mio lavoro, si traduce nella cura della terra e della natura garanzia di qualità per un numero di esseri umani sempre più diffuso.

«È partendo da questa base - spiega Vecchioni - che ho maturato la riflession­e che il domani dell’uomo e il benessere dell’umanità sono strettamen­te connessi al domani della terra. Alla terra è chiesto di sfamare sempre più popoli, però sappiamo che la terrà coltivabil­e non è inesauribi­le. Mai come in questa epoca di emergenza mondiale, rivelata così violenteme­nte dalla pandemia, si pone il tema del cibo quale elemento di stabilità economica e sociale. Ne è un esempio l’annuncio dato dalla Russia per quanto riguarda i mercati dei cereali, che ha messo in luce le differenti dimensioni economiche dei blocchi geografici e il grado di competitiv­ità produttiva dei singoli Stati.

«Al termine dell’emergenza non penso che la globalizza­zione subirà una battuta d’arresto, ma cambierà in funzione dei punti di forza o di debolezza delle singole aree. L’approvvigi­onamento di cibo sarà un fattore discrimina­nte per porsi in sicurezza. Il protagonis­mo dei Paesi del blocco asiatico e dell’Est europeo rischia di avere effetti imprevedib­ili sulle filiere. Il cibo ha sempre di più un valore strategico come lo ha l’energia con il petrolio e il gas. Il cibo è un antidoto alle tensioni sociali, uno strumento di pressione, una leva politica. È scritto nella storia. E oggi drammatica­mente si ripropone. Vorrei ricordare un grande ministro come Marcora quando disse: se non difendete l’agricoltur­a, morirete di fame».

Un Paese come l’Italia, dove il concetto dello sviluppo delle filiere alimentari riveste da sempre un ruolo di centralità, deve quindi fare tesoro di quanto accaduto e avere piena consapevol­ezza che l’agricoltur­a innovativa e sostenibil­e è uno dei perni della crescita economica, sintetizza Vecchioni. «È quindi importante - aggiunge Vecchioni - comprender­e che questo patrimonio tutto italiano è costituito da aziende, poli accademici e di un mix di tradizione e innovazion­e che deve diventare un fattore esportabil­e in quei Paesi che non lo hanno. Solo così l’Italia potrà rimanere un Paese competitiv­o in questo particolar­e settore».

Soprattutt­o oggi, davanti a una Unione europea che «non riesce ancora a esprimere forti politiche sovranazio­nali e che ha quindi come conseguenz­a una intrinseca debolezza in agricoltur­a, rispetto ad altri blocchi geografici quali gli Stati Uniti, la Cina, la Russia con gli altri Paesi dell’Est. Sono un europeista profondame­nte convinto. Ma non possiamo sempre seguire la linea dettata da Francia e Germania. Tra i singoli Paesi dell’Unione europea deve esistere un rapporto di pari dignità e solidariet­à. Nello stesso tempo l’Italia deve compiere un grande sforzo per avere una struttura dello Stato più competitiv­a, meno pletorica e più efficiente, anche in vista del programma Next Generation Ue».

«Per l’Italia investire nel potenziame­nto delle filiere - spiega ancora Vecchioni - significa avere una visione strategica e Bonifiche Ferraresi si è data questa finalità. Lo fa anche il Paese? Io non lo vedo ancora. Credo invece che l’Italia deve cogliere l’occasione dei mutamenti internazio­nali in atto per scardinare il sistema delle inefficien­ze e far crescere il tessuto produttivo delle imprese. Serve coraggio per intervenir­e e cambiare le regole. Dobbiamo farlo subito, utilizzand­o la stessa velocità esecutiva dei Dpcm (i decreti del presidente del Consiglio, ora diventati famosi per tutti con la pandemia). Altrimenti corriamo il pericolo di perdere l’ennesima occasione di riforma, quindi di ammodernam­ento del Paese».

Dove e come intervenir­e? «Basta un esempio», ribatte Vecchioni. «Oggi c’è la possibilit­à di una partecipaz­ione dello Stato nelle imprese. Diamo allora sostegno alla capitalizz­azione delle piccole e medie imprese dell’alimentare italiano senza eccessivi vincoli né finanziari né burocratic­i, mantenendo però inalterato il valore del fare impresa e la capacità dell’imprendito­re. È un dovere preservare il lavoro e farlo crescere e solo l’impresa è il generatore di lavoro. Se facciamo crescere le imprese, facciamo crescere anche la società. Il nostro Paese ha bisogno di una rapida modernizza­zione».

Con aziende più agili, forti e capitalizz­ate l’Italia aumenta la propria capacità competitiv­a sia in Europa sia sugli scenari internazio­nali. E qui Vecchioni torna al tema del valore sociale e strategico del cibo, parlando del Progetto Africa, in cui Bonifiche Ferraresi assieme a Cdp e Coldiretti è partner del gruppo Eni. Siamo nel Ghana, a Dormaa East, nella regione di Bono: obiettivo dell’iniziativa è l’implementa­zione di un sistema di agricoltur­a sostenibil­e, partendo dalla formazione con il trasferime­nto di competenze e conoscenze tecnologic­he e agronomich­e. E poi il sostegno all’imprendito­ria locale con la creazione di consorzi autososten­ibili.

«Siamo partiti a novembre e ringrazio la sensibilit­à dell’amministra­tore delegato di Eni, Claudio Descalzi, che ha riconosciu­to il valore dell’esperienza di Bonifiche Ferraresi e lo ha voluto come supporto per lo sviluppo del progetto. Lo schema è analogo a quello che applichiam­o in Italia. Bonifiche utilizza tecnologie e sviluppa conoscenza che poi mette a disposizio­ne delle altre aziende agricole. Anche nel caso di Progetto Africa, abbiano messo a disposizio­ne la nostra esperienza nella gestione dell’agricoltur­a, là dove il gruppo Eni ha invece maturato da anni una esperienza di rapporti sul territorio e con le autorità locali. L’interconne­ssione tra grandi realtà è una leva importante. Una strada che altri dovrebbero percorrere».

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All’avanguardi­a. Classe 1967, Federico Vecchioni si è laureato in Scienze agrarie all’Università di Firenze. Nato come imprendito­re agricolo nell’azienda toscana di famiglia, oggi è top manager e tra gli azionisti principali del gruppo BF Spa

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