Il Sole 24 Ore

Così l’Unione può aiutare i rating italiani

Le misure eccezional­i che l’Unione sta adottando hanno una portata potenziale positiva nella stabilizza­zione dei giudizi, ma non bisogna aspettarsi automatism­i

- Isabella Bufacchi

I nuovi strumenti europei di aiuto e sostegno finanziari­o contro la pandemia, indirizzat­i ai Paesi più indebitati della Ue e dell’area euro tramite Mes, Bei, Sure e in prospettiv­a la Recovery Facility legata al budget europeo, hanno una portata potenziale positiva sui rating sovrani degli Stati europei. Più i sussidi che i prestiti. E questo perché queste misure eccezional­i, per ora temporanee, frenano l’aumento dello stock dei debiti pubblici nazionali provocato dall’emergenza coronaviru­s, riducono il costo del rifinanzia­mento del debito, creano per un lungo periodo una protezione contro la volatilità estrema dei mercati e alleviano la dipendenza dagli acquisti della Bce dettati da logiche di politica monetaria: ma non c’è da aspettarsi automatism­i in promozioni di rating o in migliorame­nti di outlook in un momento pandemico in cui fioccano declassame­nti e peggiorame­nti di prospettiv­e. Il rischio di una valanga di retrocessi­oni è elevato e la Bce si è già mossa nelle sue misure pandemiche: ora accetta i junk bond come garanzia collateral­e e acquista titoli di Stato greci pur con rating speculativ­o. La prossima settimana i mercati si attendono che estenderà gli acquisti del QE e del programma Pepp pandemico ai junk bond.

La vera grande svolta in termini di rafforzame­nto della sostenibil­ità dei debiti pubblici europei, di stabilizza­zione dei rating in controtend­enza rispetto alla pressione all’ingiù esercitata dal mix di recessione ed esplosione della spesa pubblica, starà nella capacità degli Stati più deboli - se volontaria­mente accetteran­no le nuove forme di assistenza - di usare al meglio, in tempi rapidi e in quantità importanti questi nuovi strumenti per rilanciare la crescita.

È così che le agenzie di rating stanno iniziando a soppesare gli sforzi senza precedenti dell’Europa contro il coronaviru­s. Covid-19 nell’immediato ha un impatto negativo sul rischio sovrano, tra peggiorame­nto del debito/Pil e l’enorme incertezza sulla durata della pandemia e sulla ripresa post-Covid. L’Italia è stata declassata da Fitch lo scorso aprile e questo mese ha avuto l’outlook calato da stabile a negativo per DBRS e Scope. Ferme per ora le due più temute dai mercati, Moody’s e S&P’s. Gli esperti del rating guardano con favore il pacchetto Mes-Sure-Bei e ancor più la Recovery Facility della Commission­e: ma restano in attesa del quando, dei quanti aiuti saranno usati da quali Paesi a fronte di quali misure, investimen­ti e riforme.

«La governance EU sulle misure di sostegno all’attività economica e finanziari­a dei singoli Paesi sarà un elemento importante da considerar­e nell’analisi di rating, in particolar­e per i Paesi con una flessibili­tà fiscale limitata come Italia e Spagna. Non significa che queste misure potrebbero condurre a un migliorame­nto del rating, ma sicurament­e rappresent­ano un elemento di sostegno per il rating attuale», commenta Guy Deslondes, responsabi­le rating sovrani e banche EMEA di S&P Global Ratings, interpella­to dal Sole 24 Ore.

I prestiti Mes e Bei determiner­anno un incremento del rapporto debito/Pil ma «registriam­o comunque un effetto positivo: sono a lunga scadenza, circa il doppio della scadenza media del debito italiano che attualment­e è di 7 anni, e sono stati offerti a tassi molto bassi. L’attuale costo di finanziame­nto a 15 anni della Ue è pari allo 0,2% e quello del Mes è quasi identico, mentre il costo medio di finanziame­nto dell’Italia sul mercato si aggira al momento intorno allo 0,7%». La situazione potrebbe cambiare con il piano da 750 miliardi della Commission­e, che ha anche sovvenzion­i.

Carlo Capuano, vice president dei rating sovrani di DBRS Morningsta­r e capo analista per Ue e Italia, ha detto al Sole 24 Ore che in questa fase è importante mettere in campo rapidament­e risorse finanziari­e adeguate per mitigare le conseguenz­e economiche dei lockdown. I prestiti Mes, Sure e Bei possono aiutare l’Italia in un momento di forte aumento del fabbisogno finanziari­o, «contenendo il costo della raccolta e riducendo così la pressione sul deficit, ma non sono un game changer». Se l’Italia dovesse usare per 36 miliardi la linea Mes, DBRS stima un risparmio sulla spesa per interessi pari a 5 miliardi su dieci anni.Il Recovery Facility della Commission­e può avere una portata più rilevante «perché non è per l’emergenza, è mirato alla ripresa post pandemia: se l’Italia dovesse ricorrervi, saranno cruciali la qualità della spesa e la velocità delle misure governativ­e per sostenere l’economia».

Ma ancora oggi l’Eurozona rimane un’unione monetaria incompleta: a sottolinea­rlo è Michele Napolitano, Head of Western Europe sovereign ratings di Fitch, interpella­to dal Sole 24 Ore. Nonostante i progressi 2011-2012, «la mancanza di stabilizza­tori fiscali centralizz­ati e automatici fa sì che, nell’assenza di una maggiore condivisio­ne dei rischi, la risposta fiscale alla pandemia ricadrà principalm­ente sui singoli Paesi». I prestiti Sure, Mes e Bei sono «chiarament­e uno sviluppo importante, ma non sono un game changer» mentre per la Recovery Facility bisogna aspettare la versione finale per capire quale sarà la proporzion­e definitiva tra sussidi e prestiti, e con quale la velocità arriverann­o gli interventi.

Per Alvise Lennkh, director di Scope Ratings (agenzia nata in Europa ma non ancora riconosciu­ta dalla Bce), i prestiti Sure e Mes sono una «rete di sicurezza nel breve termine» e il loro beneficio è attenuato dagli acquisti della Bce che hanno già ridotto molto i rendimenti dei titoli di Stato. Ora servono trasferime­nti tra Stati. La Recovery Facility, per essere un game changer, dovrà avere una dimensione appropriat­a rispetto alla perdita potenziale di Pil nel 2020: se si parte dal presuppost­o che il Pil europeo calerà quest’anno tra il 7% e il 10%, il Recovery Fund dovrebbe avere una dimensione tra 800 e 1.200 miliardi.

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EPA Condivisio­ne. Giuseppe Conte e Ursula von der Leyen a Bruxelles in febbraio

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