Cattolica, ultimatum dell’authority: ricapitalizzate entro settembre
«Aumento da 500 milioni e piano sulla solvency» Oggi cda straordinario
L’istituto di vigilanza delle assicurazioni (Ivass) ha chiesto ai vertici di Cattolica di realizzare entro il 30 settembre 2020 un aumento da 500 milioni per rafforzare patrimonialmente la compagnia, penalizzata dagli effetti sui mercati della pandemia da Covid. L’authority ha inoltre sollecitato entro il 25 luglio un dettagliato piano «per far fronte al significativo deterioramento della posizione di solvibilità» e la sospensione dei bonus aziendali. Cattolica, che ha fatto sapere che l’indice di solvibilità è risalito negli ultimi giorni a 130135, ha convocato per oggi un cda straordinario.
Con la Solvency che piomba pericolosamente a un passo dal livello di guardia, Cattolica Assicurazioni torna nel mirino di Ivass. L’Autorità di Vigilanza ha chiesto in una missiva datata 27 maggio di realizzare «entro il 30 settembre 2020» l’aumento di capitale da 500 milioni per il quale il board aveva previsto di chiedere delega, da esercitare entro il 2025, alla prossima assemblea dei soci in programma a giugno. Non solo, Ivass ha anche sollecitato la compagnia a presentare un nuovo piano entro il 25 luglio.
Di tutto questo parlerà un consiglio di amministrazione straordinario di Cattolica convocato per oggi. Board durante il quale si darà conto del fatto che la Solvency, complice la stabilizzazione dei mercati, ora viaggi tra il 130- 135%. Inoltre, hanno spiegato fonti vicine alla società, il forte deterioramento dell’indicatore sarebbe conseguenza dell’esposizione sui titoli di Stato in pancia al ramo Vita (14 miliardi, pari al 55,2% di tutto il portafoglio titoli di Cattolica). Il rischio spread, hanno riferito le stesse fonti all’Ansa, sarebbe cresciuto dopo l’operazione di bancassurance con il Banco Bpm.
Detto ciò, la missiva dell’Ivass lascia poco spazio all’interpretazione. Per l’Authority sono necessari «tempestivi interventi di patrimonializzazione» alla luce del «deterioramento delle condizioni di solvibilità » del gruppo e di alcune sue controllate. Il riferimento, in proposito, è a BCC Vita e Vera Vita. Non solo, per la vigilanza Cattolica deve anche adottare « le ulteriori iniziative necessarie a ripristinare l’indice di solvibilità in linea con le soglie di propensione al rischio » definite dalla compagnia e comprese « tra il 160% e il 180% » . Il « significativo indebolimento delle condizioni di solvibilità » ha visto l’indice scendere dal 175% di fine 2019 al 111% dell’8 maggio, «il valore più basso dell’intero mercato assicurativo nazionale». Il 22 maggio il valore è crollato al 103%, ossia in prossimità del « minimo regolamentare » del 100%. Ancor più grave la situazione delle controllate Bcc Vita ( jv con Iccrea) e Vera Vita ( jv con Banco Bpm), i cui indici di solvibilità sono scesi rispettivamente, al 15 maggio ( giorno in cui è stato diffuso il comunicato sui dati trimestrali che tuttavia non faceva menzione di queste complessità), al 25% e al 65%. Per l’Autorità l’andamento negativo dell’indice è frutto della « struttura » del portafoglio investimenti. In particolare dei 28 miliardi di « investimenti di classe C » ( in relazione ai quali la compagnia sopporta il rischio), 4,8 miliardi erano rappresentati al 31 dicembre 2019 da investimenti in corporate bond, di cui il 22% con rating BBB-, il 24,2% non investment grade e il 3,2% privi di rating.
Ecco perché ora l’Autorità si aspetta che la compagnia trasmetta «entro il 25 luglio 2020» un piano dove dovrà descrivere « in modo puntuale le azioni che saranno intraprese e le rispettive tempistiche» per far fronte al «significativo deterioramento della posizione di solvibilità». In questo contesto, Ivass ha anche chiesto la sospensione della «corresponsione della componente variabile della remunerazione» a favore degli «esponenti aziendali».
Nel mentre Alberto Minali, l’ex amministratore delegato di Cattolica, a cui il cda ha tolto le deleghe lo scorso 31 ottobre, si è dimesso da consigliere e ha avviato una causa contro la società che lo avrebbe privato dei poteri in maniera «illegittima».