Il Sole 24 Ore

Tagli e capitali bruciati: così cambiano le strategie

- Galvagni, Mangano—

Succede così, spesso. Una tecnologia nasce nella ristretta cerchia degli addetti ai lavori. Ci resta per un po'. Chi la guarda da fuori, senza comprender­la, la considera magica oppure, talvolta, pericolosa. Ma a un certo punto, finalmente, qualcuno la spiega e la rende utilizzabi­le da tutti: allora la sua importanza si espande, diventando essenziale per applicazio­ni che chi l'aveva progettata non aveva mai immaginato. È la storia del computer che solo ai primi anni Ottanta è uscito dai laboratori ed è diventato un oggetto facile da usare. È la storia di internet che solo ai primi anni Novanta è diventato uno strumento diffuso al di fuori delle cerchie degli scienziati, degli intellettu­ali tecnofili e dei militari. Può essere la storia dell'intelligen­za artificial­e.

Dino Pedreschi e Ioanna Miliou, dell'università di Pisa, hanno scritto un rapporto per il Parlamento Europeo sulle prospettiv­e dell'intelligen­za artificial­e per lo sviluppo economico e sociale. Mostrano le opportunit­à aperte dall'intelligen­za artificial­e nel riconoscim­ento delle immagini, nelle traduzioni, nell'organizzaz­ione dei testi e molto altro. Ma mostrano anche le sfide che questa tecnologia lancia alla qualità della vita umana. Il nodo strategico per gli autori è chiaro: se l'intelligen­za artificial­e funziona come una scatola nera, se i suoi percorsi tecnici non si possono conoscere, ricostruir­e e criticare, allora rischia di generare distorsion­i anche gravi: solo un'intelligen­za artificial­e che si fa comprender­e dalla cittadinan­za può conquistar­ne la fiducia e soltanto una progettazi­one socialment­e avvertita può evitare di introdurre negli algoritmi pregiudizi e imprecisio­ni tali da generare polarizzaz­ioni, monopoli e ineguaglia­nze. Oggi mancano, per Pedreschi e Miliou, strumenti per certificar­e la qualità dei modelli. E mancano specifiche etiche che introducan­o nella progettazi­one correttivi alle possibili decisioni discrimina­torie degli algoritmi, garantisca­no l'uso di dati affidabili, proteggano la privacy, operino in modo trasparent­e. Una progettazi­one fondata sui valori è fondamenta­le per la pubblica accettazio­ne di questa tecnologia.

Non per niente, la pubblicist­ica dedica al tema grande attenzione. Sulla scorta della ricerca di opportunit­à ma anche per giocare con i timori che le popolazion­i provano nei confronti delle tecnologie più avanzate. E bene hanno fatto Alessandro Longo e Guido Scorza a dedicare al tema il loro ultimo libro: “Intelligen­za artificial­e. L'impatto sulle nostre vite, diritti e libertà” (a giorni in libreria per Mondadori). Del resto, l'importanza di tenere vivo l'argomento per lo sviluppo delle imprese è testimonia­ta dall'attenzione che all'intelligen­za artificial­e ha dedicato il 15 maggio scorso Gioin, il network per l'open innovation avviato da Digital Magics, che il 3 giugno si occuperà di come questa tecnologia contribuis­ca all'innovazion­e nello sviluppo delle energie rinnovabil­i e della mobilità sostenibil­e.

Comprender­e ciò che avviene alle frontiere dell'innovazion­e è sempre una sfida, ovviamente, poiché si tratta di luoghi che stanno oltre il limite del conosciuto. Ma le società che non accettano ciò che non comprendon­o possono bloccare l'innovazion­e: prima o poi gli innovatori si devono accompagna­re ai narratori.

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