Fase 2 senza decreto, rivolta delle Regioni del Sud
L’Italia riparte tutta insieme - pur con la contrarietà di alcune Regioni del Sud - dopo 100 giorni dall’inizio della pandemia: i confini regionali verranno riaperti dal 3 giugno, e ci si potrà spostare liberamente da un territorio all’altro senza autocertificazione. Il 3 giugno cadrà anche l’obbligo della quarantena di 14 giorni per chi proviene dai Paesi dell’area Schengen e dalla Gran Bretagna. Bisognerà però continuare ad usare la mascherina al chiuso, nei mezzi di trasporto e sarà ancora necessario mantenere il distanziamento sociale di un metro. Rimane il divieto di assembramento, mentre la “movida” è fortemente limitata e definita dalle ordinanze degli enti locali. Ancora prevista la quarantena per chi ha un’infezione respiratoria con febbre superiore ai 37,5 gradi. Dal 3 giugno riapriranno anche palestre e piscine, obbligate a seguire una serie di regole rigide, tra cui un distanziamento di due metri durante l’attività sportiva.
Questa, in sintesi, la prossima tappa della fase 2. Tappa che questa volta non dovrebbe essere contrassegnata dal varo di un decreto legge o di un Dpcm, dal momento che i limiti alla circolazione decadono proprio il 2 giugno a mezzanotte. Ma non mancano le polemiche. Il più esplicito è il governatore della Campania Vicenzo De Luca: «Davvero non si comprende quali siano le ragioni di merito che possono motivare un provvedimento di apertura generalizzata e la non limitazione della mobilità per le province ancora interessate pesantemente dal contagio». Della stessa opinione il governatore sardo Christian Solinas, che probabilmente dovrà però abbandonare l’idea di avere una “patente di immunità” per chiunque entri nell’isola. Nei giorni scorsi si era detto preoccupato anche il governatore della Sicilia Nello Musumeci. Il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia ha trascorso le ultime 48 ore a sentire singolarmente tutti i presidenti di regione. Resta sul tavolo la possibilità che il governo impugni eventuali ordinanze restrittive da parte delle Regioni del Sud.
Va detto che qualche perplessità arriva anche dal mondo della scienza, che raccomanda prudenza. Walter Ricciardi, consigliere del ministro della Salute Roberto Speranza, si è mostrato dubbioso sulla riapertura della Lombardia, che ancora deve essere, a suo avviso, monitorata con attenzione. E anche Massimo Andreoni, ordinario di malattie Infettive all’Università di Roma Tor Vergata, ha detto che «preoccupa ancora la situazione della Lombardia». In effetti ieri nella regione si sono registrati 221 casi in più (il giorno prima 354), pari al 53,1% dell’aumento in Italia. Sempre in Lombardia ci sono stati 68 decessi, ma vengono tenute sotto controllo le terapie intensive (176 posti occupati). Ci sono intanto sei regioni a zero contagi: Abruzzo, Umbria, Sardegna, Molise, Calabria e Basilicata.
Intanto il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, di fronte alla decisione unilaterale di alcuni Paese (Austria, Svizzera e Grecia in primis) di escludere l’Italia dalla riapertura delle frontiere, intraprenderà nei prossimi giorni un vero e proprio tour per cercare di disinnescare una narrazione che vede ancora il nostro Paese come il grande malato: «Se qualcuno pensa di trattarci come un lazzaretto allora sappia che non resteremo immobili».
ADDIO AUTOCERTIFICATO Dal 3 giugno non sarà più obbligatorio - neanche per gli spostamenti tra regioni - avere con sé il documento di autocertificazione.