«Serve una cig anti Covid Urgente il chiarimento con i sindacati»
Maurizio Stirpe. Parla il vice presidente di Confindustria per il lavoro e le relazioni industriali
Uno strumento specifico per affrontare l’emergenza legata al Covid, quando finirà il blocco dei licenziamenti: «una cassa integrazione ad hoc per due anni, un periodo di tempo realistico per consentire alle imprese di recuperare la crisi e riassorbire i lavoratori. Dopo questi 24 mesi, per chi non sarà riassunto si aprirà il percorso degli ammortizzatori sociali, che nel frattempo, però, dovrà essere riformato». Maurizio Stirpe, vice presidente di Confindustria per le relazioni industriali, è consapevole che sarà un autunno difficilissimo per l’economia e per l’occupazione. E guarda avanti, pensando anche a come affrontare i problemi strutturali che pesano sulla crescita e che coinvolgono in particolare le parti sociali. La produttività, innanzitutto: « da più di 20 anni in Italia non aumenta. Per due principali motivi: il cuneo fiscale e gli effetti della contrattazione, ancora troppo poco spostata sul livello aziendale. L'accordo del 9 marzo del 2018 non è stato messo in pratica » . La strada resta quella e Stirpe manda un messaggio a Cgil, Cisl e Uil: « un chiarimento sta diventando urgente. Se il sindacato parla di patti e pensa di tentare la scorciatoia di un patto con il governo per imporlo alle imprese, noi non ci stiamo ». » .
Le previsioni sono impressionanti: un milione di posti di lavoro a rischio. Va affrontata una tensione sociale senza precedenti. È necessario che lo Stato faccia di più?
Lavoro e welfare sono le priorità, ora e nei prossimi anni. L’attività economica è ripartita, ma non in tutti i settori e la domanda è bassa. La crisi è mondiale. Serve uno strumento ad hoc. Le imprese, da canto loro, potrebbero intervenire con una integrazione e sarebbe auspicabile una detassazione di questa quota di salario. Il rapporto di lavoro non si interrompe, a mano a mano che le aziende superano la fase di crisi riassorbono questi lavoratori. Se non saranno in grado di farlo per tutti, al termine del periodo chi è rimasto fuori avrà la tutela degli ammortizzatori tradizionali.
Da tempo si chiede una riforma: su quali principi?
Bisogna separare le crisi aziendali reversibili, che andrebbero gestite dal ministero dello Sviluppo, da quelle irreversibili, che dovrebbero passare al ministero del Lavoro. Soprattutto, occorrerebbe dare attuazione ai principi dell’accordo firmato con il sindacato il primo settembre 2016. Bisogna cioè affrontare la ricollocazione del lavoratore, anche ricorrendo ai fondi interprofessionali, quando si verifica la crisi aziendale e non al termine del periodo di utilizzo degli ammortizzatori sociali. Il reddito di cittadinanza dovrebbe restare solo come strumento estremo di lotta alla povertà, dal momento che per le politiche attive ha dimostrato di non funzionare.
Questo va di pari passo con un intervento sulle pensioni?
Non bisogna più mettere in discussione i principi generali della Fornero, lasciando solo all'Inail il compito di determinare una differenziazione dei lavori e dei settori. Quota 100 ha aperto uno squarcio nella solidità dei conti Inps.
Molte categorie aspettano il contratto, il mondo del lavoro ha subito un terremoto. Sono possibili i rinnovi?
Non con queste piattaforme che continuano a puntare sul contratto nazionale e sui minimi tabellari, tradendo i principi firmati dalle parti sociali con il Patto della fabbrica a marzo del 2018. In quell’accordo si punta ad un recupero della produttività, favorendo l’aumento del salario
Rosato (Iv): bene le imprese, usare da subito tutti gli strumenti, sarebbe da irresponsabili non farlo
Il Pnr, che non è stato allegato al Def, dovrà fissare le linee d’azione su infrastrutture, Pa digitale e fisco
‘‘ PATTO SOCIALE Se il sindacato pensa alla scorciatoia di un patto con il governo per imporlo alle imprese, noi non ci stiamo.
‘‘ PRODUTTIVITÀ Non aumenta per il cuneo fiscale e una contrattazione, ancora troppo poco spostata sul livello aziendale
in azienda, legato ai risultati. Un’esigenza che oggi è un imperativo. Ci sono 38 contratti scaduti su 57 e nessuno si muove. È evidente che c'è un problema.
Se salta l'accordo del 2018?
Si aprirebbe la strada al salario minimo per legge e a quel punto qualsiasi trattativa si sposterebbe a livello aziendale.
Bankitalia parla di patto sociale, anche qualche sindacato lo invoca: è la strada per riportare il paese a crescere?
Bisogna recuperare la spinta che ci ha portato a firmare accordi importanti. Da nove mesi con il sindacato non abbiamo più contatti o incontri. Se chi parla di patto sociale ha in mente la scorciatoia di un accordo con il governo da imporre alle imprese, non ci stiamo. Ci sarebbe bisogno di sedersi al tavolo, riaffermando i principi che abbiamo condiviso in passato. Arrivare ad un chiarimento sta diventando urgente.