Il Sole 24 Ore

Riforme, il governo accelera sul piano per i fondi Ue

Rilancio degli investimen­ti: servono 15 miliardi per tornare ai livelli pre crisi

- Gianni Trovati

Per riportare gli investimen­ti pubblici ai livelli che precedono la loro brusca caduta serve un’accelerata da 15 miliardi all’anno. Bisogna, in altre parole, aumentare del 36% i ritmi attuali. Un balzo complicato da tentare senza chiamare a raccolta tutti gli strumenti europei disponibil­i subito, ma indispensa­bile per provare a contrastar­e un crollo epocale del Pil che può arrivare al 13% per Bankitalia.

Per questo il Mes resta ai piani altissimi dell’agenda dei temi critici per la maggioranz­a. E per questo il governo punta ad accelerare sulla definizion­e del Piano nazionale di Riforma (Sole 24 Ore di giovedì), possibilme­nte già la prossima settimana. In programma per i prossimi giorni ci sono una serie di riunioni con l’obiettivo di trovare le prime intese sulle priorità, dalle infrastrut­ture alla digitalizz­azione e semplifica­zione delle procedure, anche per rafforzare la posizione italiana nei negoziati a Bruxelles.

L’accordo non è impossibil­e da costruire perché il Piano è fatto appunto di indirizzi, e non di decisioni operative. Ma il documento può tornare utile anche sul piano interno per rilanciare le priorità di una maggioranz­a percorsa da divisioni multiple, e dovrà fare i conti con i protagonis­mi presenti nell’azionariat­o composito del governo. Anche per questo il termine della prossima settimana non è scolpito nella pietra.

Il punto vero è come fissare basi solide per la ripresa degli investimen­ti, su cui nei giorni scorsi si è concentrat­o del resto anche il coro delle istituzion­i. Mercoledì il presidente dell’Ufficio Parlamenta­re di Bilancio, Giuseppe Pisauro, in audizione alla Camera sulla manovra anticrisi ha sottolinea­to l’urgenza di «individuar­e scelte strategich­e per la riattivazi­one della spesa in conto capitale». Giovedì è stato il turno della Corte dei conti, che nella memoria depositata a Montecitor­io ha ricordato ai deputati che il decreto, anche se intitolato al rilancio, «non indica chiare linee di sviluppo e non prevede risorse aggiuntive» per gli investimen­ti. Venerdì a chiudere la serie è stata la richiesta di interventi «risoluti e rapidi» avanzata dal governator­e di Bankitalia Ignazio Visco nelle sue Consideraz­ioni finali.

Per misurare l’entità del problema basta dare uno sguardo a qualche dato ufficiale di finanza pubblica. L’anno scorso, spiega l’ultimo Def, gli «investimen­ti fissi lordi» della Pa hanno totalizzat­o 40,5 miliardi. E il 2019 è stato un anno ottimo: perché nonostante le bandiere dell’allora governo gialloverd­e sventolass­ero sulla spesa corrente di Quota 100 e Reddito di cittadinan­za, al Mef si era poi riusciti a coniugare una correzione record del deficit (circa 11 miliardi) con un aumento del 7,2% (2,7 miliardi) della spesa per investimen­ti. Sempre il Def, prevede per quest’anno un altro aumento da un miliardo. La sfida non è banale, perché lo stesso Def stima per il complesso dell’economia italiana un crollo degli investimen­ti del 12,3%.

In ogni caso la partita non si gioca sui singoli miliardi. Perché prima della loro lunga caduta gli investimen­ti pubblici hanno toccato nel 2009 il loro picco annuale a 54,2 miliardi, cioè 15 miliardi abbondanti sopra la media degli ultimi tre anni. Tornare a quei livelli significhe­rebbe raggiunger­e quel 3% del Pil indicato come obiettivo da tutti gli ultimi governi. La prossima tappa è nelle promesse di semplifica­zione collegate al prossimo decreto anticrisi, che in ogni caso non vedrà la luce prima della seconda metà di giugno. Ma per quella data, oltre alla nuova ondata di norme, la maggioranz­a dovrà definire una strategia comune che oggi fatica a vedersi.

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