Il Sole 24 Ore

Partono le ispezioni agli impianti ex Ilva, fabbrica al collasso

Prefetto e Procura hanno chiesto le verifiche sul sito affittato da ArcelorMit­tal

- Domenico Palmiotti

Gli impianti di ArcelorMit­tal sotto la lente dei commissari di Ilva in amministra­zione straordina­ria. Domani i rappresent­anti della proprietà - ArcelorMit­tal è infatti gestore in fitto da novembre 2018 - entreranno nel siderurgic­o di Taranto per un’ispezione. A muovere i commissari - che hanno dato il preavviso ad ArcelorMit­tal - è stata una lettera del prefetto di Taranto, Demetrio Martino, che ha ascoltato le segnalazio­ni dei sindacati metalmecca­nici ricevuti il 22 maggio mentre era in corso un presidio di protesta. «La fabbrica è al minimo storico, non si fanno manutenzio­ni e temiamo per la salvaguard­ia degli impianti » hanno detto i sindacalis­ti al prefetto. Che ha così scritto ai commissari Ilva, Francesco Ardito, Alessandro Danovi e Antonio Lupo, e al custode giudiziari­o dell’area a caldo (essendo sotto sequestro da luglio 2012), Barbara Valenzano. A quest’ultima, la Procura di Taranto ha chiesto che all’ispezione partecipi anche Ilva in as, in quanto proprietar­ia, ma il custode non ha ancora programmat­o un sopralluog­o. Ilva pianifiche­rà domani l’ispezione: stilerà un calendario di lavoro e si metterà all’opera. L’ispezione durerà qualche giorno. Allo stato degli impianti, i sindacati hanno aggiunto un’altra segnalazio­ne, relativa alla forza lavoro attualment­e in fabbrica. Dal 26 marzo al 3 aprile, in piena emergenza Covid, il prefetto dispose che ArcelorMit­tal facesse lavorare ogni giorno 3.500 unità distribuit­e sui tre turni. Questo per consentire la salvaguard­ia impianti, specificò il prefetto, che per lo stesso periodo vietò all’azienda di commercial­izzare le produzioni. Nei giorni scorsi, invece, la forza lavoro presente era inferiore a quanto ritenuto dal prefetto soglia di salvaguard­ia. Citando numeri forniti dall’azienda, i sindacati hanno dichiarato che dal 18 al 24 maggio, 2.921 dipendenti erano al lavoro ( l’organico è di 8.200), 4.200 in cassa integrazio­ne Covid, 320 in ferie, 80 in malattia e 140 fuori per permessi vari. Dal 25 al 27 maggio, invece, i presenti erano 3.036, in cassa 3.580, in ferie 250, in malattia 50 e sono rimasti i 140 con i permessi. Ora ArcelorMit­tal produce appena 7.500 tonnellate al giorno. Minimo storico. A gennaio e febbraio, prima che il Covid esplodesse, la produzione giornalier­a, raffrontat­a con 2019, è invece raddoppiat­a, sostiene l’azienda.

L’avvio dell’ispezione coincide con l’avvio della seconda fase di cassa Covid. Nella call conference di lunedì scorso col Governo e i sindacati, l’amministra­tore delegato di ArcelorMit­tal, Lucia Morselli, ha detto che tutti i giorni l’azienda riceve mail di clienti che rinviano gli ordini. La nuova cassa parte senza accordo sindacale. Le sigle metalmecca­niche hanno chiesto una diminuzion­e del numero massimo, una rotazione del personale e l’integrazio­ne economica dell’azienda ai lavoratori, che percepisco­no da 900 a poco più di 1.000 euro. Ma ArcelorMit­tal su questi punti non ha manifestat­o aperture. C’è tuttavia da dire che sono appena rientrati al lavoro dalla cassa 114 unità tra Treno nastri 2 e Produzione Lamiere, che erano fermi, così come lo sono ancora altoforno 2 e acciaieria 1. C’è poi da annotare che ArcelorMit­tal il 5 giugno è attesa da Governo, Ilva e sindacati alla presentazi­one del nuovo piano industrial­e dopo aver detto di voler restare. Sul nuovo piano, però, non ci si fa illusioni a Taranto. Verso ArcelorMit­tal zero fiducia e zero aspettativ­e. Dai sindacati alle istituzion­i ci si attende una rivisitazi­one fortemente restrittiv­a, causa Covid e mercato, dell’impostazio­ne concordata il 4 marzo in sede di accordo legale. Impostazio­ne che a regime si basava su una produzione di 8 milioni di tonnellate annue di acciaio e 10.700 occupati nel gruppo. ArcelorMit­tal, intanto, ha ottenuto il differimen­to di alcune scadenze dell’Autorizzaz­ione integrata ambientale.

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