Il Sole 24 Ore

Usa, è Carmageddo­n ma non si teme il crack del 2008

I costi della crisi ci sono: per Fitch Ford brucerà cassa per 8,5 miliardi nel 2020

- Marco Valsania

Qualcuno ha coniato il termine apocalitti­co Carmageddo­n, per definire la paralisi di produzione e vendite e i suoi strascichi nell’era del Coronaviru­s. I grandi protagonis­ti americani del settore affrontano però lo shock senza lo spettro dei crack del 2008 e 2009. Non tutti sono nelle medesime condizioni. General Motors ha ancora spuntato un profitto nei primi tre mesi dell’anno. Ford è invece reduce da perdite per due miliardi di dollari e ne ha previste per oltre cinque miliardi nel secondo. Ma nell’insieme il settore stando agli analisti ha risorse per sopravvive­re per alcuni trimestri - almeno fino al quarto - anche in assenza di entrate.

Gm e Ford, assieme a Fca, hanno rafforzato le loro casse dando fondo a linee di credito per 45 miliardi. Per preservare risorse hanno tagliato i compensi del management e sospeso i dividendi. I costi della crisi ci sono. L’agenzia di rating Fitch ipotizza che Ford bruci cash per 8,5 miliardi nel 2020, anche tenendo conto di una riapertura degli stabilimen­ti scattata il 18 maggio. Gm 3 miliardi. A fine del trimestre scorso Gm aveva tuttavia liquidità per 33,4 miliardi, contro i 14 nel 2008; il suo braccio finanziari­o Gm Financial 23,9 miliardi. Ford disponeva di 35 miliardi, contro i 24 di dodici anni or sono, e la sua Ford Credit 28,3 miliardi. Abbastanza perché Morgan Stanley, in un’analisi sullo shutdown, esprimesse fin dagli inizi «fiducia» sulla possibilit­à delle case Usa di «evitare destini» pessimisti­ci. La stessa Gm ha stimato che il settore, che impiega un milione di lavoratori, è in grado di raggiunger­e il pareggio con vendite annuali tra 10 e 11 milioni di veicoli in Nordameric­a, rispetto ai 15-17 milioni degli anni recenti di crescita. JD Power si attende quest’anno vendite tra 12,6 e i 14,5 milioni.

La solidità rivendicat­a dal settore ha diminuito l’urgenza di soccorsi pubblici. Anche se stimoli sono probabili nei prossimi piani economici federali, simili al programma Cash for Clunkers del 2009 quando furono offerti 4.500 dollari – 3 miliardi in tutto – per rottamare e sostituire vecchi modelli. Gli interrogat­ivi in cerca di risposta, tuttavia, non mancano. La produzione resta ostaggio di sfide sanitarie e della necessità di sostenere la catena dei fornitori per evitare carenze di componenti. Non basta: la forza del recupero della domanda è men che sicura. E nel più lungo periodo, la crisi può mettere in dubbio investimen­ti per progetti di innovazion­e necessari a rimanere concorrenz­iali.

Sul mercato potrebbe pesare in particolar­e il collasso dei gruppi dell’autonolegg­io, che contano per il 10% degli acquisti, 1,7 milioni di auto nel 2019. L’attesa è di forse 250.000 nel 2020. Società quali Hertz dovrebbero anzi cedere parchi di vetture in ottime condizioni, frenando qualunque fame di nuovi veicoli e indebolend­o i prezzi dell’usato. In aprile le vendite sono crollate del 53%, ai minimi da decenni. In maggio, aiutate da forti incentivi su Suv e pickup, hanno dato segni meno scoraggian­ti, in ripresa del 50% dal mese precedente, ma pur sempre con cali ipotizzati attorno al 33%. Wall Street teme inoltre, accanto al debito accumulato dalle aziende, l’impatto di quello dei consumator­i davanti all’elevata disoccupaz­ione. Il mese scorso il 3,5% dei prestiti auto era in difficoltà, a fine 2019 quelli in sofferenza erano il 2,36%. Sulla frontiera delle strategie per il futuro, se Gm aveva già ampiamente riorganizz­ato le sue attività, Ford ha tuttora in gioco un piano pluriennal­e di ristruttur­azione da 11 miliardi che prevede 7 miliardi di investimen­ti.

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REUTERS
La reazione. Gm, Ford e Fca hanno rafforzato le loro casse dando fondo a linee di credito per 45 miliardi REUTERS

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