Tax credit sugli affitti a rischio per le nuove attività
Alla lettera non si tutela chi ha aperto da giugno 2019 o aveva zero ricavi Va scongiurata la necessità di pagare tutto al locatore prima di cedergli il bonus
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Nuovo bonus locazioni tra luci ed ombre. Se per molti aspetti, infatti, il sistema tracciato dall’articolo 28 del Dl 34/ 2020 appare meglio calibrato rispetto a quanto previsto dall’articolo 65 del decreto “cura Italia”, dall’altro occorre segnalare alcuni aspetti applicativi delle nuove regole non di immediata comprensione.
Il calo del fatturato
Il bonus locazioni compete ai soggetti che, oltre agli altri requisiti previsti dalla legge, presentano una diminuzione di fatturato o corrispettivi nei mesi di riferimento rispetto allo stesso mese del periodo d’imposta precedente, di almeno il 50 per cento.
Senza entrare nel merito di situazioni particolari nelle quali il periodo d’imposta precedente potrebbe non comprendere il mese di riferimento (in presenza di operazioni straordinarie), il problema di rispettare il requisito si pone per coloro che hanno iniziato l’attività nel corso del 2019 per cui mancano del dato relativo al fatturato del mese del periodo « precedente » .
Nell’articolo 28, infatti, manca una disposizione che salvaguardi l’accesso al bonus per i neocostituiti come invece è previsto, ad esempio, nell’ambito del contributo a fondo perduto disciplinato dall’articolo 25 del Dl Rilancio. In questi casi, quindi, non è chiaro come uscire dall’impasse. Sul piano strettamente letterale mancando il requisito del “calo” del fatturato, costoro sarebbero tagliati fuori dal bonus, ma questa conclusione appare eccessivamente penalizzante in considerazione del fatto che proprio questi soggetti, in quanto particolarmente fragili economicamente e commercialmente, sarebbero meritevoli di tutela.
Il problema del raffronto si pone anche per tutti coloro che presentano fatturato o corrispettivi pari a zero sia nel mese 2020 sia nel corrispondente mese 2019. Questo tema riguarda tutte le situazioni in cui i decreti “Covid”, al fine di accedere a disposizioni agevolative, impongono un monitoraggio dell’entità del calo (fatturato, corrispettivi o ricavi) del dato 2020 rispetto al corrispondente del 2019. Qui l’applicazione del calcolo dà sempre zero, per cui sarebbe opportuno venisse precisato che, non potendosi riscontrare il calo, la condizione di accesso diventa irrilevante.
Non vi è dubbio, invece, che la verifica del calo del fatturato o dei corrispettivi non va riscontrata se il soggetto che intende accedere al bonus è un ente non commerciale in
relazione ai canoni di locazione degli immobili istituzionali.
Il leasing
Il bonus è riconosciuto anche in relazione all’ammontare del canone mensile relativo ai leasing immobiliari.
A tale riguardo occorre comprendere se per “canone” di leasing si intende l’ammontare complessivo (capitale e interessi) o, invece, la sola quota capitale (escludendo la componente interessi). È da considerare, sul punto, che il credito d’imposta compete solo sui canoni pagati e dato che i versamenti dei canoni dei mesi agevolati dei contratti di leasing sono spesso oggetto di moratoria, per fruire del bonus occorrerà attendere il momento della corresponsione, tenendo altresì conto che ai sensi del comma 5 esso è commisurato «all’importo versato nel corso del 2020». Quindi chi ha pagato in anticipo o dilaziona nel 2021 alla lettera
è escluso (si veda l’artcolo su NT+ Fisco del 26 maggio).
Le locazioni complesse
Sono frequenti i casi in cui le porzioni immobiliari sono affittate con contratti di servizi complessi.
Il caso tipico riguarda gli spazi locati con contratti in cui il titolare dei rapporti mette a disposizione degli utilizzatori una serie di servizi (spazi, segreteria, strumenti tecnici, hardware, software, servizi comuni eccetera). Per quanto i servizi non siano riferiti ad una singola unita immobiliare, ma ad una porzione della stessa, si ritiene si possa fruire del credito d’imposta nella misura del 30% (comma 2 dell’articolo 28).
Cessione del credito al locatore
Le bozze del Dl Rilancio prevedevano che il credito d’imposta potesse essere ceduto al locatore in conto pagamento dei canoni. Nella versione
definitiva la previsione è stata stralciata in quanto sostanzialmente accorpata nell’articolo 122 che disciplina la possibilità di cedere a terzi i crediti d’imposta previsti dal Dl Rilancio, tra cui anche il bonus “locazioni” (si veda l’articolo in basso).
Occorre però capire come procedere. In una logica semplificatoria il conduttore dovrebbe poter effettuare il pagamento del solo 40% del canone mensile, trasferendo al locatore - a saldo del restante 60% - il credito d’imposta cui ha diritto. La disposizione prevede che il credito d’imposta è commisurato all’importo « versato » ( comma 5). Per questa via si entra in un circolo vizioso in cui l’utilizzatore dovrebbe prima pagare i canoni per poter solo successivamente scomputare i crediti d’imposta maturati e ceduti al locatore. Un esito paradossale, questo, che bisogna scongiurare.