Infrastrutture Un piano di opere cantierabili da subito
Def infrastrutture al Cdm. Nel piano da 196 miliardi priorità a grandi opere in corso e manutenzioni subito attivabili Dl semplificazioni. La sburocratizzazione resta la partita decisiva per il premier, la maggioranza resta divisa
Il documento sulle opere prioritarie andrà all’esame del governo a giorni con il Piano nazionale riforme
È pronto il piano del governo per le infrastrutture, 196,5 miliardi di cui 129,6 già disponibili e 66,9 da trovare, anche con la candidatura al Recovery Plan. È il piano ufficiale, quello messo a punto dal ministero delle Infrastrutture e contenuto nell’allegato al Def, oltre 300 pagine che dovrebbe essere approvato dal Consiglio dei ministri in questi giorni, insieme al Piano nazionale delle riforme.
La sfida politica del piano è riportare una maggiore concordia nella maggioranza, definendo un quadro intelligente e realistico di opere prioritarie condivise, in un tema, quello dei cantieri, che oggi è fra i più divisivi all’interno della maggioranza. A dividere è soprattutto il nodo di come accelerare le opere, quindi quali norme inserire nel prossimo decreto semplificazioni: da una parte la ricetta radicale, modello Genova, di Palazzo Chigi, M5s e Italia Viva con commissari e una sostanziale sospensione del codice appalti; dall’altra il Pd, niente affatto convinto che miliardi di opere affidate senza gara siano la soluzione giusta per risolvere i problemi del Paese e tutelare la trasparenza.
Delle procedure e del decreto semplificazioni – da cui dipende gran parte della capacità di sburocratizzazione su cui scommette il premier Conte – l’allegato Infrastrutture al Def non si occupa. Definisce invece le opere da fare indicando le priorità in due tempi: quelle immediate e quelle in un orizzonte decennale.
Si prova a ripartire da qui e non a caso la parte più interessante del piano è proprio quella delle opere del primo tempo: interventi ( anche grandi) già in corso da accelerare e le piccole opere di manutenzione e innovazione tecnologica che si prestano a essere avviate e realizzate subito. Pesa per la metà del piano, 95,6 miliardi di cui 77,4 già disponibili. Questi 77,4 miliardi (di cui circa 40 di investimenti in corso) sono il cuore della politica di rilancio dei cantieri perché non hanno bisogno di progetti e autorizzazioni, le due fasi che fanno perdere anche 7-8 anni nella messa in moto delle opere. Se si riuscirà a spendere in fretta e a invertire la curva degli investimenti sarà per queste opere, manutenzioni su rete stradale, ferroviaria, ponti, viadotti, porti, incentivi alla logistica, acquisto di veicoli per le metropolitane, tecnologie di fluidificazione per ferrovie, trasporti locali, strade. Almeno su questi lavori dovrebbe essere più facile anche trovare un’intesa nella maggioranza.
A questi interventi vanno aggiunti 6,3 miliardi che la ministra Paola De Micheli e la struttura di missione del ministero guidata da Giuseppe Catalano hanno «messo a terra» o recuperato nelle pieghe del bilancio ministeriale per finanziare interventi subito cantierabili come metropolitane (1,3 miliardi), le Olimpiadi 2026 (1 miliardo), infrastrutture portuali (quasi 800 milioni), ciclovie nazionali (580 milioni).
C’è poi il secondo tempo, quello lungo, decennale cui si è riferito ieri anche il premier parlando della rete Alta velocità che deve arrivare al Sud e non deve escludere nessuno. Oltre ad accelerare i grandi interventi in corso - Brennero, terzo valico, Adriatica, Av Brescia-Padova, Napoli-Bari - si tratta di progettare e avviare la velocizzazione (parliamo spesso di linee a 200 km/h) per tratte come la Salerno-Reggio Calabria, la SalernoPotenza-Taranto, la Taranto-Reggio Calabria, la Roma- Ancona, la RomaPescara, la Pisa-Genova-Ventimiglia. L’allegato al Def non fa nessun riferimento al Ponte sullo Stretto di cui in questi giorni si è tornato a parlare, per altro senza una direzione chiara.
Resta il nodo delle semplificazioni su cui un confronto più serrato comincerà nelle prossime ore. Un tentativo di mediazione l’ha messo sul tavolo l’Anac: utilizzare le corsie di emergenza consentite dal codice appalti per affidamenti senza gara. Ma il vero nodo è nel taglio ai tempi di autorizzazione che sono a monte della gara: progettazione, valutazione di impatto ambientale, autorizzazioni paesistiche. Una sorta di azzeramento della burocrazia almeno per un periodo di 6- 12 mesi. L’unico segnale veramente forte ribadito ieri dal premier è la volontà di riformare l’abuso di ufficio e il danno erariale. Un segnale che significa volontà di andare avanti anche là dove una parte della maggioranza potrebbe non seguirlo.