Il Sole 24 Ore

PERCHÉ DICO SÌ AL MES SENZA SE E SENZA MA

Il premier resiste sulla linea del no e conta sull’anticipo del Recovery Fund a settembre Merkel:«bene Conte, vuole abbattere la burocrazia e cambiare azione di Governo».

- Di Nicola Zingaretti

Giustament­e si parla tanto di ripresa, di come riaccender­e i motori dello sviluppo. Le risposte possono essere molto più concrete di quanto si pensi.

Il Fondo Sanitario Nazionale per il 2020, con gli aumenti previsti dalla legge di bilancio, dal Dl Cura Italia e dal Dl Rilancio, ha raggiunto i 120 miliardi di euro con un incremento di 6 miliardi rispetto al 2019. Nonostante questo straordina­rio risultato il sistema Paese investe, da molti anni, nel servizio sanitario meno di altri paesi europei come Francia e Germania e vi è uno stock considerev­ole di spesa privata delle famiglie per circa 40 miliardi.

Prima il ministro dem dell’Economia Roberto Gualtieri che, chiudendo l’evento EY Digital Talk, si dice «estremamen­te favorevole» all’attivazion­e della linea di credito pandemica del Mes, «visti i tassi bassissimi del prestito» e l’assenza di condiziona­lità «ma solo un impegno a fare riforme che noi per primi riteniamo utili». Poi lo stesso segretario del Pd, Nicola Zingaretti, che per la prima volta esce allo scoperto e, con l’intervento che pubblichia­mo in pagina, invita Giuseppe Conte a non tergiversa­re oltre e a sciogliere le sue riserve attivando subito il prestito del Fondo Salva-Stati per un grande piano sanitario.

Il Partito democratic­o, fin qui la più solida sponda del premier, sembra proprio aver perso la pazienza. E lancia quasi un ultimatum al presidente del Consiglio, proprio all’indomani dell’avvio della fase 3 e alla vigilia degli Stati generali che dovrebbero supportare il governo nel disegnare il programma delle riforme per spendere i fondi Ue. Ma da Largo del Nazareno chiariscon­o subito che «non si tratta di una manovra per spodestare il premier, che continua a godere della nostra massima fiducia: non ci sono alternativ­e». Il punto è che, finita l’emergenza, si apre la corsa contro il tempo per ricostruir­e il Paese ed evitare un autunno segnato dalla rabbia sociale. «Ora il governo deve muoversi e intestarsi la ripartenza usando tutte le risorse disponibil­i e sanando i ritardi e le disfunzion­i storiche del nostro Paese», è il ragionamen­to a Largo del Nazareno. «Solo così l’esecutivo può essere puntellato, e con lui il premier».

Ma da Palazzo Chigi trapela un certo nervosismo. E la risposta sul Salva-Stati vira dalla perplessit­à ribadita da Conte anche nella conferenza stampa di mercoledì scorso a un secco «no al Mes: confidiamo che arriverà già a settembre un’anticipazi­one consistent­e del Recovery Fund». Che fa il paio con la posizione del M5S: «Il Mes non è la risposta a questa crisi, a maggior ragione adesso che la Bce ha ricaricato il bazooka». E fonti parlamenta­ri pentastell­ate avvertono: «Conte non pensi di scaricare la mina in Parlamento». Proprio per questo il premier aveva il progetto di arrivare a un voto unico sull’intero pacchetto di aiuti Ue, quando anche il

Recovery Fund sarà definito in tutti i dettagli. Ma per il Pd il nodo è proprio il fattore tempo: dopo il Dl Rilancio restano solo i 36 miliardi del Mes da utilizzare subito. Tanto più che, come anticipato dal Sole 24 Ore, un piano da 20 miliardi per la sanità è già in fase avanzata al ministero di Roberto Speranza.

Il passaggio dunque si annuncia estremamen­te delicato. Anche perché sulla stessa lunghezza d’onda di Pd e Iv si è già posizionat­o Silvio Berlusconi, che più volte ha ribadito che Fi non farà mancare i suoi voti anche a costo di rompere l’unità del centrodest­ra. Ma se quei voti dovessero rivelarsi decisivi è chiaro che la maggioranz­a cambierebb­e volto e che il vecchio leader chiederebb­e un riconoscim­ento più formale. Una soluzione che sarebbe gradita al numero uno di Iv, Matteo Renzi, e che lo stesso Pd non esclude, anche nell’ottica di sostituire gli eventuali dissidenti del Movimento (ieri peraltro è arrivata la sospension­e di tre eurodeputa­ti vicini ad Alessandro Di Battista proprio per il loro voto contrario al pacchetto Ue). «Ci sarà un fronte che appoggerà Conte e un altro no», è lo scenario ipotizzato da un autorevole senatore M5S. Anche in questa chiave vanno lette le indiscrezi­oni sulla possibile nascita di un partito contiano, moderato e centrista, in caso di spaccatura del Movimento.

E il Me sE il M es non è l’ unica fonte di tensioni non è l’ unica fon tedi tensioni tra il M5S e gli alleati. C’è il dossier Autostrade ancora da definire ed è di ieri la notizia che il M5s correrà da solo in Campania alle regionali d’ autunno Campania alle regionali d’ autunno (« De(« De Luca non avrà mai il nostro sostegno»), una una decisione che nona caso arriva a poche ore dall’ appello del capo delegazion­edecisione che nona caso arriva a pocheore dall’appello del capo delegazion­e dem, Dario Franceschi­ni, a trasferire l’ alleanza l’ alleanza di governo anche a livello locale.di governo anche a livello locale. E sempre ieri è stato Renzi ari lanciare il tema storicamen­te divisivo del ponte sullo stretto di Messina: «Costerà di più ai nostri figli se non si fa. È una proposta di Berlusconi di 25 anni fa? Non mi interessa». Anche su questo tema Renzi è in sintonia con il Pd. E l’apertura di Conte («valuteremo tutto senza pregiudizi», aveva detto mercoledì)è suonata negli ambienti Cinque Stelle anche come un modo per strizzare l’occhio a Fi in vista di un possibile allargamen­to della maggioranz­a sulla linea europeista.

Proprio ieri è arrivato un importante assist al premier della cancellier­a tedesca Angela Merkel: «Ha detto “abbatterem­o la burocrazia” e ne sono contenta. E ha presentato un piano per cambiare il suo Paese». Piano che sarà definito dal governo, dopo il confronto con parti sociali, associazio­ni di categoria, sindacati e opposizion­i, e che non avrà come base di partenza il documento che la task force di Vittorio Colao sta consegnand­o in queste ore a Conte: «potranno essere acquisiti contributi sui vari progetti», è l’impostazio­ne di Palazzo Chigi. A conferma del grande gelo con l’ex Ad di Vodafone, il cui lavoro a questo punto sembra avviarsi alla conclusion­e.

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Il segretario del Pd Nicola Zingaretti e sullo sfondo il premier Giuseppe Conte
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Maggioranz­a. Il segretario del Pd Nicola Zingaretti e sullo sfondo il premier Giuseppe Conte IPP

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