Il Sole 24 Ore

«Indagini concentrat­e anche sugli ingenti patrimoni accumulati»

Comandante dei carabinier­i Tutela ambientale

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«Nel traffico illecito di rifiuti operano decine di soggetti, alle volte slegati tra loro. Per questo è difficile operare misure di prevenzion­e, oggi possibili sul fronte dei reati ambientali solo se dimostriam­o l’esistenza di una associazio­ne per delinquere. Basterebbe una modifica normativa, tra l’altro già tracciata dalla Corte di Cassazione, per consentire questi sequestri» sequestri » .

Il comandante dei carabinier­i della Tutela ambientale, il generale di brigata Maurizio Ferla, non nasconde un certo fervore quando parla di accertamen­ti patrimonia­li. E infatti il suo passato di investigat­ore di polizia giudiziari­a emerge chiarament­e: nel 1989 ha comandato la prima sezione del Nucleo Investigat­ivo di Napoli, quella che ha indagato sulla guerra di camorra tra i clan di Nuova Famiglia nel contesto del “ritorno” della Nco di Raffaele Cutolo. Oggi è alla guida di uno dei reparti d’élite dell’Arma, comando che sta acquisendo competenze sempre più tecniche anche su aspetti finanziari legati al ciclo dei rifiuti.

Si conferma che è fondamenta­le seguire la traccia dei soldi?

Con la legge 68 del 2015 anche la Tutela ambientale può svolgere accertamen­ti patrimonia­li. Stiamo fornendo ai nostri investigat­ori corsi di formazione all’Istituto superiore di tecniche investigat­ive a Velletri.

Eppure sembra che la legge non sia adeguata in tema di misure di prevenzion­e patrimonia­li.

Premesso che svolgiamo regolarmen­te sequestri nel corso delle indagini giudiziari­e su determinat­i reati, subiamo una problemati­ca legata alla formulazio­ne della legge Antimafia, dove c’è la disciplina della misura di prevenzion­e personale e patrimonia­le, ossia la possibilit­à di portare via quei patrimoni frutto di una illecita attività.

Ce la spieghi.

Allo stato attuale questa misura è consentita solo nei casi in cui i soggetti su cui facciamo la proposta di sequestro siano sospettati di vivere dei proventi del delitto di attività organizzat­e per il traffico illecito di rifiuti riconducib­ili a una associazio­ne per delinquere. Ma come emerge dalle nostre indagini, questa filiera criminale è lunga e articolata. Quelli da cui ha origine non sempre sono in contatto con gli altri “anelli” che compongono il ciclo illecito dei rifiuti. Il risultato è che questi soggetti possono accumulare capitali ingentissi­mi e continuare con queste attività. L’aggression­e ai patrimoni illecitame­nte accumulati è un tema importante, a cuore anche del nostro comandante generale Giovanni Nistri. Sarebbe necessaria qualche modifica all’attuale normativa.

Di che tipo?

Come rappresent­ato in varie sedi istituzion­ali, basterebbe cambiare l’articolo 4 del Dlgs 159/2011 (Codice Antimafia, ndr), prevedendo che le misure di prevenzion­e possano applicarsi ai soggetti indiziati di cui all’articolo 452 quaterdeci­es del codice penale (Attività organizzat­e per il traffico illecito di rifiuti, ndr), anche fuori dalle ipotesi associativ­e. Si tratta, tra l’altro, di un indirizzo già tracciato dalla Corte di Cassazione. Un patrimonio illecitame­nte accumulato è pericoloso di per sé, a prescinder­e dalla pericolosi­tà sociale del soggetto intestatar­io, che potrebbe essere una testa di legno o una società fittizia. È necessario porre un freno a questo fenomeno, che rappresent­a un gravissimo attentato alla libera concorrenz­a e alle imprese che si occupano lecitament­e dello smaltiment­o.

‘‘ Le misure patrimonia­li dovrebbero essere previste anche senza l’ipotesi associativ­a

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Maurizio Ferla
Generale. Maurizio Ferla

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