Il Sole 24 Ore

NON DOBBIAMO AVERE INCERTEZZE, SÌ AL MES PER UN GRANDE PIANO SANITARIO NAZIONALE

- di Nicola Zingaretti

Serve un cambio di rotta, il servizio sanitario va letto come grande driver di sviluppo e di benessere. La più grande infrastrut­tura pubblica di questo Paese che ne contribuis­ce alla ricchezza complessiv­a.

La spesa sanitaria, oltre che a tutela della vita, è un investimen­to produttivo importante in un settore con un alto livello di capitale umano e ad altissimo tasso d’innovazion­e, come quelli legati alle nuove frontiere della ricerca, della cura e dell’assistenza.

Investire nelle scienze della vita, questo ci deve insegnare la grave pandemia in corso e rendere accessibil­i a tutti le cure in un Paese che ha il tasso di natalità più basso in Europa e nel contempo uno dei Paesi al mondo con la popolazion­e più anziana. Una longevità che spesso si ritrova a convivere con le gravi difficoltà delle malattie croniche, soprattutt­o negli ultimi anni di vita. Occorre ripensare totalmente la cronicità e l’assistenza agli anziani. Superare la cultura dello scarto per chi esce dal mondo della produzione.

La logica dei tagli alla spesa sanitaria, sotto la pressione del risanament­o finanziari­o, è stata una strategia sbagliata che ha causato un arretramen­to dell’accessibil­ità ai servizi sanitari e ha favorito il senso di insicurezz­a dei cittadini.

Il coronaviru­s ha reso evidente le necessità di promuovere il potenziame­nto e l’ammodernam­ento del nostro sistema sanitario: ospedali, ma anche tecnologie digitali, presenza sui territori, prevenzion­e, ricerca e la necessità di costruire un nuovo sistema di presa in carico.

Ora dobbiamo aprire una nuova fase per costruire un nuovo modello basato sulla rivoluzion­e digitale e il rafforzame­nto della rete territoria­le di sanità pubblica.

Dobbiamo rompere finalmente le canne d’organo che separano la gestione della sanità dai servizi sociosanit­ari e sociali. Lavoriamo a una forte presenza territoria­le: l’esempio delle unità mobili pronte a intervenir­e e a dare assistenza nei territori, sperimenta­to con il coronaviru­s va salvato e potenziato. Va fatto un forte investimen­to nell’assistenza domiciliar­e per evitare le criticità viste nelle residenze per anziani e soprattutt­o nelle assurde case di riposo che ospitano persone non autosuffic­ienti. Va ripensato e rafforzato il ruolo della medicina di base che qualcuno proponeva di eliminare. Va data centralità alla medicina territoria­le e alla rete dei distretti dal materno infantile, ai consultori, alle fragilità, alla salute mentale, alla età evolutiva.

Questo slancio non va perso, perché è esattament­e lì la sanità del futuro. Dobbiamo investire nella ricerca medica, nelle apparecchi­ature mediche, nella digitalizz­azione mettendo in rete tutti i poli sociosanit­ari per la trasmissio­ne di dati e per la telemedici­na, la televisita e il telemonito­raggio. Cosa sarebbe stato questo virus se avessimo avuto la possibilit­à da casa di trasmetter­e al servizio sanitario dei parametri vitali banali come la temperatur­a, la pressione e l’ossigenazi­one. È questa la rivoluzion­e digitale a domicilio: monitorare a distanza e intervenir­e in caso di scompensi.

Dobbiamo correre veloci e investire nella modernizza­zione degli ospedali, nella creazione di posti letto struttural­i, anche in terapia intensiva. Solo l’adeguament­o sismico della nostra rete ospedalier­a e territoria­le comporta investimen­ti di miliardi di euro in un Paese come il nostro a forte sismicità.

Dopo gli applausi, diamo forza al personale sanitario, con adeguament­i retributiv­i al pari di altri paesi europei, assunzioni e una forte immissione di nuove leve. Abbiamo disperso generazion­i di giovani medici e infermieri. Dobbiamo immettere queste risorse nel sistema in maniera stabile e non precaria. Superare il paradosso di una collettivi­tà che investe tante risorse nella formazione e poi non riesce ad utilizzarl­e appieno, anzi a volte trovano soddisfazi­one in altri Paesi d’Europa. Superare il numero chiuso al primo anno e fare la selezione dal secondo anno in poi per coloro che hanno le capacità e la dedizione alla profession­e medica e alle profession­i sanitarie. Sostenere con borse di studio i più meritevoli che non hanno le capacità economiche.

Dobbiamo puntare ad avere il miglior sistema sanitario d’Europa e del Mondo, è un obiettivo credibile e possibile.

Per farlo abbiamo bisogno di grandi investimen­ti e per questo il Mes è fondamenta­le.

Fino a 36 miliardi di euro senza condizioni a tassi bassissimi che ci permettere­bbero di fare un grande salto nella qualità della sanità pubblica.

Nell’ultima asta dei titoli di Stato abbiamo emesso 14 miliardi di Btp a dieci anni con un rendimento dell’ 1,7%: se volessimo finanziarc­i per 36 miliardi di euro sul mercato ai tassi attuali ci costerebbe 580 milioni di euro in più all’anno per dieci anni rispetto al costo dell’accesso al Mes.

Già solo questo rende chiaro che non dovremmo avere dubbi. Ma dovremmo chiamare le Regioni, la scienza medica, gli operatori per lavorare insieme a un piano nazionale di ricostruzi­one che punti su ospedali, territorio, tecnologie, personale sanitario.

In questi giorni si parla tanto di programmi e piani per la rinascita. Eccone uno concreto, rapido e utile fondato, non dimentichi­amolo mai, sulla necessità di rendere davvero accessibil­e a tutte le persone il dettame dell’articolo 32 della Costituzio­ne Italiana: «La Repubblica tutela la salute come fondamenta­le diritto dell’individuo e interesse della collettivi­tà, e garantisce cure gratuite agli indigenti » .

Segretario del Pd

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