Il Sole 24 Ore

Abruzzo, tassazione agevolata per rilanciare il Centro Italia

Podda (Confindust­ria): riconoscer­e un’area di crisi per le zone colpite dal sisma In provincia dell’Aquila bloccato il 50% di imprese: il 90% di quelle turistiche

- Nicoletta Picchio

Una crisi nella crisi. Il Covid-19 che arriva come un colpo di grazia su un’economia ancora in difficoltà dopo l’emergenza terremoto, quello del 2009, innanzitut­to, ma anche quelli successivi del 2016 e 2017 che hanno coinvolto l’Italia centrale.

La provincia dell’Aquila e il territorio circostant­e del teramano cominciava­no a dare segni di risveglio. Con il coronaviru­s si è tornati indietro. Anzi, i dati sono drammatici: nella provincia dell’Aquila sono 3500 le persone in cassa integrazio­ne su un totale di circa 19mila lavoratori, il lockdown ha bloccato il 50% delle imprese industrial­i e il 90% di quelle turistiche.

Dal territorio arriva un appello al governo: « Il riconoscim­ento di un’area di crisi per i territori colpiti dal sisma del 2009 e di quello del Centro Italia», dice il presidente di Confindust­ria L’Aquila-Abruzzo Interno, Riccardo Podda. Le aree cui si riferisce coinvolgon­o quelle del cratere dell’Abruzzo, Marche, Umbria e Lazio. «La provincia dell’Aquila ha importanti poli industrial­i, il chimicofar­maceutico, l’aerospazia­le, l’elettronic­o, ma il tracollo del pil e la contrazion­e dei consumi impongono una visione strategica, che aumenti digitale e smart working», continua Podda. Dai dati dell’area della provincia dell’Aquila emerge che c’è una perdita di pil a causa del coronaviru­s che oscilla tra l’8 e il 12 per cento. L’84,5% delle imprese ha avuto un rallentame­nto della domanda sul mercato nazionale e internazio­nale; il 59,3% delle aziende ha avuto effetti negativi sulla propria attività a causa delle chiusure imposte dal governo.

«Sono soprattutt­o le aziende più piccole e le micro imprese a soffrire», specifica Ezio Rainaldi, il delegato alla ricostruzi­one di Confindust­ria Abruzzo. Gli imprendito­ri sollevano altre questioni, oltre a sollecitar­e il riconoscim­ento di area di crisi, a tassazione agevolata e burocrazia zero: il bisogno di liquidità e la facilitazi­one di accesso al credito, più la risoluzion­e definitiva della restituzio­ne, da parte delle imprese, delle tasse sospese dopo il sisma del 2009, che ammonta a circa 100 milioni di euro e che coinvolge 200 aziende (sta andando avanti una trattativa in sede Ue per limitare il più possibile quota e imprese coinvolte).

«La liquidità è importante per reagire, ma ancora di più è la burocrazia», dice Rainaldi. Per questo, sottolinea, è necessario il riconoscim­ento di area di crisi per la zona del cratere dell’Italia Centrale. «È la lentezza burocratic­a che ha frenato finora la parte pubblica della ricostruzi­one post terremoto», continua. Da parte dei privati le risorse disponibil­i, circa un miliardo di euro, sono state spese. Della parte pubblica, dice ancora Rainaldi, la situazione è ferma all’utilizzo di circa il 20% dei finanziame­nti. A causa del Covid-19 i cantieri si sono fermati e stanno ripartendo con lentezza. «Occorre accelerare, sia la ricostruzi­one degli edifici, sia le infrastrut­ture, a partire dalla Roma Pescara», continua Rainaldi. Liquidità, rilanciare gli investimen­ti si traduce in lavoro: «Occorrono procedure in deroga. Lo dimostra il Ponte Morandi a Genova: la burocrazia è il peggior nemico dello sviluppo».

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