Mercati, la pandemia vista dai trader: volatilità più alta che nella crisi 2008
L’Icma ha raccolto le voci degli operatori: ne emerge un quadro drammatico È corsa all’e-trading ma nella crisi torna il valore del market maker «umano»
Chi pensava di avere visto di tutto durante la crisi finanziaria del 20072009 si sbagliava. I movimenti e la volatilità del mercato durante le settimane della pandemia causata dal Covid-19 sono senza precedenti e superano quelli visti durante la crisi finanziaria globale. Con un aspetto nuovo che non si era mai verificato: il trading da remoto durante il lockdown è stata la novità di questa crisi accompagnata alle difficoltà di utilizzo delle piattaforme elettroniche quando migliaia di operatori in tutto il mondo erano costretti a movimentare flussi di denaro di dimensioni drammatiche tra le mura domestiche. Le dinamiche di queste settimane sono state analizzate in un report pubblicato da Icma (International capital market organization) che ha intervistato centinaia di operatori europei del marcato dei capitali per capire come si sono adattati a questa nuova sfida.
I giorni prima del lockdown
La gravità della pandemia è cominciata a divenire chiara verso la fine di febbraio quando i paesi europei, in primis l’Italia, hanno cominciato ad adottare misure di restrizione. I fondi hanno cominciato a vendere massicciamente, cedendo soprattutto quegli asset a rischio downgrade. Questo trend è continuato all’inizio di marzo quando al rischio finanziario si è aggiunto quello sanitario, costringendo le banche a riorganizzare i desk da remoto. Erano i giorni in cui i mercati hanno temuto il peggio con il deterioramento della liquidità divenuta evidente per i timori di insolvenza, aggravata dal rapido adattamento tecnologico delle trading room spostate tra le mura domestiche. La prima reazione del mercato è stato un allargamento generalizzato degli spread di tutte le asset class seguita dalla richiesta degli operatori di dismettere le posizioni e fare cassa per evitare crisi di liquidità: in quei giorni trovare titoli con scadenza inferiore ai due anni era impossibile.
L’intervento della BCE
Il punto di svolta è rappresentato dal 18 marzo, quando la Bce ha annunciato il Pandemic Emergency Purchase Programme (PEPP)da 750 miliardi di euro ridando di fatto fiducia ai mercati obbligazionari europei. La prima reazione è stato il ritorno sul mercato primario delle emissioni di bond investment grade su livelli record, portando il volume di nuovi bond a 310 miliardi di euro da gennaio e superando ampiamente i massimi visti nello stesso periodo degli anni precedenti. Le rassicurazioni ottenute da Eurotower hanno dimostrato, ancora una volta, come il mercato sia dipendente dall’intervento della Banca centrale nelle fasi di stress, un aspetto che nel lungo periodo può essere problematico, secondo Icma.
La crisi dell’e-trading
Dal sondaggio effettuato da Icma, gli operatori europei del fixed income hanno confermato che durante il picco della crisi, il trading elettronico è stato sostituito dall’intervento “umano” dei market maker, di fatto il broker che media tra chi vende e chi compra. Di fronte a straordinarie condizioni di volatilità e illiquidità dei mercati, gli operatori non si sono fidati di fissare i prezzi dei titoli attraverso le piattaforme elettroniche e gli algoritmi. A differenza dei mercati americani, l’e-trading è stato introdotto di recente sui mercati obbligazionari europei. Di certo non era utilizzato durante la crisi finanziaria del 2008, ma ne è stata la conseguenza. Con gli obblighi regolamentari introdotti dalle autorità di controllo per rendere più trasparenti le negoziazioni, le banche d’affari per risparmiare hanno abolito la figura del market maker sostituita dagli algoritmi. Secondo l’Icma «nonostante la crescente introduzione dell’e-trading degli scambi negli ultimi anni, il ruolo dei market maker nella creazione di liquidità rimane centrale sui mercati. Ridurne la portata, avrà inevitabilmente un impatto sulla liquidità e sull’efficienza del mercato, specialmente in periodi di stress».