Il Sole 24 Ore

AIUTI UE, SERVONO PROGETTI E PRAGMATISM­O

- Franco Bassanini, Massimo De Vincenti e Marcello Messori

L’Italia ha estremo bisogno di una robusta iniezione di investimen­ti (pubblici e privati) per ricostitui­re le basi struttural­i della crescita e diffondere in tutto il tessuto produttivo processi innovativi che riaccendan­o la dinamica della produttivi­tà. L’iniziativa, lanciata dalla Commission­e con il Next Generation Eu, rappresent­a perciò un’opportunit­à decisiva. Il suo principale pilastro, il Recovery and Resilience Facility (Rrf), mette a disposizio­ne risorse senza precedenti per finanziare piani nazionali di investimen­to che rispondano agli obiettivi di ripresa di ogni Stato membro, nel quadro della nuova strategia europea di sviluppo basata su Green Deal ed economia digitale.

I critici obiettano che le risorse arriverann­o solo nel 2021, ossia con troppo ritardo. L’obiezione dimostra un’incomprens­ione della strategia e della funzione del Rrf. Quest’ultimo non serve né per arginare il drammatico impatto economico-sociale del Covid-19, né per sostenere famiglie e imprese aiutandole a riavviare le loro attività (produzione e consumi). Come mostrano (pur se in forme non sempre ottimali) i tre decreti emanati dal governo italiano fra marzo e maggio, il primo obiettivo va affrontato con iniziative nazionali rese possibili dalla sospension­e dei vincoli fiscali europei e, nel breve termine, dai massicci interventi di acquisto di titoli pubblici sui mercati finanziari da parte della Bce. Per il secondo obiettivo, l’Ue ha attivato tre strumenti: il fondo Sure a sostegno dei lavoratori colpiti dalla crisi, gli interventi della Bei per fronteggia­re i fabbisogni di liquidità delle imprese nella fase di ripartenza, i prestiti Mes per finanziare spese direttamen­te o indirettam­ente connesse alla sanità. Per l’Italia, si tratta di circa 100 miliardi di euro disponibil­i a breve.

Le risorse di Next Generation Eu devono servire, invece, per sostenere la ripresa delle economie europee e per promuovere la convergenz­a verso i Paesi “forti” dell’Unione. Esse vanno quindi utilizzate per progetti e strumenti in grado di incidere sulle determinan­ti di fondo della capacità di crescita di ognuna delle economie europee, rafforzand­o in modo struttural­e la qualità e la quantità del capitale produttivo e le risorse umane del Paese e incentivan­do il concorso di capitali e risparmi privati. Next Generation Eu impegnerà, per molti decenni, la capacità fiscale di tutti gli Stati membri in proporzion­e alla loro dimensione; viceversa, distribuir­à una quota più che proporzion­ale delle risorse ai Paesi che ne hanno più bisogno. È quindi giusto che l’accesso nazionale a queste risorse sia subordinat­o a piani credibili ed efficaci, rigorosame­nte

IL VERO DANNO D’IMMAGINE SAREBBE DIRE NO AI TASSI DEL MES PER CONFUSE RAGIONI POLITICHE

finalizzat­i a una crescita struttural­e e sostenibil­e. Il fatto che le procedure di approvazio­ne richiedano qualche mese servirà a predisporr­e piani e progetti adeguati.

È un intervallo di tempo utile anche al nostro Paese, per definire i progetti specifici e gli strumenti attuativi necessari per ottenere e poi utilizzare al meglio la quota di risorse – oltre 150 miliardi di euro - che Next Generation Eu metterà a nostra disposizio­ne. La sfida è semmai di essere pronti a impegnare il 60% delle risorse entro il 2022 e il 40% residuo entro il 2024, pena la perdita delle relative tranche. Pertanto, invece di lamentarsi per la tempistica europea, sarebbe bene rimboccars­i le maniche e, consapevol­i dei tanti ritardi del passato, accelerare la definizion­e dei programmi operativi da presentare a Bruxelles e varare le riforme necessarie a rendere possibile una rapida “messa a terra” dei conseguent­i investimen­ti pubblici e privati, dalla P.A. alla giustizia, dagli appalti pubblici al fisco.

Nel frattempo, è essenziale utilizzare tutti e bene gli altri fondi che le istituzion­i europee hanno messo già a disposizio­ne dell’Italia. Compreso il varo in tempi rapidi di un piano di rafforzame­nto delle strutture sanitarie e di aiuto concreto alle imprese (da non vanificare con procedure discutibil­i come il click day) per sostenere i costi necessari a ristruttur­are gli amdi bienti di lavoro a fini di sicurezza sanitaria. Al riguardo, il Mes fornisce finanziame­nti senza altra condiziona­lità se non quella di destinazio­ne, consentend­o così di “liberare” risorse nazionali oggi destinate o da destinare alle strutture sanitarie.

Non ha fondamento l’obiezione che l’Italia subirebbe lo stigma dei mercati finanziari, se ricorresse al Mes a prescinder­e dalle scelte degli altri grandi Stati membri dell’euro area. Gli investitor­i internazio­nali capiscono bene che Paesi come la Germania e la Francia non hanno convenienz­a a indebitars­i allo 0,1% – il tasso dei prestiti Mes – se possono finanziars­i direttamen­te sul mercato primario a tassi negativi o nulli; e che altri Paesi come la Spagna sono in posizione di sostanzial­e indifferen­za, in quanto il divario (pure positivo) fra i tassi pagati sul mercato e quelli da corrispond­ere al Mes è compensato dalle spese amministra­tive richieste dall’utilizzo di una nuova fonte di finanziame­nto. Ciò non vale però per l’Italia: anche se approssima­tivo, basti il confronto fra i tassi corrispost­i sulle ultime emissioni di Btp, compreso il Btp Italia, e le condizioni del Mes. Agli occhi degli investitor­i lo stigma non consistere­bbe nell’utilizzare la fonte di finanziame­nto più convenient­e, ma nel non farlo per confuse ragioni “politiche”.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy