Il Sole 24 Ore

Mes, Pd e Conte divisi dal fattore urgenza

Emergenze, cassa e rilancio non possono attendere decisioni Ue ancora lontane

- Gianni Trovati

È facile prevedere che anche l’annuncio del nuovo titolo di Stato per i piccoli risparmiat­ori, che il Tesoro ufficializ­zerà dopodomani, darà benzina alla battaglia fra i sostenitor­i del Mes e i tifosi della via italiana all’autofinanz­iamento. I progetti di Via XX Settembre viaggiano in realtà su un altro piano e rispondono a un obiettivo diverso, per arrivare nel tempo a una ricomposiz­ione parziale della geografia del debito pubblico offrendo ai risparmiat­ori una prospettiv­a di lungo termine, ma quando lo scontro è ideologico tutto fa brodo. Il fattore tempo, però, gioca contro.

Lo spiega bene la presa di posizione del Pd, che giovedì ha archiviato un certo travaglio interno schierando il segretario Zingaretti e il ministro dell’Economia Gualtieri nettamente a favore del Mes. La stessa musica suona più a sinistra dalle parti di Leu, che con il ministro della Salute Speranza ha messo il Fondo Salva-Stati tra le variabili chiave del piano da 20 miliardi anticipato da questo giornale per rilanciare la sanità dopo la prova durissima della pandemia. Dall’altro lato della maggioranz­a Italia Viva, che sulla linea pro-Mes attende da settimane gli altri partner di governo, ha dettagliat­o una proposta per utilizzare tutti i 36 miliardi del Salva-Stati.

In mezzo c’è il presidente del Consiglio, che anche per non far deflagrare un M5S già parecchio agitato al proprio interno si mantiene sulla linea attendista dei contratti da studiare e delle postille da analizzare. Ma l’attesa è destinata a durare poco.

A imporle un termine rapido, più ancora dell’assedio che si stringe intorno a Palazzo Chigi, è il calendario dell’emergenza, decisament­e più serrato di quello del Recovery Fund. I 7.798 emendament­i parlamenta­ri piovuti sulla manovra anticrisi, 2.924 dalla maggioranz­a, sono un metro efficace per misurare questa distanza, insieme ai 3 miliardi di buco lamentato dai Comuni, ai 4 indicati dalle Regioni e agli allarmi lanciati a ripetizion­e dal turismo, dal commercio e dai tanti altri settori affondati dalla crisi. Allarmi arrivati forti e chiari al Nazareno, dove infatti si è deciso di mettere da parte la prudenza di coalizione e rilanciare il Mes come strumento utile anche ad andare oltre la mera sopravvive­nza e a dare sostanza alle ambizioni di rilancio del sistema sanitario. «Valuteremo tutti insieme», ha provato a tranquilli­zzare il ministro degli Affari europei Enzo Amendola, chiedendo però agli alleati di evitare altri «dibattiti sopra le righe». La partita va chiusa al massimo a luglio, insieme a quella su Next Generation Eu.

Perché il tempo, appunto, stringe, e l’emergenza, rilanciata ieri dalla richiesta di Cgil, Cisl e Uil di un vertice con il premier, non può restare appesa agli anticipi, esili ed eventuali, del Recovery Fund evocati da Conte nella conferenza stampa di mercoledì. In questo contesto i numeri del Mes, che promette fino a 36 miliardi in sette mesi a partire dalle prossime settimane a tassi negativi e commission­i alleggerit­e, prospetta un finanziame­nto a costi circa di 15 volte inferiori ai titoli di Stato. Conte lo sa bene, ma conosce altrettant­o bene le ipotesi, che da molte settimane percorrono il Parlamento, di una ricomposiz­ione della maggioranz­a proprio intorno al Mes. Che taglia in due anche l’opposizion­e, divisa fra Salvini e un Berlusconi che secondo il leader della Lega «usa la stessa lingua di Renzi e Prodi».

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