La Xylella avanza, aiuti ancora fermi
Un anno fa la promessa di 300 milioni di fondi: ora il primo bando di 35 Ai frantoi previsti rimborsi di soli 4,5 euro per ogni quintale di prodotto perso
Nel 2014, quando la Xylella arrivò per la prima volta nei suoi terreni del Salento, Mimino Primiceri aveva 70mila ulivi. « Sa quanti ne ho persi, da allora? Il 100% » , tuona. Due anni fa aveva persino pensato di trasferirsi in Marocco, a produrre l’olio. Poi si è rimboccato le maniche, ha espiantato gli ulivi disseccati e ha reimpiantato i primi quattro ettari con il leccino e la favolosa, che ad oggi sono le uniche due varietà resistenti al batterio. Per finanziare tutto questo, Primiceri ha sottoscritto diversi mutui: «Perché l’altro dato di fatto - dice - è che qui, per la Xylella, non abbiamo ancora visto un euro » .
È di pochi giorni fa l’annuncio che il batterio che uccide gli ulivi per la prima volta, dopo Lecce e Brindisi, è arrivato fino alla provincia di Bari. Ma se l’infezione avanza, altrettanto non fanno i fondi a sostegno degli agricoltori colpiti. Il primo stanziamento organico, quello di 300 milioni di euro annunciato in pompa magna dall’allora ministro dell’Agricoltura Gianmarco Centinaio, risale a marzo del 2019. A più di un anno di distanza, però, la stragrande maggioranza di quei fondi è ancora in attesa dei bandi attuativi.
La Coldiretti, insieme alle altre principali associazioni degli agricoltori, ha ricevuto giusto questa settimana la prima bozza del bando della Regione Puglia per l’assegnazione dei finanziamenti per la rigenerazione dei terreni, per il reimpianto, per la salvaguardia degli ulivi monumentali e per la diversificazione delle coltivazioni. Ma per passare dalla bozza alla presentazione delle domande da parte degli agricoltori colpiti potrebbe non bastare quest’anno.
L’unico bando pronto è quello per la tranche dei 35 milioni di euro destinati ai frantoi, che è gestito dall’Agea e per il quale sarà possibile fare domanda a partire dal primo di luglio. Per gli oleifici, il rimborso per la produzione persa viene calcolato sulla media di quanto veniva prodotto nel 2012/ 2013, cioè l’ultima annata piena prima dell’arrivo della Xylella. « Ci siamo fatti due conti, a noi spetteranno 4,5 euro di riborso per ogni quintale perso. Con questi soldi, non ci ripago nemmeno i costi di pulitura e di sanificazione dei frantoi col bicarbonato » , racconta Michele Doria, presidente della cooperativa S. Anna di Vernole, in provincia di Lecce. Un oleificio pluripremiato all’estero, il suo. Che nel 2013 produceva 33mila quintali di olio all’anno e ora ne fa solo 12mila al massimo. « Di ulivi però i nostri soci ne hanno persi più di un milione - dice - l’ 80% di quelli che avevano » .
In sei anni in Puglia, ricorda la Coldiretti, la Xylella ha seccato 21 milioni di ulivi e ha fatto 1,6 miliardi di danni. E molte aziende agricole che producevano olive hanno chiuso i battenti. In tutto questo tempo qualche risarcimento agli imprenditori è arrivato, ma si tratta di briciole: « Ci sono stati i fondi del Psr pugliese - racconta Anna Rufolo, della Cia Agricoltori italiani - una parte del fondo di solidarietà nazionale e alcune risorse per il rimpianto». Ma messi tutti insieme, questi soldi ammontano a nenanche un decimo dei 300 milioni stanziati in maniera organica l’anno scorso. I quali, peraltro sono ancora di là da arrivare.
E la ricerca? Va avanti, certo. Ma siamo ancora lontani dal trovare un rimedio che sconfigga definitivamente questa malattia. « Lavoriamo alla ricerca di un antagonista - racconta Donato Boscia, ricercatore dell’Istituto per la protezione sostenibile delle piante del Cnr, in prima fila nella battaglia all’infezione - c’è un batterio negli Usa che sembra promettente nel contrastare la Xylella sulle piante di vite americana, e che pare in grado di colonizzare anche l’ulivo, ma non è ancora il caso di farsi delle aspettative » .
Tutto quello che oggi si può fare è dunque solo un’azione di contenimento, per frenare la diffusione del batterio e dell’insetto - la sputacchina - che lo trasmette da una pianta all’altra: pesticidi, interventi meccanici sul terreno, monitoraggio precoce degli alberi infetti, eradicazione di quelli malati. « Contiamo però di lanciare entro fine anno nuove varietà di ulivi resistenti - promette Boscia - che si andranno ad aggiungere al leccino e alla favolosa e aumenteranno la biodiversità nei campi » .
Intanto, gli ulivicoltori della Puglia chiedono di fare presto e sono alle stremo. « A febbraio eravamo pronti a fare lo sciopero della fame » , ammette Mimino Primiceri, che è stato tra gli organizzatori dei Gilet arancioni: non quelli di piazza del Duomo a Milano, sia chiaro, ma quelli nati fra gli agricoltori pugliesi che l’anno scorso erano scesi in strada a chiedere l’aiuto del governo per i danni da Xylella. « Avevamo già preso le tende - dice - poi è arrivato il coronavirus... » .