I tempi del purpose, per le imprese è una strada obbligata
Non si tratta di un processo immediato. L’emergenza Covid però inevitabilmente finisce per fare da acceleratore in una dinamica resa ancora più evidente in tempi come quelli che ci troviamo a vivere, in cui si leccano le ferite (e si continuerà a farlo ancora a lungo) di un lockdown che ha portato a interrompere le consuete dinamiche di acquisto, tenendo la gente lontano dai negozi e dalle marche.
È in questa fase che la comunicazione in grado di far leva sulla brand purpose, sulla ragion d’essere e sui valori delle marche, sta assumendo sempre di più le vesti di plus strategico, quasi una conditio sine qua non per consentire ai brand di giocare la propria partita su un mercato fatto di consumatori che chiedono una relazione in grado di andare oltre il semplice binomio qualità-prezzo. «Dal nostro punto di vista di associazione che riunisce le marche e che dialoga con loro continuativamente, la nostra indagine ci conferma quanto il brand purpose sia destinato a diventare sempre più rilevante, ponendosi alla stregua di una grande sfida competitiva nel campo della comunicazione», spiega Vittorio Meloni, direttore di Upa. L’associazione delle aziende che investono in pubblicità ha condotto, insieme con la School of management del Politecnico di Milano, l’indagine “«Branding e-volution», Sezione Covid-19 e Brand Purpose: la parola ai Marketer”.
L’indagine, iniziata in autunno, è nata quindi «in un momento precedente la pandemia – sottolinea Meloni – in cui si puntava a misurare il cambiamento impresso dal digitale alla comunicazione di marca che sta vivendo una fase di trasformazione anche fatta di contraddizioni». L’idea guida di capire quanto fosse cresciuta in questa fase la propensione delle marche a investire su se stesse e andare oltre la comunicazione commerciale in senso stretto ha poi trovato nella pandemia un propulsore.
E così, dai risultati dell’indagine si vede che per l’86% dei rispondenti l’importanza degli investimenti nella brand purpose in seguito all’emergenza Covid 19 è aumentata (39%) o rimasta invariata (47%). Il tutto nel quadro di un’evoluzione della situazione che sul versante degli investimenti pubblicitari non può che essere vista con una certa preoccupazione: solo il 9% delle aziende interpellate prevede un 2020 con investimenti in aumento fra 0 e 10%, con un 21% che immagina un effetto nullo del Covid. Per tutto il resto della platea si parla di una flessione che per il 30% si attesterà in una forchetta compresa fra il 10 e il 30% e per un 20% addirittura fra il 30 e il 50% degli investimenti.
La ricerca Upa-Politecnico di Milano evidenzia quali siano i settori che l’emergenza ha reso più consapevoli dell’importanza degli investimenti in brand purpose. In questo caso il settore delle Tlc è quello in cui la tematica fa l’en plein: 100% delle aziende. Bancario e assicurativo; automotive; farmaceutico e medicale sono gli altri settori in cui le aziende in misura maggiore valutano come importanti gli investimenti in brand purpose (percentuali sopra il 40%).
Ma con quali modalità in questo periodo di emergenza Covid sono state attivate queste iniziative di brand purpose? Qui la ricerca evidenzia un risultato tutt’altro da dare per scontato e che sicuramente marca una distanza fra il periodo precedente e quello successivo all’emergenza coronavirus. La voce più consistente, infatti, è quella delle campagne dedicate “paid” (79%). Con le risposte multiple si arriva poi ad avere, a seguire, le iniziative portate avanti con gli “owned media” (61%) e le donazioni (48%). Ma il mettere mano al portafogli per investimenti nel paid segna certamente una distanza con il passato, che andrà testata nei prossimi mesi ma che è novità di non poco conto.
Covid (52%) e tutela degli anziani (39%) rappresentano le tematiche sulle quali si sono più innestate le iniziative di brand purpose. La terza voce nel ranking però è rappresentata dalla lotta a xenofobia e razzismo (32%), a indicazione di un effetto osmosi che dall’emergenza Covid si sposta su temi in grado di dare valore alla marca.
Su che cosa ci si concentrerà ora in questa fase 3 dell’emergenza e in quelle a venire? La tutela sanitaria sarà centrale (43%), ma a seguire c’è la lotta all’omofobia e sostegno Lgbt+ (35%), prima di tutela degli anziani (26%) e tutela dei dipendenti ( 21%).
«Veniamo purtroppo da un periodo contrassegnato dall’impoverimento delle strategie di marketing delle imprese italiane, focalizzate su indicatori di breve periodo, perdendo di vista l’assoluta importanza della dimensione brand e di quanto comunicare i valori del brand permetta di occupare uno spazio positivio nella mente delle persone, cosa che rappresenta inevitabilmente il presupposto per l’orientamento nelle proprie scelte di acquisto», spiega Giuliano Noci, ordinario di Strategie e Marketing del Politecnico di Milano. «Peraltro costruire una marca oggi, ancora di più nel post Covid, richiede di gestire al meglio relazione con l’individuo consumatore».