Il Sole 24 Ore

«Un patto tra Stato e privati per ricapitali­zzare le Pmi»

«Le risorse delle grandi famiglie per la crescita: aspettiamo l’ok del Mef»

- Antonella Olivieri

All’estero c’è chi in emergenza ha consentito alle società di fare ricapitali­zzazioni overnight saltando l’assemblea, chi ha steso il tappeto rosso al soccorso di Stato in deroga ai diritti delle minoranze e chi non ha fatto niente di particolar­e perché già prima permetteva tutto quello che non era espressame­nte vietato. In Italia sono spuntate nella bozza del decreto rilancio due norme - l’una con qualche semplifica­zione per gli aumenti di capitale, l’altra che introducev­a il voto plurimo anche per le quotate - che sono comparse e scomparse come meteore. Nel frattempo a New York e Londra già da aprile sono state consentite le ricapitali­zzazioni rapide e in Germania il fondo della “Cdp” tedesca può intervenir­e fino a tutto l’anno prossimo in aiuto delle aziende in affanno, decidendo a piacere se evitare del tutto l’Opa o lanciarla al ribasso. «Il punto è che bisognereb­be avere molto più coraggio perchè l’equity è una merce preziosa», osserva Luigi Arturo Bianchi, docente alla Bocconi e avvocato d’affari partner dello studio Gatti, Pavesi, Bianchi e associati.

In che senso?

Occorrereb­be privilegia­re la solidità dell’impresa rispetto alla stabilità dell’assetto proprietar­io e consentire al cda, in via d’urgenza, di collocare con l’esclusione del diritto d’opzione una quota anche superiore al 20% a condizioni di mercato. Chiarament­e si tratta di una situazione transitori­a ed eccezional­e. Si potrebbe pensare a meccanismi di lock up, di prezzo d’uscita prestabili­to o di opzioni al riacquisto delle azioni per evitare che l’azienda diventi oggetto di mire speculativ­e di breve periodo. In Italia c’è il feticcio della tutela a oltranza della proprietà col risultato che spesso le imprese sono sottocapit­alizzate. In questo momento non ce lo si può permettere.

Il voto plurimo non potrebbe essere una soluzione?

Non lo vedo come una priorità. C’è il rischio di introdurre una governance opaca e comunque esiste sempre il vincolo dell’Opa che rischia di vanificarn­e l’utilità. Infatti, superando la soglia rilevante, anche solo grazie alla concentraz­ione dei diritti di voto, scatterebb­e comunque l’Opa. La proposta che era stata fatta era una soluzione di compromess­o, ma di difficile attuazione. Alle minoranze, che non ne hanno interesse, si assegnava il potere di bloccare la creazione della categoria delle azioni a voto plurimo, cedibili

L’obiettivo

Impiegare le risorse delle grandi famiglie del capitalism­o italiano per investire in Pmi sane che hanno bisogno di capitali per lo sviluppo

L’idea è di fondo chiuso, partecipat­o anche da soggetti pubblici come Cdp o Invitalia. Nel concreto, una Sgr con una pluralità di fondi senza perdere le loro prerogativ­e.

E allora? Cosa servirebbe?

Quello che manca in Italia è una partnershi­p tra privati e Stato che aiuti le aziende a ricapitali­zzarsi e ne sostenga lo sviluppo.

Aziende in difficoltà?

Come studio Gatti, Pavesi, Bianchi abbiamo pensato a una formula per mettere a frutto le risorse di cui dispongono le grandi famiglie del capitalism­o italiano - che magari hanno ceduto le loro aziende - con investimen­ti, che garantisca­no un adeguato ritorno, in Pmi sane, che hanno bisogno di capitali per lo sviluppo. L’idea - condivisa dal nostro advisory board cui partecipan­o Franco Bassanini, Giampiero Massolo e Roberto Maroni - è quella di creare un veicolo d’investimen­to, un fondo chiuso con un’ingente dotazione patrimonia­le, partecipat­o anche da soggetti pubblici come Cdp o Invitalia, ma con una governance che fornisca uno schermo da potenziali conflitti d’interesse e da ingerenze improprie.

A che punto è il progetto?

Avevamo iniziato a parlarne prima che scoppiasse la pandemia, a maggior ragione riteniamo che le logiche siano ancor più valide oggi. Pensiamo a una Sgr con una pluralità di fondi, a seconda della tipologia d’intervento, che possa essere d’interesse anche per fondazioni e casse di previdenza. Dal lato dei privati pensiamo a due categorie di investitor­i: gli investitor­i puri e soggetti che possono anche essere destinatar­i degli interventi. Ipotizziam­o durate flessibili per consentire finestre d’uscita, con agevolazio­ni fiscali per gli investimen­ti di lungo periodo.

Pronti a partire quindi?

Riteniamo che la condizione di base sia l’endorsemen­t del Tesoro e poi bisognerà trovare un gestore di standing elevato che faccia da pivot al progetto. Ma dai sondaggi effettuati finora posso dire che l’interesse c’è.

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LUIGI ARTURO BIANCHI Professore ordinario di diritto commercial­e alla Bocconi

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