«Un patto tra Stato e privati per ricapitalizzare le Pmi»
«Le risorse delle grandi famiglie per la crescita: aspettiamo l’ok del Mef»
All’estero c’è chi in emergenza ha consentito alle società di fare ricapitalizzazioni overnight saltando l’assemblea, chi ha steso il tappeto rosso al soccorso di Stato in deroga ai diritti delle minoranze e chi non ha fatto niente di particolare perché già prima permetteva tutto quello che non era espressamente vietato. In Italia sono spuntate nella bozza del decreto rilancio due norme - l’una con qualche semplificazione per gli aumenti di capitale, l’altra che introduceva il voto plurimo anche per le quotate - che sono comparse e scomparse come meteore. Nel frattempo a New York e Londra già da aprile sono state consentite le ricapitalizzazioni rapide e in Germania il fondo della “Cdp” tedesca può intervenire fino a tutto l’anno prossimo in aiuto delle aziende in affanno, decidendo a piacere se evitare del tutto l’Opa o lanciarla al ribasso. «Il punto è che bisognerebbe avere molto più coraggio perchè l’equity è una merce preziosa», osserva Luigi Arturo Bianchi, docente alla Bocconi e avvocato d’affari partner dello studio Gatti, Pavesi, Bianchi e associati.
In che senso?
Occorrerebbe privilegiare la solidità dell’impresa rispetto alla stabilità dell’assetto proprietario e consentire al cda, in via d’urgenza, di collocare con l’esclusione del diritto d’opzione una quota anche superiore al 20% a condizioni di mercato. Chiaramente si tratta di una situazione transitoria ed eccezionale. Si potrebbe pensare a meccanismi di lock up, di prezzo d’uscita prestabilito o di opzioni al riacquisto delle azioni per evitare che l’azienda diventi oggetto di mire speculative di breve periodo. In Italia c’è il feticcio della tutela a oltranza della proprietà col risultato che spesso le imprese sono sottocapitalizzate. In questo momento non ce lo si può permettere.
Il voto plurimo non potrebbe essere una soluzione?
Non lo vedo come una priorità. C’è il rischio di introdurre una governance opaca e comunque esiste sempre il vincolo dell’Opa che rischia di vanificarne l’utilità. Infatti, superando la soglia rilevante, anche solo grazie alla concentrazione dei diritti di voto, scatterebbe comunque l’Opa. La proposta che era stata fatta era una soluzione di compromesso, ma di difficile attuazione. Alle minoranze, che non ne hanno interesse, si assegnava il potere di bloccare la creazione della categoria delle azioni a voto plurimo, cedibili
L’obiettivo
Impiegare le risorse delle grandi famiglie del capitalismo italiano per investire in Pmi sane che hanno bisogno di capitali per lo sviluppo
L’idea è di fondo chiuso, partecipato anche da soggetti pubblici come Cdp o Invitalia. Nel concreto, una Sgr con una pluralità di fondi senza perdere le loro prerogative.
E allora? Cosa servirebbe?
Quello che manca in Italia è una partnership tra privati e Stato che aiuti le aziende a ricapitalizzarsi e ne sostenga lo sviluppo.
Aziende in difficoltà?
Come studio Gatti, Pavesi, Bianchi abbiamo pensato a una formula per mettere a frutto le risorse di cui dispongono le grandi famiglie del capitalismo italiano - che magari hanno ceduto le loro aziende - con investimenti, che garantiscano un adeguato ritorno, in Pmi sane, che hanno bisogno di capitali per lo sviluppo. L’idea - condivisa dal nostro advisory board cui partecipano Franco Bassanini, Giampiero Massolo e Roberto Maroni - è quella di creare un veicolo d’investimento, un fondo chiuso con un’ingente dotazione patrimoniale, partecipato anche da soggetti pubblici come Cdp o Invitalia, ma con una governance che fornisca uno schermo da potenziali conflitti d’interesse e da ingerenze improprie.
A che punto è il progetto?
Avevamo iniziato a parlarne prima che scoppiasse la pandemia, a maggior ragione riteniamo che le logiche siano ancor più valide oggi. Pensiamo a una Sgr con una pluralità di fondi, a seconda della tipologia d’intervento, che possa essere d’interesse anche per fondazioni e casse di previdenza. Dal lato dei privati pensiamo a due categorie di investitori: gli investitori puri e soggetti che possono anche essere destinatari degli interventi. Ipotizziamo durate flessibili per consentire finestre d’uscita, con agevolazioni fiscali per gli investimenti di lungo periodo.
Pronti a partire quindi?
Riteniamo che la condizione di base sia l’endorsement del Tesoro e poi bisognerà trovare un gestore di standing elevato che faccia da pivot al progetto. Ma dai sondaggi effettuati finora posso dire che l’interesse c’è.