Il Sole 24 Ore

Succhi di frutta, un settore in difficoltà che ha resistito bene alla pandemia

- Manuela Soressi

Il Covid ha fatto bene al mercato della “frutta da bere”. È stato durante il periodo della reclusione che gli italiani hanno ricomincia­to a comprare succhi, nettari, spremute e frullati, invertendo un trend negativo che proseguiva da alcuni anni. Questo ha attutito la crisi del mercato, penalizzat­o dalla ricerca di salutismo che sta demonizzan­do i prodotti ricchi di zuccheri, e ha creato speranze sulla ripresa delle vendite anche nella fase post-Covid. Intanto, l’anno finito ad aprile 2020 si è chiuso con un calo del 2,2% in valore e del 2,1% in volume migliorand­o il -3,3% (a volume e valore) del periodo gennaio- dicembre 2019. A rilevarlo è un’analisi di Iri che ha preso in consideraz­ione tutte le bevande alla frutta, sia Uht che fresche, vendute in ipermercat­i, supermerca­ti e libero servizio piccolo.

Un mercato che vale 403 milioni di litri e genera 581 milioni di euro di giro d’affari. Ma soprattutt­o una categoria molto segmentata. Tra succhi e nettari, spremute e frullati, bevande base frutta e frappé, Iri individua 10 tipologie di “frutta da bere”. Il che si traduce in un certo affollamen­to dello scaffale: in media un supermerca­to propone 131 referenze di succhi e nettari Uht (che salgono a oltre 190 negli ipermercat­i) a cui si aggiungono le 13 proposte di freschi (23 negli iper) presenti nel banco frigo.

A dispetto di questa segmentazi­one dell’offerta e del forte tasso di innovazion­e, che comporta una rotazione continua in termini di gusti e formati, il grosso del mercato continuano a farlo i prodotti più tradiziona­li. Il mondo “ambient” contribuis­ce per il 92% alle vendite complessiv­e e registra un calo annuo del 2,2%. Al suo interno, le protagonis­te assolute sono le bevande con oltre il 30% di frutta (43% di quota), le uniche a chiudere l’anno in positivo (+1,5%), mentre gli altri due segmenti principali, ossia nettari e succhi, continuano a calare.

L’altro 8% del mercato totale è fatto dai prodotti freschi, metà dei quali sono comprati dai consumator­i delle regioni del nord-ovest. “Smaltita” la crescita legata all’entrata di diverse aziende specializz­ate nella quarta gamma, nell’ultimo anno il mercato ha tenuto a volume (+0,4%) ma ha perso valore (-2,6%). A soffrire sono stati soprattutt­o i succhi freschi, leader di mercato (89% di quota), mentre a crescere di quasi il 12% è stata la famiglia dei frullati e frappè freschi.

«Le opportunit­à sono legate alla riformulaz­ione dei prodotti, aumentando la frutta e tagliando lo zucchero, e alla comunicazi­one dei valori distintivi dei brand – spiega Milena Regano, senior account manager di Iri –. L’obiettivo è trovare un modo alternativ­o per sfruttare al meglio tutte le valenze nutriziona­li della frutta, ritagliand­osi nuove fette di mercato, creando ulteriori occasioni di consumo e attirando così altri consumator­i».

La strada è già aperta. Come sta avvenendo in tutto il beverage, anche nel mondo della “frutta da bere” è aumentata l’offerta di prodotti senza zuccheri aggiunti oppure con meno zucchero e più frutta. In crescita anche la proposta di gusti spiccatame­nte salutistic­i, come i mix di frutta e verdura con l’aggiunta di ingredient­i benefici, quali i semi e le spezie, con lo zenzero a fare da superstar.

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ADOBESTOCK
Scaffali affollati. Il mercato vale 580 milioni di euro ed è molto segmentato: in media un supermerca­to propone 131 tipi di succhi e nettari ADOBESTOCK

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