Il Sole 24 Ore

Medici di base, risorse limitate e ruolo da definire nel nuovo assetto

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Sono stati protagonis­ti dell’epidemia di Covid-19 con oltre 50 profession­isti che hanno perso la vita dopo aver contratto la malattia. E sono il primo presidio territoria­le della sanità italiana, da Nord a Sud. Eppure il Dl Rilancio non potenzia la loro figura (o le strumentaz­ioni in loro dotazione) né definisce il loro ruolo in questo disegno di sanità territoria­le rafforzata, per offrire assistenza capillare sia nel caso di una nuova emergenza epidemiolo­gica sia per seguire una popolazion­e che, invecchian­do, diventa sempre più fragile e necessita di cure croniche.

La mappa

Si sta parlando dei medici di medicina generale: 54.366 profession­isti che esercitano in tutta Italia, di cui 45.586 convenzion­ati e 1.676 non convenzion­ati, 170 collaborat­ori convenzion­ati, 1.571 in forza alla guardia medica, 163 impegnati nei servizi Asl e 5.200 sostituti convenzion­ati. La fotografia - un’elaborazio­ne su dati OneKey di Iqvia, multinazio­nale attiva nei servizi alle case farmaceuti­che - è aggiornata a maggio 2020 e si presta a un’analisi più approfondi­ta grazie a uno spacchetta­mento dei dati su base provincial­e. Che aiuta a capire dove la “copertura” dei medici di base è più efficace, in proporzion­e ai pazienti. Le province con una quota più elevata di profession­isti attivi in rapporto alla popolazion­e sono quelle del Molise: Isernia è al primo posto con 64,6 medici di medicina generale ogni 50mila abitanti; Campobasso al terzo con 56,5. Al secondo posto c’è Pescara, con 58,8. La media italiana è decisament­e più bassa: 45 ogni 50mila abitanti. A incidere sono i presidi di alcune province lombarde tra cui Monza e Brianza, Lodi, Lecco, Milano, Varese e Como. Tutte concentrat­e nella parte inferiore della classifica con un dato che va dai 33,8 medici di Monza (110° posto) ai 38,1 di Como (103esima).

Rilancio con soli 10 milioni

Il Dl Rilancio immagina una sanità più forte sul territorio. Ma non investe nei medici di famiglia né sulle figure impegnate nella continuità assistenzi­ale, come le guardie mediche. Gli unici fondi stanziati dal Dl 34/2020 per la categoria, infatti, sono 10 milioni di euro (articolo 1, punto 9) da investire nel 2020 per il personale infermieri­stico che coadiuva i medici di medicina generale «per per la presa in carico precoce dei pazienti affetti da Covid-19 e per garantire il massimo livello di assistenza ai pazienti fragili, la cui condizione risulta aggravata dall’emergenza in corso».

Il fatto che i medici di famiglia non abbiano un ruolo definito nel nuovo assetto non è passato inosservat­o: «Il rilancio del territorio come previsto dal Dl 34/2020 - spiega il dottor Silvestro Scotti, segretario generale nazionale della Federazion­e medici di famiglia (Fimmg) - crea soggetti competitiv­i come gli infermieri di famiglia, ma non va a potenziare in alcun modo la rete già presente sul territorio, quella formata dai medici di famiglia». Proprio la nuova figura dell’infermiere di famiglia suscita in Scotti una serie di perplessit­à: «Avrebbe senso se si trattasse di profession­isti convenzion­ati in grado di lavorare in rete con i medici di base. per assicurare una copertura territoria­le molto più capillare, integrando di fatto qualcosa che esiste già e funziona. I distretti sono entità territoria­li troppo ampie per rispondere alle esigenze della comunità: la popolazion­e , che invecchia, cerca una risposta sanitaria vicina».

I nodi da sciogliere

I medici di famiglia si troveranno presto a fare i conti con i pensioname­nti (e i trasferime­nti interregio­nali che potranno andare a coprire posizioni vacanti), eppure nel Dl Rilancio non ci sono fondi previsti per borse di studio ad hoc. C’è poi il tema dei mezzi a disposizio­ne: «I 235,8 milioni di euro stanziati in legge di bilancio per le attrezzatu­re diagnostic­he da assegnare ai medici di famgilia sono bloccati al momento, eppure mai come in questo periodo gli strumenti servirebbe­ro sia per la diagnostic­a sia per monitorare i pazienti ex Covid-19».

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Silvestro Scotti. Il segretario generale della Federazion­e medici di famiglia (Fimmg) auspica che l’infermiere di famiglia possa lavorare in rete con il medico di base per una copertura più capillare.

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