Il Covid non incide sugli ammortamenti
Sono ammesse solo le interruzioni definitive, non le sospensioni a tempo Nessuna conseguenza contabile per i cespiti non utilizzati causa lockdown
In seguito alla riduzione dell’attività produttiva causata dall’emergenza Covid-19, è possibile ridurre gli ammortamenti nel bilancio 2020 e, di conseguenza, migliorare un conto economico deficitario? Il quesito, piuttosto ricorrente, trova soluzione nei principi contabili già in vigore.
Interruzione definitiva
Il principio contabile Oic 16 non consente una riduzione solo temporanea dell’ammortamento, ad esempio in proporzione al periodo in cui l’impresa è stata chiusa per il lockdown o ha comunque rallentato l’attività.
Prima delle modifiche apportate nel 2014, questo principio prevedeva la possibilità di sospendere l’ammortamento per i cespiti non utilizzati per lungo tempo nel processo produttivo. Ma l’attuale versione tratta prevalentemente casi di interruzione “definitiva” dell’ammortamento.
Inoltre, l’ammortamento va interrotto se, dopo l’aggiornamento della stima, il presumibile valore residuo risulta pari o superiore al valore netto contabile. Per i cespiti “obsoleti”, che non saranno più utilizzati o utilizzabili nel ciclo produttivo, si applica la disciplina di quelli destinati alla vendita, con interruzione dell’ammortamento e valutazione al minore tra il valore netto contabile e il valore di realizzo. Invece, per i cespiti solo temporaneamente inutilizzati l’ammortamento continua a essere calcolato, come previsto dal paragrafo 57 dell’Oic 16.
L’eliminazione della previsione secondo cui l’ammortamento andava sospeso per i cespiti non utilizzati per lungo tempo deriva dalla considerazione che, in tale lasso temporale, il bene è pur sempre soggetto a obsolescenza tecnica ed economica. Anzi, a volte occorre porsi anche il problema della possibile svalutazione (paragrafo 73 e principio Oic 9).
Vita utile e durata «economica»
L’unico modo per ridurre l’incidenza in bilancio è dunque quello di rivedere – nel caso – la vita utile del cespite e, di conseguenza, il periodo di ammortamento. In sostanza, occorre dimostrare che, a causa del periodo di inattività e/o del minor utilizzo, risulta incrementata la residua possibilità di utilizzo del bene.
Se si verifica un mutamento della residua possibilità di utilizzo del cespite, i principi contabili stabiliscono che il piano di ammortamento dev’essere modificato, in modo tale che il valore contabile dell’immobilizzazione al tempo di tale cambiamento (ovvero il valore originario al netto degli ammortamenti fino a quel momento effettuati) sia ripartito sulla nuova vita utile residua del cespite (Oic 16, paragrafo 70).
La residua possibilità di utilizzazione non è legata tanto alla “durata fisica” del cespite, quanto alla sua “durata economica”, cioè al periodo in cui si prevede che il cespite sarà utile all’impresa (Oic 16, par. 63).
La durata di tale periodo è influenzata da vari elementi, tra i quali anche: il grado di utilizzo; il deterioramento fisico legato al trascorrere del tempo; le condizioni di utilizzo, quali i turni di produzione; i luoghi di utilizzo (aperti o chiusi, umidi o asciutti); le politiche di manutenzione e riparazione (un’inadeguata manutenzione può ridurre la durata economica del cespite, mentre una manutenzione diligente può prolungarla). La contrazione del fatturato non è, invece, di per sé, una giustificazione della revisione della vita utile degli impianti di produzione.
Il cambiamento della vita utile dei cespiti per avvenuti mutamenti nelle condizioni originarie di stima, come precisato dall’Oic 16 (par. 68), è un cambiamento di stima contabile e non un cambiamento di principio contabile. Anche l’Oic 29 (par. 38) indica, quale ipotesi di cambiamento di stima, il caso della rideterminazione della vita utile residua di un cespite. In tal caso, la modifica delle aliquote di ammortamento non deve comportare alcun effetto sui bilanci degli anni precedenti, ma solo su quelli futuri.
A livello di informativa, la modifica del piano di ammortamento dev’essere motivata in nota integrativa, (articolo 2426, numero 2, Codice civile), per consentire al lettore una migliore comprensione del bilancio e assicurare il confronto con l’andamento dell’esercizio precedente. Il principio contabile Oic 29 ritiene necessario che siano indicati in nota integrativa le ragioni e gli effetti del cambiamento, nonché – se ragionevolmente stimabile – anche la relativa incidenza fiscale.