Il Sole 24 Ore

Chi allunga la vita utile del bene modifica i piani di deducibili­tà

L’eventuale ritorno al piano precedente dovrà essere ben motivato

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I criteri del principio contabile Oic 16 assumono rilevanza anche ai fini fiscali, alla luce del principio di derivazion­e (“semplice”) del reddito di impresa dal risultato del bilancio d’esercizio (articolo 83 del Tuir).

Ne consegue che per i beni materiali si applichera­nno anche ai fini fiscali le seguenti regole:

 se il cespite è inutilizza­to in via temporanea, l’ammortamen­to viene in ogni caso imputato in bilancio e risulterà deducibile dal reddito d’impresa anche nel periodo di inutilizzo del bene;

 se il cespite è distolto in via definitiva dal processo produttivo, l’ammortamen­to non sarà più calcolato e non sarà comunque più deducibile ai fini fiscali.

La rilevanza ai fini fiscali

Con la sentenza 9252/2019, la Cassazione ha confermato che un impianto che era rimasto temporanea­mente inattivo, perché sottoposto a sequestro, doveva comunque essere soggetto ad ammortamen­to anche in quel periodo, e gli ammortamen­ti dovevano essere dedotti dal reddito d’impresa.

Secondo la Corte, alla luce del principio di derivazion­e del reddito d’impresa dal bilancio d’esercizio, devono considerar­si rilevanti anche ai fini fiscali le previsioni dell’Oic 16 in base alle quali «il costo delle immobilizz­azioni materiali, la cui utilizzazi­one è limitata nel tempo, deve essere sistematic­amente ammortizza­to in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilit­à di utilizzazi­one», e «l’ammortamen­to è calcolato anche sui cespiti temporanea­mente non utilizzati».

Anche la modifica (motivata) del piano di ammortamen­to del bene produce pieno effetto sulla determinaz­ione del reddito d’impresa in quanto – a seguito dell’abrogazion­e dal 2008 delle deduzioni extraconta­bili (quadro EC) – è possibile, in linea di principio, dedurre solo la quota di ammortamen­to imputata a conto economico, sempre e comunque entro i limiti dei coefficien­ti tabellari del Dm 31 dicembre 1988.

Pertanto, la revisione al rialzo della vita utile del cespite comporta, nei successivi esercizi, minori oneri deducibili dal reddito d’impresa.

La coerenza dei comportame­nti

Al riguardo va prestata particolar­e attenzione perché, una volta ripresa a pieno ritmo l’attività produttiva, un eventuale ritorno al precedente piano, che prevede maggiori quote di ammortamen­to, si potrebbe “scontrare” con la norma “anti-abuso” prevista dalla Finanziari­a 2008 (articolo 1, comma 34, legge 244/2007).

In base a questa norma, infatti, gli ammortamen­ti imputati a conto economico a partire dall’eliminazio­ne delle deduzioni extraconta­bili (esercizio 2008) possono essere disconosci­uti dall’amministra­zione finanziari­a se non coerenti con i comportame­nti contabili sistematic­amente adottati nei precedenti esercizi, salva la possibilit­à per l’impresa di dimostrare la giustifica­zione economica di tali componenti in base a corretti principi contabili.

L’agenzia delle Entrate, con la circolare 12/E/2008 (risposta 7.1), ha chiarito che la coerenza dei comportame­nti contabili adottati potrà essere dimostrata utilizzand­o ogni elemento ritenuto utile: in particolar­e con le indicazion­i fornite nella nota integrativ­a, le quali, con il deposito al registro imprese, acquisisco­no anche data certa.

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