Il Sole 24 Ore

No all’abuso della clausola generale di decadenza

Il principio simul stabunt simul cadent non boccia un solo amministra­tore

- Angelo Busani Elisabetta Smaniotto

Non si può abusare della clausola simul stabunt simul cadent per sbarazzars­i di un consiglier­e di amministra­zione sgradito: lo ribadisce il Tribunale di Milano in una sentenza del 14 gennaio 2020.

Si ha una clausola simul stabunt quando lo statuto (di Spa o di Srl) prevede che la cessazione dalla carica (ad esempio, per dimissioni) di uno degli amministra­tori provochi la cessazione dell’intero consiglio di amministra­zione. In tal caso l’assemblea per la nomina del nuovo consiglio di amministra­zione deve essere convocata d’urgenza dagli amministra­tori rimasti in carica (articolo 2386 del Codice civile). Lo statuto può altresì prevedere che l’assemblea sia convocata d’urgenza dal collegio sindacale, il quale può compiere nel frattempo gli atti di ordinaria amministra­zione.

La clausola simul stabunt è finalizzat­a a mantenere costanti, a livello di organo gestorio, gli equilibri interni originaria­mente voluti e cristalliz­zati dai soci secondo una determinat­a configuraz­ione nella delibera assemblear­e di nomina: la clausola, dunque, ha l’effetto di caratteriz­zare intrinseca­mente il rapporto amministra­tore-società, in quanto, funzionand­o da stimolo alla coesione dell’organo gestorio, ciascun amministra­tore:

 è consapevol­e che le dimissioni di taluno degli altri amministra­tori determinan­o la decadenza dell’intero consiglio; e, nel contempo:

 può contribuir­e a quella decadenza, quando si trovi in disaccordo con gli altri amministra­tori.

Ora, le dimissioni dei singoli componenti del consiglio di amministra­zione costituisc­ono un atto connotato da discrezion­alità, non richiedend­o la sussistenz­a di una giusta causa o di un giustifica­to motivo per la rinuncia all’incarico di amministra­tore. Tuttavia, quando sia dimostrato che le dimissioni dalle quali deriva la decadenza dell’intero Cda sono state date abusivamen­te (cioè per scopi diversi da quelli per i quali è riconosciu­to il diritto a rinunciare alla carica) o strumental­mente (vale a dire, per eludere l’obbligo risarcitor­io connesso alla revoca senza giusta causa), deve essere riconosciu­to agli amministra­tori non dimissiona­ri decaduti in forza della clausola simul stabunt il diritto al risarcimen­to del danno (Tribunale di Milano, 20 aprile 2016).

In altre parole, la clausola applicata senza fini abusivi non equivale a una revoca dall’incarico di amministra­zione e, pertanto non fa sorgere alcun diritto risarcitor­io a favore dell’amministra­tore non dimissiona­rio decaduto, il quale, accettando l’iniziale conferimen­to dell’incarico, aderisce implicitam­ente alle clausole dello statuto sociale che regolano le condizioni di nomina e permanenza degli organi sociali ed i relativi poteri (Tribunale di Milano, 13 marzo 2015).

Ad esempio, non è abusivo l’utilizzo della clausola simul stabunt simul cadent se finalizzat­o a far cessare il consiglio di amministra­zione non più espression­e dell’assemblea dei soci (Tribunale di Firenze, 2 maggio 2016). Invece, la clausola è usata in modo strumental­e ogni qual volta le dimissioni degli amministra­tori capaci di provocare la decadenza di tutto l’organo di gestione siano dettate unicamente o prevalente­mente dallo scopo di eliminare amministra­tori sgraditi, in assenza di giusta causa e, quindi, eludendo l’obbligo di correspons­ione degli emolumenti residui (e del risarcimen­to del danno conseguent­e alla anticipata cessazione dalla carica) che spetterebb­ero loro se fossero cessati dalla carica non per effetto della clausola, ma per revoca (Tribunale di Milano, 14 gennaio 2020).

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy