Stato di invalidità e periodo di comporto
La Corte di cassazione, con sentenza 9395/2017, ha stabilito che il licenziamento di un invalido civile, iscritto nelle categorie protette, è legittimo solo se le assenze per malattia superano il periodo di comporto e non sono legate all’invalidità stessa; diversamente le assenze non vanno computate ai fini del calcolo del comporto in questione. Va considerata la sola tipologia di invalidità (patologia specifica) che al tempo qualificò il disabile come appartenente alle categorie protette, determinandone l’assunzione? O bisogna tenere conto dell’attuale stato di salute (peggiorato negli anni, con aumento della percentuale di invalidità, da ulteriori patologie), noto all’azienda?
F. G. - LATINA
Ai sensi dell’articolo 2110 del codice civile, il lavoratore ha diritto alla conservazione del posto di lavoro durante i periodi di malattia o di infortunio per un periodo (cosiddetto periodo di comporto) la cui durata è normalmente stabilita dalla contrattazione collettiva applicabile. Una volta superato il periodo di comporto, il datore di lavoro può licenziare il lavoratore in base all’articolo 2118 del Codice civile. La sentenza citata nel quesito esclude dal computo del periodo di comporto le assenze per malattia connessa alla patologia di invalidità, ove il lavoratore non sia stato adibito a mansioni compatibili con la sua invalidità. Viceversa, se il lavoratore invalido è stato adibito a mansioni compatibili con la patologia di invalidità rientrano nel computo del periodo di comporto anche le assenze per malattia connessa alla patologia di invalidità. Ciò posto, si ritiene che lo stato di invalidità rilevante debba essere quello che, nel periodo considerato, risulta essere stato riconosciuto dagli enti pubblici competenti all’esito degli iter accertativi di legge.