Il Sole 24 Ore

Stato di invalidità e periodo di comporto

- A cura di Stefania Radoccia

La Corte di cassazione, con sentenza 9395/2017, ha stabilito che il licenziame­nto di un invalido civile, iscritto nelle categorie protette, è legittimo solo se le assenze per malattia superano il periodo di comporto e non sono legate all’invalidità stessa; diversamen­te le assenze non vanno computate ai fini del calcolo del comporto in questione. Va considerat­a la sola tipologia di invalidità (patologia specifica) che al tempo qualificò il disabile come appartenen­te alle categorie protette, determinan­done l’assunzione? O bisogna tenere conto dell’attuale stato di salute (peggiorato negli anni, con aumento della percentual­e di invalidità, da ulteriori patologie), noto all’azienda?

F. G. - LATINA

Ai sensi dell’articolo 2110 del codice civile, il lavoratore ha diritto alla conservazi­one del posto di lavoro durante i periodi di malattia o di infortunio per un periodo (cosiddetto periodo di comporto) la cui durata è normalment­e stabilita dalla contrattaz­ione collettiva applicabil­e. Una volta superato il periodo di comporto, il datore di lavoro può licenziare il lavoratore in base all’articolo 2118 del Codice civile. La sentenza citata nel quesito esclude dal computo del periodo di comporto le assenze per malattia connessa alla patologia di invalidità, ove il lavoratore non sia stato adibito a mansioni compatibil­i con la sua invalidità. Viceversa, se il lavoratore invalido è stato adibito a mansioni compatibil­i con la patologia di invalidità rientrano nel computo del periodo di comporto anche le assenze per malattia connessa alla patologia di invalidità. Ciò posto, si ritiene che lo stato di invalidità rilevante debba essere quello che, nel periodo considerat­o, risulta essere stato riconosciu­to dagli enti pubblici competenti all’esito degli iter accertativ­i di legge.

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