Nuovo impianto con quorum agevolato in ogni caso
Per l’ok dell’assemblea bastano la maggioranza di intervenuti e 500 millesimi anche in assenza di disabili
Oltre ad accrescere il valore delle singole unità immobiliari e migliorare la vita dei residenti, l’installazione di un ascensore può contribuire a eliminare, del tutto o in parte, le barriere architettoniche presenti nell’edificio, vale a dire quegli elementi che limitano o rendono difficoltosi gli spostamenti al suo interno. La materia è disciplinata dalla legge 13/ 1989 (modificata dalla legge 62/1989 e integrata dalla legge 104/ 1992), recepita dal Testo unico dell’edilizia in vigore dal 2003.
L’articolo 1120, comma 2, del Codice civile prevede un quorum agevolato per l’installazione dell’ascensore ( maggioranza degli intervenuti e 500 millesimi), che si ritiene possa trovare applicazione anche se nello stabile non risiedono disabili. Può capitare, però, che il condominio non riesca a deliberare l’intervento: in tal caso, entro tre mesi dalla richiesta redatta per iscritto dalla persona disabile, quest’ultima (o il suo legale rappresentante) può installare a proprie spese l’impianto, il servoscala ovvero «strutture mobili e facilmente removibili » , nonché modificare l’ampiezza delle porte d’ingresso all’edificio, all’ascensore o alle rampe del garage.
La Cassazione
Sulla questione è intervenuta più volte anche la Cassazione ( sentenza 2156 del 14 febbraio 2012), che ha ritenuto legittima l’installazione di un ascensore da parte di alcuni condòmini disabili residenti al quarto piano. Spiega la Suprema Corte che « a fronte del conflitto tra le esigenze dei condòmini disabili abitanti ad un piano alto, praticamente impossibilitati, in considerazione del loro stato fisico, a raggiungere la propria abitazione a piedi, e quelle degli altri partecipanti al condominio, per i quali il pregiudizio derivante dall’installazione dell’ascensore si sarebbe risolto non già nella totale impossibilità di un ordinario uso della scala comune, ma soltanto in disagio e scomodità derivanti dalla relativa restrizione e nella difficoltà di usi eccezionali della stessa, ha adottato una soluzione palesemente equilibrata e conforme ai princìpi costituzionali della tutela della salute (articolo 32) e della funzione sociale della proprietà (articolo 42), rimuovendo un grave ostacolo alla fruizione di un primario bene della vita, quello dell’abitazione, da parte di persone versanti in condizioni di minorazione fisica, al riguardo riconoscendo ( come del resto in un primo momento la stessa assemblea condominiale, sia pur ponendo un limite al restringimento, la cui lamentata inosservanza, di un solo centimetro, è scarsamente significativa) la facoltà agli stessi di apportarla a proprie spese, una modifica alla cosa comune, sostanzialmente e nel complesso migliorativa, in quanto suscettibile di utilizzazione anche da parte degli altri condòmini ( al riguardo, Cassazione 20902/ 11)» 11) » .
A proprie spese
Trova quindi applicazione il principio fondamentale che regola ogni tipo di comunione - dettato dall’articolo 1102 del Codice civile - secondo cui «ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il miglior godimento della cosa » .
Inoltre, per le opere anti- barriere l’articolo 3 della Legge 13/ 1989 prevede la possibilità di deroga alle distanze legali disposte dai regolamenti edilizi. Di recente, la Cassazione ( sentenza 30838 del 26 novembre 2019) ha infatti osservato che il singolo condomino può installare a proprie spese un ascensore esterno all’edificio, anche se l’opera riduce la veduta di alcuni e non rispetta le distanze dalle proprietà contigue. Nello stesso senso, – a significare la volontà della giurisprudenza di favorire l’eliminazione delle barriere - il Tribunale di Milano (sentenza ( sentenza 1937 del 2 marzo 2020) evidenzia la legittimità delle deroghe in presenza di interventi che favoriscano l’accesso agli immobili di soggetti versanti in condizioni di minorazione fisica. La prevalenza della norma “speciale” in materia di condominio determina quindi l’inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze.
Barriere architettoniche
Nel corso degli anni la giurisprudenza si è occupata più volte di barriere architettoniche, con pronunce che possono essere tuttora valide per i princìpi espressi. La Cassazione (sentenza 1781/1993), ad esempio, ha osservato che per l’installazione di una piattaforma mobile, la tutela del decoro architettonico deve essere contemperata con le esigenze connesse ai princìpi di uguaglianza e solidarietà. Secondo la Suprema corte (sentenza 15308/2011) è legittima la costruzione di un ascensore che comporti la riduzione delle dimensioni del pianerottolo senza però comprometterne l’utilizzo. Sempre la Cassazione (sentenza ( sentenza 6129/ 2017) ha considerato indispensabile, ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento, l’installazione di un ascensore su aree comuni, quali il giardino o il cortile condominiale.