L’intervista Iacovoni: già raccolti 280 miliardi su 510-520
Intervista a Davide Iacovoni (Mef). Il direttore del Debito: finora raccolta a 280miliardi, entro fine anno a 510-520 Green Bond. Pronto il decreto sul comitato e il Framework sugli obiettivi . Puntiamo a una prima emissione entro l’anno
L’obiettivo 2020 di raccolta attraverso i titoli di Stato, aggiornato dalla crisi, colloca l’indicatore intorno a quota 510-520 miliardi tra titoli a medio-lungo termine e titoli a breve.
Fin qui le emissioni complessive hanno totalizzato intorno ai 280 miliardi, quindi il Tesoro ha già superato di slancio il 50% dell’obiettivo. Ma la sua macchina, che gira sempre a ritmi serrati per il livello del debito, ha dovuto accelerare parecchio per coprire i 95 miliardi di fabbisogno aggiuntivo per gli interventi anticrisi. E ha dovuto aggiornare i tempi di attuazione di una strategia che già si stava costruendo con gli orizzonti più tranquilli che hanno preceduto la pandemia.
E qui entra in gioco, da protagonista, il mercato potenziale di un popolo che ha il risparmio nel sangue come quello italiano. A guidare questa macchina, che raccoglie spesso gli elogi dei ministri dell’Economia come quello pronunciato da Gualtieri fiovedì scorso in audizione alla commissione banche, c’è Davide Iacovoni. Che nel giorno della presentazione del «Btp Futura» racconta a Il Sole 24 Ore obiettivi e strumenti su cui punta il Tesoro.
Dottor Iacovoni, prima il Btp Italia e ora il «Futura». Come mai una tempistica così serrata?
La strategia si concretizza ora perché si stanno allineando una serie di fattori strutturali e congiunturali. Il punto è che dall’inizio dell’euro fino alla crisi finanziaria del 2008-9 la quota di debito posseduta direttamente dai risparmiatori ha sempre oscillato fra il 15 e il 20%, e fino al 2012 era ancora oltre il 10% mentre ora è sotto il 4%. Questo è successo in tutti i Paesi, per l’abbassamento dei tassi e per l’evoluzione dell’industria finanziaria che ha sviluppato prodotti in grado di canalizzare il risparmio anche sul debito pubblico. Ma in Italia, qui c’è la differenza, abbiamo anche un risparmio privato di dimensioni considerevoli, e sappiamo che questa fase di incertezza profonda ha prodotto una liberazione notevole di liquidità. In questo contesto si innesta quindi un tema di «bene pubblico», perché il Tesoro offre titoli semplici e trasparenti mentre in passato abbiamo assistito in alcuni casi alla vendita alla comunità retail di prodotti opachi o poco liquidi.
C’è, però, anche l’esigenza di raccogliere fondi molto più consistenti del previsto.
Certo, quest’anno è particolarmente complicato definire ex ante il livello finale della raccolta perché dipende da molte variabili. Sul fabbisogno pesa anche l’effetto del ciclo, che può portarlo verso i 180 miliardi a cui vanno aggiunti i titoli in scadenza e il rifinanziamento a breve. A oggi puntiamo intorno a quota 510-520 miliardi, ma finora abbiamo già collocato circa 280 miliardi quindi abbiamo ampiamente superato il giro di boa del 50%. Nella seconda metà dell’anno entreranno poi molto probabilmente in gioco apporti esterni, fra i quali per esempio il Sure. In ogni caso, la necessità di funding si inserisce nello scenario che descrivevo. Qui nessuno dice cose tipo «riportiamo il debito in Italia» per chissà quali ragioni politiche. Il nostro obiettivo è invece quello di tornare ad avere un buon ancoraggio anche sui risparmiatori in un’ottica strutturale di lungo periodo. Fin qui abbiamo lavorato sui prodotti, ma stiamo studiando anche canali di comunicazione più adeguati per questo pubblico.
Per attrarre gli investitori si è ipotizzato di intervenire anche sulla leva fiscale, ma per ora non se ne è fatto nulla. Come mai?
Il tema è delicato ma va affrontato in termini laici, sfrondandolo di una certa mitologia. Oggi la massa di denaro che si rivolge ai prodotti finanziari paga una tassazione che è oltre il doppio di quella sui titoli di Stato. Tanto è vero che l’ultimo Btp Italia ha avuto un grande successo anche senza nuove agevolazioni.
L’altra leva è quella dei rendimenti. Il Btp Futura prevede un meccanismo crescente nel tempo. In fasi così volatili, non si rischia di fare un programma disallineato rispetto alle dinamiche future del mercato?
È un rischio presente in tutti i titoli non a tasso variabile. Ma questo meccanismo step-up ha un vantaggio che può essere interessante per i risparmiatori, perché dà al titolo un carattere più difensivo. Se i tassi salgono, l’impatto sul valore di mercato del titolo è inferiore; se scendono, l’investitore ha un vantaggio in più.
Ma questi vantaggi offerti per rendere attraenti i titoli non rischiano di creare costi aggiuntivi per il Tesoro?
In realtà il tasso del BTp Italia è stato individuato come sempre guardando alla curva delle scadenze per titoli analoghi, e lo stesso si farà con il BTp Futura. Per quest’ultimo, un premio fedeltà minimo dell’1% era praticamente inevitabile dopo l’8 per mille su una scadenza a cinque anni.
Il panorama però è dominato dagli acquisti del programma Bce, che abbassano i rendimenti e, tramite i dividendi di Bankitalia, ne girano una fetta importante al Tesoro. C’è chi sostiene che questo meccanismo crea una enorme partita di giro che di fatto cancella il costo del debito. Quanto è fondata questa lettura?
È chiaro che la Bce attiva questi strumenti non convenzionali finché vede i problemi di trasmissione delle decisioni di politica monetaria e i rischi di frammentazione dei mercati. Con l’estensione del programma i reinvestimenti andranno avanti fino al 2022 e questo è un fatto incontrovertibile. Ma noi dobbiamo ragionare sui rischi di tasso e di rifinanziamento per orizzonti molto più lunghi.
Btp Italia e Futura inaugurano uno schema di emissioni «finalizzate», in questo caso ai provvedimenti anticrisi. Lo stesso schema non è utilizzabile per altri obiettivi, come i Green Bond o gli investimenti nell’economia reale?
In questo caso la finalizzazione immediata è stata finalizzata dal fatto che tutto il fabbisogno aggiuntivo prodotto dai due scostamenti del deficit era dedicato alle misure contro la crisi economica. Sui Green Bond il progetto è più complesso ma sta andando avanti. È pronto il Dpcm con il comitato interministeriale di coordinamento, e stiamo completando il Framework italiano degli obiettivi finanziabili, allineandolo a quello rilasciato dalla ommissione Ue a marzo. Come altri Paesi, abbiamo lavorato sulle dimensioni di spesa degli obiettivi finanziabili, e andremo a fare emissioni quantitativamente parametrate. La crisi ha rallentato il processo, ma puntiamo alla prima emissione entro l’anno se le condizioni di mercato lo permetteranno.
‘‘ Non diciamo «Riportiamo « Riportiamo il debito in Italia» Italia » : l’idea è di avere un ancoraggio anche sui risparmiatori
‘‘ La Bce è un grande aiuto, ma noi ragioniamo sui rischi per orizzonti molto più lunghi