Professionisti Un iscritto su cinque rischia l’uscita dal mercato
Mezzo milione di autonomi ha fatto la richiesta per il bonus di 600 euro Cassa dottori aumenta a 4,2 milioni il fondo aiuti Indennità Enpab da 1.000 €
La metà dei professionisti attivi iscritti agli ordini che svolgono attività di lavoro autonomo ha chiesto il bonus di 600 euro e nei prossimi due anni il 20% rischia di uscire dal mercato del lavoro in assenza di interventi mirati.
Questi due dati, che segnalano la gravità della situazione e la necessità di politiche adeguate, sono emersi ieri durante un webinar organizzato dall’Adepp, l’associazione che rappresenta 20 casse di previdenza private, a cui hanno partecipato anche il Comitato unitario professioni, la Rete professioni tecniche e i presidenti di diversi Ordini.
I calcoli sono presto fatti: gli iscritti all’Adepp sono 1,6 milioni; se togliamo i pensionati e i dipendenti si arriva a un milione di lavoratori autonomi attivi; di questi la metà si è trovata nella condizione di poter chiedere il bonus di 600 euro, e quindi o con un reddito inferiore a 35 mila euro, o con un reddito fra i 35mila e i 50mila euro e una contrazione delle entrate nel periodo del lockdown superiore al 33 per cento. Numeri che portano Marina Calderone, presidente del Cup, a dichiarare che le categorie rischiano di veder espulso dal circuito professionale il 20% degli iscritti nel prossimo biennio se non si farà qualcosa.
In questo scenario drammatico i professionisti – denuncia il presidente Adepp Alberto Oliveti – sono stati discriminati prima dal fondo di ultima istanza, che inizialmente non prevedeva gli iscritti agli ordini, poi dal contributo a fondo perduto introdotto con il decreto rilancio, e infine dalla fiscalità perché gli aiuti erogati dallo Stato sono esentasse mentre quelli erogati dalle Casse per l’emergenza Covid sono soggetti a tassazione.
Forse perché, suggerisce Calderone, il patrimonio delle Casse, che ammonta a 87 miliardi e serve a pagare le future pensioni, induce a pensare che si possa fare da soli.
Da anni le Casse denunciano una pressione fiscale eccessiva, soprattutto rispetto ai loro colleghi europei: sulle rendite finanziarie l’imposta è la stessa degli operatori della finanza ( 26%) e l’assegno pensionistico viene poi tassato al momento dell’erogazione. « Le Casse - racconta il presidente Adepp Oliveti - nel 2018 hanno speso 500 milioni per il welfare e 509 milioni per la fiscalità » .
La nuova previdenza, suggerisce Oliveti, «attraverso il welfare strategico deve amplificare il supporto al lavoro, sostenere l’attività e il reddito ed aiutare ad esprimere al meglio le proprie potenzialità». Ma per farlo servono risorse e oggi, data la situazione di emergenza, l’eccesso di provvista a cui sono soggette le Casse, chiamate a garantire 50 anni di equilibrio, pesa più che mai.
La sinergia tra Ordini e Casse è una novità nel panorama delle professioni, ma – secondo Massimo Miani, presidente del gruppo “Commercialisti e giuristi insieme” - anche una necessità in questo momento. Ne è convinto anche il coordinatore delle professioni tecniche Armando Zambrano: « La previdenza dà agli Ordini la possibilità di essere più forti e propositivi su tanti temi».
Intanto le Casse continuano a fare interventi in aiuto dei loro iscritti. È di ieri la notizia che la Cassa dei dottori commercialisti ha portato da 3 a 4,2 milioni di euro i fondi per contributi assistenziali a supporto degli iscritti per acquistare, anche in leasing, strumenti per il proprio studio, come pc, software e mobili. Enpab, l’ente di previdenza dei biologi, ha invece deciso di riconoscere un’indennità a favore degli iscritti titolari di pensione ( e quindi esclusi dal bonus di 600 euro) che continuano a svolgere l’attività professionale; tra indennità e assegno pensionistico verranno erogati loro mille euro. Mille euro saranno anche riconosciuti a chi dichiara entrate per più di 50mila euro e una contrazione superiore al 50% a causa del Covid- 19.