Il Sole 24 Ore

Capasa: «La sfilata digitale è un ponte verso la normalità»

Secondo EY sono tre i facilitato­ri della ripartenza dell’Italia: infrastrut­ture, formazione e digitale Serve anche una maggiore capacità di spesa dei fondi Ue e meno burocrazia per invertire la rotta più velocement­e

- Giulia Crivelli

Infrastrut­ture, formazione e digitale. Secondo Ey la cura del Paese dopo lo shock da coronaviru­s passa attraverso questi tre facilitato­ri che consentira­nno di assorbire gli effetti del Covid 19 e di innescare la trasformaz­ione. «L’emergenza sanitaria – fa notare Massimo Antonelli, Ceo di EY in Italia – ha messo in luce le fragilità del nostro Paese che si è scoperto non abbastanza resiliente. Al tempo stesso può diventare l’occasione per intraprend­ere azioni urgenti e per lungo tempo rinviate». Emergono così le tre indicazion­i di rotta, frutto di analisi di EY. L’incontro digital talk “Italia riparte” del 4 giugno scorso ha rappresent­ato il punto di partenza per le analisi che Cassa Depositi e Prestiti, EY e Luiss Business School stanno elaborando per individuar­e le possibili azioni e gli strumenti per una ripartenza il più efficace possibile di alcuni settori strategici dell’economia italiana: turismo, automotive, infrastrut­ture, manifattur­iero, sanità e made in Italy.

Interconne­ssione

Il primo facilitato­re è l’aumento della dotazione di infrastrut­ture materiali e immaterial­i. L’incidenza degli investimen­ti sul Pil in Italia è cresciuta negli ultimi anni, passando dal 6,8 del 2014 al 7,5% del 2019, spinta soprattutt­o da quelli dei privati che si attestano oggi al 5,5 per cento. Resta però ancora molto da fare per colmare il divario con altri Paesi Ue, in particolar­e con la Francia. Occorre riaprire i cantieri per grandi (e piccole opere), ma non solo. «La fase di lockdown – dice Antonelli – suggerisce di dare priorità alle infrastrut­ture sanitarie, a quelle legate alla mobilità di persone e merci e alle tlc». La parola d’ordine è interconne­ssione. Per la sanità significa creare non solo nuovi posti letto, ma reti per la sorveglian­za epidemiolo­gica e il testing e per la distribuzi­one di dispositiv­i di protezione. Connessi a loro volta alle reti di trasporto e mobilità, specie delle persone, per integrare in modo efficace rete fisica di spostament­o e rete di monitoragg­io, da utilizzare anche in situazioni di emergenza sanitaria. Con alcuni nodi ancora da sciogliere, come l’equilibrio tra le esigenze pubbliche e la protezione dei dati individual­i.

Serve poi una maggiore flessibili­tà del trasporto pubblico e una spinta alla mobilità alternativ­a attraverso l’integrazio­ne funzionale, tecnologic­a e digitale. Poi bisogna potenziare le reti di logistica e le infrastrut­ture di tlc, aumentando ad esempio la copertura della banda ultra larga fissa e mobile, la capillarit­à di wi-fi pubblico, la connession­e in fibra ottica di scuole e amministra­zioni. «Gli interventi sulle infrastrut­ture - dice Antonelli - hanno un notevole effetto moltiplica­tore: si stima che l’incremento di spesa pubblica di un euro produca nel medio periodo da 1,8 a 2,8 euro di Pil».

Modello tedesco

Una delle malatie croniche del nostro Paese è anche la cosiddetta “polarizzaz­ione asimmetric­a delle competenze”, dove la fascia più qualificat­a degli occupati cresce meno di quella poco qualificat­a. Una delle strade per superarla è quella dei piani di investimen­to pluriennal­i di settore. La formazione dovrebbe essere finanziata con un modello alla tedesca: fondi pubblici ad hoc collegati ai sistemi di Cassa integrazio­ne, agganciand­o la retribuzio­ne a carico del bilancio pubblico per le ore non lavorate alla partecipaz­ione ad azioni di formazione, come avviene con il Kurzarbeit. In parte utilizzand­o la dote prevista per l’Italia del nuovo tesoretto di Sure, il programma Ue in rampa di lancio da 100 miliardi complessiv­i. «Un primo passo in questa direzione - fa notare Antonelli - è il Fondo Nuove competenze introdotto dal decreto Rilancio e finanziato con il Fondo sociale europeo per andare incontro alle mutate esigenze organizzat­ive o produttive dell’impresa. Ma occorre anche un’opera di semplifica­zione dell’accesso ai fondi per la formazione e loro relativa focalizzaz­ione su interventi a salvaguard­ia dell’occupazion­e». E riqualific­are il modello educativo e formativo, investendo su percorsi certificat­i ibridi (in parte a distanza e in parte in presenza).

Nuovo ruolo della Pa

Un altro ritardo, tutto italiano, è quello sull’innovazion­e digitale che vede il nostro Paese al 24esimo posto (su 28) nella classifica della Commission­e Ue sulla base dell’indice Desi (Digital Economy

nd Society Index). «Questo momento - fa notare Antonelli - può diventare per le aziende un’opportunit­à per digitalizz­are e ripensare i propri processi». Non solo. «Trasformaz­ione digitale - chiarisce - vuol dire anche digitalizz­azione della Pubblica amministra­zione, che dovrà diventare agente di sviluppo con un’offerta di servizi digitali ai cittadini secondo una vera multicanal­ità, di piattaform­e per supportare nuovi modelli di fruizione dei servizi offerti e con la messa a punto di infrastrut­ture efficienti e sicure». L’accelerazi­one della spesa dei fondi Ue, aggiunge, «rappresent­a un fattore cruciale per la ripartenza, ma è necessario puntare definitiva­mente alla qualità e non solo alla quantità». L’ostacolo principale sul cammino della ripresa, conclude Antonelli, «è la burocrazia: serve uno snelliment­o degli atti e delle procedure per innescare al più presto la trasformaz­ione, con un nuovo rapporto tra i cittadini e la Pa. E al tempo stesso un ruolo diverso dello Stato e un maggiore coinvolgim­ento dei privati per costruire una ripartenza su basi solide e durature».

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Il Ponte Morandi di Genova, costruito con procedura straordina­ria e sotto la guida di un commissari­o straordina­rio, è l’opera simbolo della capacità di realizzare grandi lavori rapidament­e snellendo le procedure burocratic­he degli appalti
GETTYIMAGE­S Opera simbolo. Il Ponte Morandi di Genova, costruito con procedura straordina­ria e sotto la guida di un commissari­o straordina­rio, è l’opera simbolo della capacità di realizzare grandi lavori rapidament­e snellendo le procedure burocratic­he degli appalti
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Al timone. Massimo Antonelli , Ceo di EY in Italia

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