Gentiloni: i nuovi strumenti Ue saranno a regime dal 2021
«L’utilizzo dei fondi è una sfida per l’Italia Debito da ridurre»
Le discussioni che hanno animato in questi giorni Ecofin ed Eurogruppo sulle caratteristiche del Recovery Fund sono «inevitabili», ma possono al massimo « modificare alcuni dettagli » senza cambiare « la sostanza della proposta». Ma tra i fatti che non possono cambiare c’è l’avvio a regime dei nuovi strumenti dal 2021, perché il meccanismo è « agganciato al quadro finanziario pluriennale » dell’Unione.
Nel suo intervento al webinar organizzato dal Sole 24 Ore per disegnare lo scenario della «nuova Europa fuori dall’emergenza sanitaria», seguito da 2mila partecipanti, il commissario all’Economia Paolo Gentiloni traccia la linea comunitaria su due aspetti spesso enfatizzati o drammatizzati dal dibattito pubblico italiano, che nello stesso tempo mostra di temere irrigidimenti nordici sul piano degli interventi Ue ma punta molto sugli anticipi 2020 come asso nella manica per evitare di spingere ancora troppo sui saldi di finanza pubblica ma anche di spaccarsi sul ricorso al Mes. Il punto è che oltre ai desideri italiani c’è una complessa realtà comunitaria con cui fare i conti. I tempi di Next Generation Ue non nascono da sofisticati tecnicismi comunitari o dal fatto che l’«Unione se la stia prendendo comoda», per dirla con Gentiloni. Il maxiprogramma di interventi diviso fra prestiti e grants non sono «vecchi piani di salvataggio a cui abbiamo dato un nome più gentile», spiega, ma «sono una cosa completamente diversa» che deve essere «condivisa» dgli Stati membri. E in ogni caso il calendario comunitario non lascia scoperto il 2020.
Per i prossimi mesi c’è il Sure, che l’Italia ha chiesto insieme a un’altra decina di Paesi e che secondo Gentiloni diventerà operativo «tra la seconda metà di luglio e l’inizio di settembre» a seconda del ritmo di ratifica nei vari Parlamenti nazionali chiamati in causa. C’è il Mes che agita la maggioranza, e che non è reso marginale dagli interventi del programma pandemico della Bce come sostengono i suoi nemici perché «non c’è un nesso» fra questi due piani. E c’è anche un ponte, anche se diverso da quello vagheggiato a Roma.
I fondi per il 2020, dettaglia Gentiloni,
si muovo su tre assi: la transizione ambientale, che conta su una dote salita a 2 miliardi dai meno 400 milioni iniziali, gli aiuti di «reazione immediata» per le attività di protezione civile e quelli per garantire la liquidità alle imprese. Fondi troppo esili per risolvere i problemi dell’agitata maggioranza giallorossa, ma «i miliardi non sono noccioline» taglia corto Gentiloni.
Proprio questo contesto stringe però i tempi per le decisioni sul Mes e sul nuovo scostamento di bilancio, senza le quali anche i programmi da discutere agli Stati generali difficilmente possono trovare una consistenza definita. Sul nuovo deficit domestico il dibattito ha ormai superato l’argine iniziale alzato al Mef, M5S e Pd discutono di una cifra intorno ai 10 miliardi ma le richieste di nuovi interventi viaggiano con numeri decisamente più importanti. «Il deficit non può essere un limite» ai provvedimenti di emergenza, chiarisce Gentiloni, «ma certamente i Paesi che hanno un debito molto alto devono porsi il problema nei prossimi anni per evitare che aumenti ancora di più » .