Dietro le quinte della caduta: perdono forza i meccanismi che hanno gonfiato il rally
L’aspetto più divertente nel commentare l’andamento delle Borse è che si può dire tutto e il contrario di tutto per spiegare fenomeni che - a occhio nudo - non sono spiegabili. Ieri la motivazione più gettonata sul mercato per giustificare il crollo dei listini era legata alle pessime stime della Fed sull’andamento dell’economia americana. In effetti mercoledì sera la banca centrale Usa ha tagliato le previsioni sul Pil 2020 a -6,5%. Ma se fosse quello il motivo del crollo, perché i listini Usa non sono caduti già mercoledì sera, se non di uno zero virgola? E perché i mercati non sono rimasti altrettanto sotto shock dopo le stime di settimana scorsa della Bce sull’economia dell’Eurozona (8,7%)? Del resto i numeri della Fed sono brutti, ma già ad aprile l’Fmi prevedeva una frenata del Pil Usa pari al 5,9%. Eppure da allora le Borse hanno inscenato un superrally. Possibile che siano invece rimaste così turbate dalla Fed?
È ovvio che la realtà sia un’altra. Le Borse hanno corso negli ultimi mesi nonostante uno scenario economico globale non solo pessimo ma anche oltremodo incerto. Si sono scollate dalla realtà, grazie al fatto che le banche centrali hanno comprato titoli e iniettato sui mercati oltre 5mila miliardi di dollari di liquidità fresca fresca. Considerando che dopo il crollo di febbraio i portafogli erano tutti scarichi di rischio, questa marea di liquidità ha fatto partire da marzo tre fenomeni. Uno: gli acquisti “forzati” di chi doveva ribilanciare i portafogli. A marzo JP Morgan stimava che solo per riequilibrare l’asset allocation dopo lo scrollone delle Borse, fondi, fondi sovrani, fondi pensione e molti soggetti avrebbero dovuto comprare azioni per 3.300 miliardi di dollari. Due: la liquidità ha fatto partire gli acquisti “opportunistici” di tutti gli investitori che vedevano il rally rafforzarsi. Tre: nelle ultime settimane, con la volatilità scesa a un livello normale di 20 (indice Vix), si sono scatenati anche gli algoritmi.
Questo ha fomentato una corsa “artificiale” delle Borse. Scollata dalla realtà. Fino a stravolgere tutti i parametri di buon senso finanziario conosciuti. Cosa è cambiato ieri invece? Da un lato la volatilità è risalita: questo - sostengono alcuni - ha bloccato gli acquisti degli algoritmi. Dall’altro - suggerisce Francesco Castelli di Banor Capital - il fatto che Wall Street sia tornata ai livelli di inizio anno ha dato a molti gestori la scusa per ridurre un po’ i rischi sui portafogli. Soprattutto in vista della fine del semestre. Infine la Fed non ha annunciato mercoledì nuove “magie” monetarie. Così sono scattate le prese di profitto. Soprattutto ora che negli Stati Uniti i contagi sembrano aumentare di nuovo, gettando sui mercati una nuova incertezza: una ipotetica nuova ondata di coronavirus.