Giù l’occupazione dei laureati: -9% nei primi cinque mesi 2020
Nel 2019 a un anno dalla laurea lavorava il 74%, poi è scoppiata la pandemia Timori in vista delle iscrizioni al prossimo anno accademico: -37mila matricole in 15 anni
Anche per il mondo dell’università c’è un prima e un dopo il coronavirus. La conferma giunge dall’ultima fotografia di AlmaLaurea presentata ieri a Roma alla presenza del ministro dell’Università, Gaetano Manfredi. Se fino al 2019 tutti i principali indicatori sulla qualità e sul’occupazione dei nostri laureati (sia a uno che a 5 anni dal titolo, tanto triennali quanto magistrali) sembravano in salute, i numeri messi in fila dal consorzio universitario con sede a Bologna dimostrano come nei primi cinque mesi del 2020 lo scenario sia rapidamente cambiato. Basta un dato: il -9% di occupati registrato tra chi si è laureato un anno fa (che diventa -1,6% tra i possessori di una laurea magistrale). Ma il peggio, in un paese penultimo per under 34 in possesso di un titolo di studio terziario, potrebbe ancora arrivare. Soprattutto se dovessimo ricominciare a perdere matricole. Nonostante la risalita degli ultimi tre anni rispetto a 15 anni fa mancano all’appello ancora 37mila immatricolati.
Eppure il quadro pre-pandemia era incoraggiante. Basta guardare ai dati citati in successione dal presidente di AlmaLaurea, Ivano Dionigi, e contenuti rapporto annuale sul profilo e sulla condizione occupazionale dei laureati. Oltre a essersi abbassata l’età media alla laurea e a essere cresciuta la quota di studenti giunti al traguardo in corso risultano aumentati anche i tirocini curriculari e, seppure in misura minore, le esperienze di studio all’estero: due armi in più quando si tratta di trovare lavoro. E, infatti, anche i dati sull’occupazione erano lusinghieri. Nel 2019, a un anno dal titolo,era occupato il 74,1% dei laureati di primo livello e il 71,7% di quelli di secondo livello del 2018 (che significava, rispettivamente, l’8,4% e il 6,5% in più rispetto al 2014). Stesso discorso per le retribuzioni nette salite a 1.210 euro per i laureati triennali e a 1.285 euro per i magistrali.
Ancora meglio i risultati conseguiti a cinque anni dal titolo. Qui il tasso di occupazione del 2019 era dell’89% per i laureati di I livello e dell’86,8% per quelli di II livello e le rispettive retribuzioni arrivavano a 1.418 euro per i primi livelli e 1.499 euro per i secondi. Con alcune lauree (ingegneria, medicina e architettura) che continuavano a “tirare” più di altre (giurisprudenza e psicologia) ma in un contesto generale che rende ancora conveniente iscriversi all’università anziché fermarsi al diploma. Uno su tutti: il 39% in più in busta paga guadagnato da chi ha la laurea rispetto a chi non ce l’ha.
Poi è arrivato il Covid-19 e il quadro è completamente mutato anche per i laureati. L’anticipazione di AlmaLaurea sui primi cinque mesi del 2020 ci aiuta a capire in che misura. Oltre ai primi due indizi rappresentati dal trend discendente, da febbraio in poi, fatto segnare dalle richieste di curriculum vitae e dagli annunci di lavoro intermediati dal consorzio universitario ce n’è anche un terzo che porta al tasso di occupazione. Nei primi 5 mesi del 2020, a un anno dal titolo, risulta del 65% tra i giovani con una laurea di I livello e al 70,1% per chi ce l’ha di II livello. Con una diminuzione, rispettivamente, del 9% e dell’1,6% sul 2019. E una difficoltà ancora maggiore per le donne e i giovani del Sud, che rischiano di pagare il conto più salato della crisi.
Le prospettive che abbiamo davanti non sono rosee. Il primo a saperlo è il ministro Manfredi che ha spinto per trovare, all’interno del decreto Rilancio, 290 milioni per il diritto allo studio. E sta per pubblicare i decreti attuativi che daranno agli atenei tre armi in più per contenere il nuovo calo di matricole che tutti si immaginano: portare la no tax area a 20mila euro, ridurre le tasse con Isee tra 20 e 30mila euro e introdurre degli aiuti mirati sui nuclei che indipendentemente dal reddito hanno risentito delle crisi. E se per gli studenti di Link coordinamento universitario, con con le risorse stanziate nel Dl, si poteva fare di più ed alzare già adesso la no tax area a 23mila euro, per il ministro dell’Università «saranno gli atenei in autonomia a poterlo fare con le risorse in arrivo». Quando? «Entro fine mese», è la sua promessa.