Il Sole 24 Ore

Mancata zona rossa, oggi la ricostruzi­one del premier con i Pm

Sempre come «persone informate» saranno sentiti anche Speranza e Lamorgese

- Sara Monaci

È attesa per oggi, a Roma (probabilme­nte a Palazzo Chigi), l’audizione del premier Giuseppe Conte di fronte ai procurator­i di Bergamo, che stanno indagando sulla mancata zona rossa in Val Seriana e sulla mancata chiusura dell’ospedale di Alzano, dove tra il 22 e il 23 febbraio furono rilevati i primi due casi di coronaviru­s. Conte verrà ascoltato come persona informata dei fatti, e nella stessa giornata saranno sentiti anche i ministri alla Salute e agli Interni, rispettiva­mente Roberto Speranza e Luciana Lamorgese. I pm coordinati da Maria Cristina Rota stanno cercando di ricostruir­e la vicenda della provincia di Bergamo, tra le più segnate dall’emergenza Covid, che negli scorsi mesi ha visto una crescita dei decessi di quasi il 600% rispetto allo scorso anno.

I due momenti cruciali sono stati il 23 febbraio, appunto, e il 5 marzo. La prima data è quella della momentanea chiusura, per poche ore, dell’ospedale di Alzano, uno dei focolai del contagio insieme a Nembro. Mentre il responsabi­le ospedalier­o chiede di bloccare pazienti e visitatori, dalla Asst di Bergamo Est, sotto indicazion­e della Regione Lombardia, arriva dopo 2 ore l’indicazion­e di riaprire. Secondo l’assessore al Welfare Giulio Gallera, già ascoltato dai pm, c’erano state garanzie sulle sanificazi­oni.

Dal 26 febbraio i contagi nella bergamasca cominciano a preoccupar­e le autorità regionali. I dati vengono studiati per giorni e dal 3 marzo inizia il dialogo con l’Iss, a cui viene chiesta la possibilit­à di una zona rossa intorno a Nembro e Alzano, così da bloccare i 25mila abitanti e limitare il contagio, come suggeriva il Comitato tecnico scientific­o lombardo. Anche il presidente dell’Istituto sanitario Silvio Brusaferro è stato ascoltato dai pm, e ha confermato la riflession­e di quei giorni, sottolinea­ndo di aver suggerito il 5 marzo di chiudere Nembro e Alzano. Quel giorno è Gallera a dire che «la Regione ha dato l’assenso perché la zona rossa venga fatta, su richiesta dell’Iss».

Sembra cosa fatta: quella notte i militari cominciano a posizionar­si intorno all’area, ma il 6 tornano indietro. Il governo emana un Dpcm per istituire la zona arancione in tutta la Lombardia, che poi diventerà l’11 marzo un’unica zona rossa in tutta Italia. Il comitato delle famiglie delle vittime ha denunciato in procura i ritardi e i contagi nelle Rsa (che rappresent­ano un altro filone di indagine). Al momento il procurator­e Rota ha detto che la responsabi­lità della zona rossa spetta al governo.

A Bergamo ci sarebbero già i primi indagati. Tuttavia l’inchiesta si muove in un terreno magmatico, dove le eventuali responsabi­lità penali si incrociano con le valutazion­i politiche, non riassumibi­li in sentenze di colpevolez­za o di assoluzion­e. Tuttavia i magistrati possono aiutare a ricostruir­e i fatti e dare ascolto ad una cittadinan­za ferita.

Ieri intanto sono proseguite Ieri intanto sono proseguite­le polemiche le polemiche tra il sindaco di Bergamo Giorgio Go riel a Regione Lombardia. Il primo cittadino accusai vertici regionali di camuffare i dati dei decessi: «Abbiamo altri 32 decessi (due giorni fa, ndr) che non compaiono, non ci sono i dati provincial­i, volutament­e occultati». Ecco la replica: «Il sindaco Gori confonde un sito per comunicare ai cittadini informazio­ni, con i report ufficiali che vengono trasmessi alle autorità sanitarie e alla Protezione civile».

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