Ristoranti: commissioni al 30-35% sulle consegne
Fipe: «Con cali di fatturato del 50% nessuna impresa andrà avanti a lungo» Le fee troppo care mettono a dura prova la sostenibilità del conto economico
L’allarme del Fipe sulla caduta dei ricavi e costi delle consegne: « Con cali di fatturato del 50% nessuna impresa andrà avanti a lungo »
Una forchetta che oscilla tra il 30-35 per cento. Questa è la commissione che viene pagata da ristoranti, pizzerie, bar e gelaterie ai colossi del food delivery come Glovo, Deliveroo, Just Eat e Uber Eat per gli ordini che transitano sulle loro piattaforme. Pesanti commissioni che mettono a dura prova la sostenibilità del conto economico dei ristoratori. A dirlo sono gli stessi imprenditori. «Il costo del personale incide per il 35%, le materie prime un altro 30% ci sono poi le spese generali, utenze, tasse, l’affitto dei locali e il nostro margine - spiega Riccardo Tarantali del Red Garter di Firenze -. Così perdiamo tra il 15 e il 20% per ogni consegna». Numeri confermati da altri imprenditori tra cui Giovanni Bertugno, fondatore e proprietario del
Gruppo Lievito con 3 pizzerie bistrot a Roma che aggiunge: «su un piatto da 10 euro un fee di 3 pesa tantissimo in un mondo dove l’Ebit è del 10% e questo senza considerare le spese fisse che si sostengono».
Non ci si deve poi dimenticare che il settore della ristorazione sta vivendo un periodo tra i più duri di sempre. A dirlo sono le ultime rilevazioni di Fipe che evidenziano un crollo del fatturato di oltre il 50% nelle prime tre settimane della Fase 2. Ha riaperto il 95% dei bar e l’89,4% dei ristoranti ma è dominante un sentiment fortemente negativo e meno di un imprenditore su due è contento di avere riaperto. Per non parlare della dominante incertezza verso il futuro: i due terzi prevedono di non riuscire a ritornare ai volumi di attività pre Covid. «Si confermano tutte le nostre preoccupazioni sulla capacità di tenuta delle imprese dinanzi ad una ripartenza difficile - avverte Aldo Cursano, vicepresidente vicario di Fipe -. Con un calo del fatturato di oltre il 50% nessuna impresa riuscirà ad andare avanti a lungo senza misure di sostegno sul versante dei costi e senza una robusta capacità finanziaria». Nei mesi del lockdown tanti esercenti hanno intrapreso la via del food delivery sia in forma autonoma o con le piattaforme. «Portano clientela e sono strumenti di marketing. Se il proprietario esternalizza la consegna paga un 30-35% di fee e le condizioni sono molto simili mentre se per la consegna si usa il proprio personale la commissione scende al 14-15% - racconta Bertugno -. Non sono commissioni eque ma di fatto sono servizi di profilazione dei clienti». Se poi si vogliono scalare le posizioni e apparire nelle prime posizioni ecco che le piattaforme offrono a pagamento il servizio di indicizzazione con pacchetti ad hoc, un extra venduto a circa 100 euro la settimana. Per sfuggire a queste pesanti condizioni si può percorrere la via dell’autonomia hi-tech. È quello che ha fatto il fondatore del Gruppo Lievito che ha implementato una propria piattaforma. «Così abbiamo gestito l’80% degli ordini durante il lockdown con un costo di un decimo rispetto alla cifra complessiva che avrei pagato alle piattaforme. Le commissioni sono folli ma siamo schiavi di questo sistema». Fee folli ma non troppo perché «in Spagna Glovoo arrivano al 40% - aggiunge Tarantali che ha anche un locale a Barcellona -. Le piattaforme ci stanno strangolando e non si riesce a recuperare tutti i costi». Pensieri condivisi da tanti esercenti che nei mesi del Covid hanno spinto Fipe a cercare un dialogo con le piattaforme. «Da tempo stiamo cercando di raggiungere un accordo perché quel livello di commissioni non rende profittevole il delivery - premette Luciano Sbraga, responsabile dell’Ufficio studi di Fipe -. Il modello va ripensato. La nostra proposta è di una commissione inversamente proporzionale al valore dello scontrino perché non è giustificato pagare il 35% su 10 o su 40 euro per l’identico servizio. Inoltre si dovrebbero rivedere al ribasso le commissioni anche in funzione del transato mensile». A questa proposta qualche piattaforma leader ha risposto che è apprezzabile e potrebbe limare i fee di qualche punto percentuale «ma non è sufficiente» commenta Sbraga e comunque si dovrebbe intervenire sulla parte tecnologica. Il che non dovrebbe essere un grosso problema per delle multinazionali digitali. Basta volere.
Così per salvare i margini in tanti ritoccano leggermente all’insu i prezzi di vendita sull’online anche per rientrare dei costi del packaging usato per la consegna. Giovanna Giolitti, titolare dello storico Caffè Giolitti a pochi metri dalla Camera per esempio spiega che è solo un leggero aumento per rientrare del fee. Ma soprattutto si lamenta delle commissioni bancarie delle carte di credito: «sono troppo alte».