Dalla sostenibilità al lavoro, l’eredità della clausura digitale
L’esperienza Covid lascerà il segno: a R2B il panel tra filosofia e policy
Nel corso della clausura anti Covid-19, la dimensione della vita che si è svolta nell’ambiente digitale è cresciuta enormemente. Le società umane hanno scoperto l’esistenza di piattaforme utili a tenere i contatti. In modo più o meno pensato, aziende, scuole, istituzioni, hanno cambiato modo di funzionare. Le persone hanno dovuto conciliare la vita personale e quella lavorativa in modi inediti. Che cosa resterà?A R2B un panel si è occupato di tutto questo tra filosofia e policy. Trovando che l’esperienza lascerà il segno. La nuova importanza del digitale non sarà dimenticata. «Ma i risultati non sono automatici. Vanno progettati», ha detto Sabina Leonelli, che insegna filosofia e storia della scienza a Exeter University: «Abbiamo vissuto la clausura guardando alla dimensione digitale come a una soluzione essenziale per molti problemi. Ma abbiamo anche visto come il digitale possa generare una polarizzazione accelerata tra chi sa cogliere l’opportunità e chi è escluso. E abbiamo potuto discutere su basi concrete il tema della società sorvegliata, da grandi multinazionali e dai governi. È emersa con chiarezza la necessità di un salto di qualità nella consapevolezza delle persone. Perché il digitale aiuta la qualità della vita sociale se viene progettato per riuscirci».
Luciano Floridi, filosofo dell’informazione, ha ripreso il tema della consapevolezza per suggerire come la crisi continui nelle sue conseguenze economiche: «È quando si soffre che si pensa a come fare meglio. È durante la sconfitta che si pianifica la rivincita. Il dolore di questi mesi, la tragedia che ha colpito l’umanità è anche un terribile esperimento che deve servire a imparare. E a cambiare strada. La dimensione digitale può essere ripensata per perseguire l'obiettivo della sostenibilità. L'economia può trasformarsi: era centrata sui consumi, va ricentrata sulla cura dell’ambiente e delle persone».
Giovanni Anceschi, presidente di Art-Er, società della Regione Emilia Romagna che si occupa di attivare processi innovativi, ha fatto notare come questi obiettivi si possano perseguire pensando concretamente alla “cura dell’ecosistema” dell’innovazione. «L’innovazione non deve necessariamente seguire i modelli all’americana. Può trovare nuovi modelli nella cultura europea e, per quanto ci riguarda, emiliana, nella forza identitaria e inclusiva che ci distingue: possiamo pensare insieme - aziende, università, Its, centri di ricerca - a dare una direzione alla nostra innovazione». E l'assessore all’Educazione dell’Emilia Romagna, Paola Salomoni, ha spiegato che la policy regionale è proprio orientata a costruire consapevolezza, inclusione, contrasto alla polarizzazione. «In questi mesi si è visto che il digital divide non è un problema superato. E per quanto ci riguarda investiamo risorse significative per abilitare culturalmente la nostra popolazione a cogliere la digitalizzazione come opportunità e non come pericolo o qualcosa di incomprensibile. La regione ha programmi importanti in questo senso, come per esempio Pane e internet per l’inclusione culturale, e la preparazione della legge sulla cittadinanza digitale».
Insomma, l'esperienza non è passata invano. Le opportunità si sono viste. E i problemi sono apparsi concretamente inaccettabili. Nel mondo che si sta creando, filosofia, economia e policy sono destinate a convergere.