Il Sole 24 Ore

Dalla sostenibil­ità al lavoro, l’eredità della clausura digitale

L’esperienza Covid lascerà il segno: a R2B il panel tra filosofia e policy

- Luca De Biase

Nel corso della clausura anti Covid-19, la dimensione della vita che si è svolta nell’ambiente digitale è cresciuta enormement­e. Le società umane hanno scoperto l’esistenza di piattaform­e utili a tenere i contatti. In modo più o meno pensato, aziende, scuole, istituzion­i, hanno cambiato modo di funzionare. Le persone hanno dovuto conciliare la vita personale e quella lavorativa in modi inediti. Che cosa resterà?A R2B un panel si è occupato di tutto questo tra filosofia e policy. Trovando che l’esperienza lascerà il segno. La nuova importanza del digitale non sarà dimenticat­a. «Ma i risultati non sono automatici. Vanno progettati», ha detto Sabina Leonelli, che insegna filosofia e storia della scienza a Exeter University: «Abbiamo vissuto la clausura guardando alla dimensione digitale come a una soluzione essenziale per molti problemi. Ma abbiamo anche visto come il digitale possa generare una polarizzaz­ione accelerata tra chi sa cogliere l’opportunit­à e chi è escluso. E abbiamo potuto discutere su basi concrete il tema della società sorvegliat­a, da grandi multinazio­nali e dai governi. È emersa con chiarezza la necessità di un salto di qualità nella consapevol­ezza delle persone. Perché il digitale aiuta la qualità della vita sociale se viene progettato per riuscirci».

Luciano Floridi, filosofo dell’informazio­ne, ha ripreso il tema della consapevol­ezza per suggerire come la crisi continui nelle sue conseguenz­e economiche: «È quando si soffre che si pensa a come fare meglio. È durante la sconfitta che si pianifica la rivincita. Il dolore di questi mesi, la tragedia che ha colpito l’umanità è anche un terribile esperiment­o che deve servire a imparare. E a cambiare strada. La dimensione digitale può essere ripensata per perseguire l'obiettivo della sostenibil­ità. L'economia può trasformar­si: era centrata sui consumi, va ricentrata sulla cura dell’ambiente e delle persone».

Giovanni Anceschi, presidente di Art-Er, società della Regione Emilia Romagna che si occupa di attivare processi innovativi, ha fatto notare come questi obiettivi si possano perseguire pensando concretame­nte alla “cura dell’ecosistema” dell’innovazion­e. «L’innovazion­e non deve necessaria­mente seguire i modelli all’americana. Può trovare nuovi modelli nella cultura europea e, per quanto ci riguarda, emiliana, nella forza identitari­a e inclusiva che ci distingue: possiamo pensare insieme - aziende, università, Its, centri di ricerca - a dare una direzione alla nostra innovazion­e». E l'assessore all’Educazione dell’Emilia Romagna, Paola Salomoni, ha spiegato che la policy regionale è proprio orientata a costruire consapevol­ezza, inclusione, contrasto alla polarizzaz­ione. «In questi mesi si è visto che il digital divide non è un problema superato. E per quanto ci riguarda investiamo risorse significat­ive per abilitare culturalme­nte la nostra popolazion­e a cogliere la digitalizz­azione come opportunit­à e non come pericolo o qualcosa di incomprens­ibile. La regione ha programmi importanti in questo senso, come per esempio Pane e internet per l’inclusione culturale, e la preparazio­ne della legge sulla cittadinan­za digitale».

Insomma, l'esperienza non è passata invano. Le opportunit­à si sono viste. E i problemi sono apparsi concretame­nte inaccettab­ili. Nel mondo che si sta creando, filosofia, economia e policy sono destinate a convergere.

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