I conti di pagamento evitano rischi tagliola per il bail-in
L’indicazione arriva dal Mef (sottosegretario Villarosa) in risposta al question time
I conti di pagamento sono esclusi dall’applicazione del bail-in. L’indicazione ufficiale arriva dal ministero dell’Economia, con una risposta del sottosegretario Alessio Villarosa (M5S) in commissione Finanze alla Camera. E mette nero su bianco una differenza rispetto ai conti correnti tradizionali, in cui la tutela integrale riguarda solo le somme fino a 100mila euro: differenza importante, che può aiutare a far crescere la fortuna di uno strumento finora piuttosto trascurato dal sistema bancario, anche perché i conti di pagamento sono meno remunerativi e soprattutto le somme costituiscono un patrimonio distinto da quello degli istituti.
Questa caratteristica comporta che le somme depositate non migliorano direttamente i ratios patrimoniali della banca; ma fra le sue conseguenze produce anche il fatto che la tagliola del bail-in non li può coinvolgere.
Il chiarimento è figlio di un lungo confronto tecnico fra ministero dell’Economia e Banca d’Italia, avviato dallo stesso Villarosa per sciogliere un complicato intreccio di norme. Introdotti dalla direttiva 2007/64/CE, i conti di pagamento sono considerati strumenti cadetti rispetto ai conti correnti anche perché non sono strumenti di gestione del risparmio: si tratta, in pratica, di un deposito che una volta creato è aperto solo dal lato dell’uscita, che può essere appunto utilizzato per tutti i tipi di pagamento.
Il deposito è però al sicuro dai rischi correlati al default e alla liquidazione coatta amministrativa di banche e istituti di pagamento. Lo scudo poggia sull’articolo 49, comma 1 del decreto legislativo che ha recepito in Italia la direttiva Brrd (Dlgs 180/2015), che ferma il bail in quando i clienti «sono protetti nelle procedure concorsuali applicabili». Ed è proprio il caso dei conti di pagamento, oggetto di questo tipo di protezione in base al Testo unico bancario (articolo 114duodecies). Lo stesso accade per le somme legate ai servizi di pagamento dagli istituti di moneta elettronica.
L’incrocio delle due regole fin qui non era venuto in risalto anche perché gli standard europei di comunicazione si concentrano sui costi per la clientela, e la scelta di indicare le caratteristiche aggiuntive spetta ai singoli istituti. Che però fin qui non hanno acceso i fari su questo strumento