La perizia dei pm supera il no del gip
Confermata l’interdizione dei tecnici Spea accusati per i report su Autostrade
Una perizia tecnico- scientifica disposta dal pm è un fatto nuovo idoneo a far scattare misure cautelari anche dopo che era stata bocciata una prima richiesta del la pubblica accusa. Così la Cassazione, con la sentenza 17973 depositata ieri, ha confermato la sospensione dell’ex amministratore delegato di Spea ( la società consociata cui Autostrade per l’Italia - Aspi - affidava le verifiche sulla sue rete), che avrebbe avallato e i report “edulcorati” dei suoi collaboratori, favorendo anche questa pratica. L’indagine, partita da quella sul crollo del Ponte Morandi, a metà settembre aveva portato alle sospensioni e a tre arresti domiciliari. Sentenze analoghe sono state depositate sempre ieri dalla Corte nei confronti di altri tecnici indagati.
La sospensione dall’esercizio del pubblico ufficio di concessionario di attività pubbliche per un anno e il divieto temporaneo di esercitare l’attività professionale per soggetti pubblici o concessionari erano stati disposti dal Tribunale del riesame di Genova, che aveva accolto l’appello dei pm dopo che il gip aveva respinto la loro richiesta di misure cautelari. Proprio sulla prima decisione del gip si basava in buona parte il ricorso degli indagati in Cassazione: si sosteneva che il primo diniego delle misure costituisse preclusione processuale (il cosiddetto giudicato cautelare) rispetto a successive decisioni diverse.
Ma la Cassazione valorizza il fatto che la Procura, dopo il rigetto del gip, ha disposto una perizia e sentito altri testimoni per dimostrare che le modalità di controllo seguite da Spea fossero inidonee a certificare la sicurezza dei viadotti, perché comportavano una valutazione senza ispezionare le strutture dall’interno dei cassoni degli impalcati. Sulla base della perizia, la Procura ha concluso che attestare la sicurezza di una struttura solo sulla base di un’ispezione esterna equivale ad attestare il falso. La Cassazione lo conferma, ritenendo la perizia un novum che riesamina dal punto di vista tecnicoscientifico la precedente decisione del gip aggiungendo elementi all’epoca non noti a questo giudice e in grado di superare le incertezze che ne avevano influenzato l’operato.
In questa fase di ricorso contro le misure interdittive, gli indagati non hanno opposto l’argomentazione secondo cui le ispezioni all’interno dei cassoni erano state interrotte dopo l’entrata in vigore di norme antinfortunistiche più severe.
L’inchiesta della Procura di Genova e della Guardia di finanza va comunque avanti per ricostruire se e in che misura fosse Aspi a sollecitare Spea nel redigere report edulcorati, per avere una giustificazione a omettere costosi interventi di manutenzione invece necessari. Andrà valutato anche il fatto che alcuni indagati, tra cui lo stesso ad, avevano in passato lavorato in Aspi. In ogni caso, dopo la pubblicazione delle imbarazzanti intercettazioni sui report edulcorati, l’attuale gestione della società ha tenuto a rimarcare un cambio di passo e ora sta portando avanti controlli e ispezioni a ritmo serrato.
Il peso del passato porta però ad aprire ancora nuovi fronti: proprio ieri si è appreso che la Gdf di Genova sta approfondendo la posizione di una decina di tecnici Spea per analoghe edulcorazioni di report nelle gallerie. Quelle stesse gallerie che proprio in questi giorni sono alla base di continue chiusure che bloccano il traffico intorno a Genova.