Aumenti di capitale, pronte regole più semplici
Per un anno possibile saltare l’iter parti correlate, ma non l’assemblea Snellimento prospetti sul tavolo Ue. Manca la risposta del legislatore
Consob fa la sua parte per agevolare la ricapitalizzazione delle aziende nell’emergenza Covid, che va scemando, ma non è risolta. Con una decisione valida fino al 30 giugno dell’anno prossimo, l’Authority di mercato ha sospeso l’applicazione di alcune previsioni del regolamento sulle operazioni con parti correlate, nel caso di aumenti di capitale riservati all’azionista di controllo (sia di diritto che di fatto), ma anche a soci con un’influenza dominante (che si presume al superamento della soglia del 10%). Già «in caso d’urgenza», per crisi aziendali, il regolamento consentiva di derogare all’iter procedurale, purchè ammesso dallo statuto societario. Ora, da una parte, la Consob ha ampliato il concetto di “urgenza”, per un intero anno, senza vincolarlo alle crisi aziendali e, dall’altra, ha disposto che anche le società che non lo abbiano previsto - sono almeno il 60% delle quotate di Piazza Affari - possano derogare all’iter parti correlate.
Non sarà necessario il parere vincolante dei consiglieri indipendenti, ma l’operazione dovrà comunque essere approvata dall’assemblea. In caso di perplessità i consiglieri indipendenti, alla pari degli altri, potranno di fatto solo verbalizzare il dissenso. Se l’operazione è di maggiore rilevanza - che vuol dire, di fatto, se supera in controvalore il 5% della capitalizzazione di Borsa o del patrimonio netto - resta comunque l’obbligo di pubblicare il documento informativo entro sette giorni dalla data del consiglio che ha convocato l’assemblea, mentre se l’aumento di capitale supera il 20% del capitale preesistente è necessario anche pubblicare il prospetto di ammissione a quotazione delle azioni di nuova emissione.
Difficile perciò stimare quanto si accorcino i tempi di esecuzione dell’aumento che comunque, per le quotate italiane, resta un’impresa laboriosa. Del resto la Consob più di tanto non poteva fare, né poteva invadere il campo altrui. Lo snellimento dei prospetti per gli aumenti di capitale delle società quotate (che oggi sono di centinaia di pagine), per esempio, è sul tavolo della commissione Ue, cui anche l’Assonime (l’associazione delle società quotatate) si è appellata.
I Paesi anglosassoni hanno già bruciato i tempi a partire da aprile, consentendo alle società di ricapitalizzarsi saltando il passaggio assembleare. A New York la finestra sta già per chiudersi, visto che l’agevolazione - salvo proroghe - dovrebbe scadere a fine mese. Ricorrere al mercato per rafforzare il patrimonio, senza sbilanciarsi troppo sul debito, ha molto senso nell’anomala fase recessiva attuale. Ma lasciar trascorrere settimane tra la decisione e l’esecuzione dell’aumento rischia di far diventare la società bersaglio della speculazione. Chi ha portato a casa risorse in pochi giorni, grazie alle disposizioni temporanee, al contrario è stato persino premiato in Borsa.
In Italia solo il legislatore può derogare al codice civile. Nelle settimane scorse era apparsa nella bozza del decreto rilancio una norma che abbassava alla maggioranza semplice (anzichè alla maggioranza dei due terzi) il quorum per gli aumenti di capitale, purchè in presenza di almeno il 50% del capitale in assemblea, richiamandosi alla direttiva Ue n. 1132 del 2017, che non era certo stata pensata per un’epoca straordinaria come l’attuale. La disposizione, con altre collaterali, alla fine è stata stralciata, ma potrebbe essere ripescata nel decreto semplificazioni. Resta comunque anche l’ipotesi di una mossa più “spinta”, sulla falsariga di quanto ha fatto la Gran Bretagna che, sebbene ancora vincolata a rispettare le direttive europee, ha fatto ricorso alla flessibilità per consentire ai consigli di amministrazione delle società di varare aumenti di capitale-lampo, non in prelazione ai vecchi azionisti, nel limite del 20% del capitale preesistente. Il tempo però intanto passa, mentre l’autunno si preannuncia caldo.