FED E BCE PERSE NELLA FORESTA DI SHERWOOD
Quando la politica monetaria redistribuisce il reddito, Bce e Fed sono Robin Hood o lo Sceriffo di Nottingham? In tempi normali né l’uno né l’altro: le politiche monetarie non devono incidere sulla distribuzione del reddito, altrimenti non si vede perché le banche centrali debbano essere indipendenti dalla politica. Ma i tempi attuali non sono affatto normali.
La recessione pandemica ha visto una reazione immediata e straordinaria di Bce e Fed: nullificazione dei tassi e aumento della liquidità sono stati assicurati con una pluralità di interventi, per un numero di mesi indefinito. Eppure ci si lamenta. Negli Stati Uniti si lamentano le colombe, che vedono il fiume di liquidità favorire i soliti noti, osservando discriminazioni tra tipo di impresa, di settore, di regione geografica; insomma, la Federal Reserve non è Robin Hood. Alle colombe si accoda puntualmente Trump, sempre critico con una Fed troppo sparagnina. In Europa si lamentano i falchi, che ritengono che sempre lo stesso fiume di liquidità stia danneggiando in prospettiva il risparmio, le imprese più sane, gli Stati più disciplinati fiscalmente; la Bce è lo Sceriffo di Nottingham. Ai falchi ha fatto eco la Corte costituzionale tedesca. E il paradosso si compie: si lamentano colombe e falchi, ma per opposte ragioni.
I riflettori si sono così accesi sugli effetti redistributivi della politica monetaria. Per provare a mettere in ordine le idee, partiamo dalla ragione per cui le banche centrali dei Paesi avanzati sono indipendenti dai politici: evitare che la politica monetaria sia uno strumento iniquo e inefficiente di redistribuzione del reddito. Il ragionamento è semplice: le politiche di redistribuzione del reddito tendono a essere gestite direttamente dai governi e dai parlamenti, per due ordini di motivi. Da un lato, le decisioni che incidono sulla distribuzione del reddito e della ricchezza dei cittadini devono spettare a chi è eletto dai cittadini stessi, perché colpiscono direttamente il loro benessere. Allo stesso tempo, chi è eletto dai cittadini non rinuncia alle politiche di distribuzione del reddito, proprio perché sa che sono importanti per il suo consenso.
Così si scopre che la politica monetaria è speciale per due ragioni. In primo luogo, chi controlla la moneta pubblica può incidere sulla distribuzione sia del reddito che della ricchezza, ma in modo occulto, creando bolle nei prezzi dei beni e delle attività. In passato la bolla più frequente è stata quella inflazionistica: le variazioni dei prezzi al consumo, soprattutto se sono inattese, tendono a colpire in maniera ineguale i cittadini. Purtroppo a essere più vulnerabili agli shock inflazionistici sono sempre i cittadini più deboli. Negli ultimi decenni – soprattutto dal 2008 – abbiamo poi riscoperto a nostre spese che le bolle monetarie possono essere uno strumento di redistribuzione del reddito, anche se i prezzi al consumo appaiono tranquilli; perché a gonfiarsi possono essere altri prezzi, siano essi quelli dei mercati immobiliari, o quelli delle attività finanziarie, o la loro combinazione. Dunque la politica monetaria può essere uno strumento occulto – quindi iniquo – di redistribuzione del reddito.
Non solo: la politica monetaria è speciale perché è uno strumento di rapido intervento per i politici, qualunque sia il problema che si trovano ad affrontare, ed è conveniente, perché fa in ogni caso guadagnare tempo, anche nascondendo i costi delle scelte sbagliate fatte in precedenza. Il politico tende allora ad abusare della politica monetaria, facendola divenire inefficiente. In conclusione: per ridurre il rischio che la politica monetaria sia iniqua e inefficiente, deve essere affidata a una banca centrale indipendente.
La politica monetaria deve perciò essere neutrale: minimizzare i rischi di essere redistributiva, avendo come unico obiettivo quello di stabilizzare il valore della moneta che emette. Ma la neutralità deve valere anche per gli strumenti. Prima del 2008 Bce e Fed usavano un unico strumento: i tassi di interesse. Anche le variazioni dei tassi redistribuiscono il reddito, ad esempio tra debitori e creditori. Ma tale redistribuzione è stata considerata – o percepita – come irrilevante, soprattutto con tassi che si presentavano strutturalmente bassi e stabili. Dal 2008 tutto è cambiato. Entrambe le banche centrali hanno portato della politica monetaria non convenzionale. Di conseguenza, i canali attraverso cui la politica monetaria può avere effetti discriminatori sono aumentati di numero e si sono ampliati di dimensione. Con due risultati. Sul piano economico, il calcolo dei potenziali effetti redistributivi della azione di Bce e Fed è divenuto sempre più complesso. La complessità può aumentare l’arbitrarietà. Che cosa significa essere o non essere Robin Hood diventa un punto di vista. Sul piano politico, è molto più probabile che l’azione delle banche centrali possa creare dissidi e ostilità; si diventa lo Sceriffo di Nottingham con più facilità. L’indipendenza delle banche centrali viene rimessa in discussione. L’orologio torna indietro di quaranta anni. Rischi inclusi.