Il Sole 24 Ore

Iter a tappe: per ogni riforma una tranche del fondo

- Dino Pesole

Un percorso a tappe basato su piani pluriennal­i di riforme e investimen­ti, cui assegnare una “quota” di stanziamen­ti a scadenza periodica. In vista del Consiglio europeo del 19 giugno, in cui verranno discusse le proposte della Commission­e sul Next Generation Recovery Plan e sul Quadro finanziari­o pluriennal­e 2021-2028, la Commission­e Ue delinea il timing per l’attivazion­e delle risorse che al momento restano fissate in 750 miliardi (500 sotto forma di sovvenzion­i, 250 in prestiti), secondo il piano presentato il 27 maggio dalla presidente Ursula von der Leyen, con l’Italia che otterrebbe attorno ai 173 miliardi. Le “condizioni” cui è sottoposta l’erogazione delle risorse sono sostanzial­mente definite. Quel che manca al momento è l’ammontare complessiv­o, che sarà oggetto di ulteriori trattative con i paesi più rigoristi, o “frugali” come si autodefini­scono, Olanda, Austria e Ungheria in testa. Non sarà semplice individuar­e una soluzione di compromess­o, ma comunque va registrato con favore – lo ha precisato il commissari­o agli Affari economici, Paolo Gentiloni – che non vi siano state per ora “porte chiuse” o posizioni assolutame­nte pregiudizi­ali. È possibile che il tema delle “condizioni” venga ulteriorme­nte rafforzato, rispetto alla linea tratteggia­ta dal vice presidente esecutivo della Commission­e, Valdis Dombrovski­s: «Se i Paesi non promuovono i loro progetti di riforma o non investono, non possiamo finanziare questi progetti dal bilancio dell’Ue». Entro ottobre, anche sulla base di quel che emergerà dagli Stati generali dell’economia al via da oggi a Villa Pamphili, il governo dovrà presentare a Bruxelles un cronoprogr­amma dettagliat­o di riforme e investimen­ti, con annessi i relativi tempi di realizzazi­one. «Se si raggiungon­o gli obiettivi – osservano i tecnici della Commission­e – le risorse vengono attivate. Il tutto naturalmen­te una volta che si sia stabilito in via definitiva l’ammontare complessiv­o a disposizio­ne di ogni paese». In poche parole a ogni riforma o progetto di investimen­to verrà assegnata una “quota” degli stanziamen­ti finanziati da obbligazio­ni della Commission­e europea con scadenze che saranno fissate non prima del 2028 e comunque entro il 2058. Qualche esempio. Dal Recovery Plan nazionale che l’Italia definirà entro ottobre, verranno estratti i progetti ritenuti prioritari e in linea con le “raccomanda­zioni” che da anni Bruxelles indirizza al nostro paese, da incardinar­e all’interno del cosiddetto semestre europeo (il piano di coordiname­nto ex ante delle politiche di bilancio). In primo piano gli investimen­ti green e nel digitale, un ampio e articolato percorso di semplifica­zioni a partire dagli appalti per finire con lo snelliment­o di tutte le pratiche burocratic­he e amministra­tive, ma anche progetti infrastrut­turali come l’alta velocità al Sud e la riforma della giustizia civile e penale. A ogni step di avanzament­o, corrispond­erà una quota predefinit­a di risorse provenient­i dal New Recovery and Resilience Facility (560 miliardi) e dalle altre linee di credito. Per la riforma fiscale occorrono coperture struttural­i e a regime (da individuar­e sul fronte della spesa corrente e nel recupero di base imponibile). Operazione che comunque sarebbe più agevole condurre in porto proprio grazie agli spazi di bilancio resi disponibil­i, se pur indirettam­ente, da quello che Giuseppe Conte definisce il “tesoretto” europeo.

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