L’ex Ilva riapre le trattative con l’indotto
Lucia Morselli (Mittal Italia) scrive a Confindustria Taranto per un confronto
L’amministratore delegato di ArcelorMittal Italia, Lucia Morselli, apre al confronto con l’indotto-appalto siderurgico di Taranto che da mesi lamenta di non essere pagato a fronte delle fatture scadute e segnala anche una drastica riduzione delle commesse di lavoro. L’ad lo fa con una lettera inviata al presidente di Confindustria Taranto, Antonio Marinaro, ma è un segnale che non migliora il contesto generale perchè la situazione resta comunque molto pesante. Dopo che il Governo e i commissari di Ilva in amministrazione straordinaria (la proprietà) hanno nettamente bocciato il nuovo piano industriale di ArcelorMittal perché molto distante dagli impegni che la società aveva assunto a marzo, arriva anche l’esposto dei sindacati metalmeccanici di Taranto alla
Procura che denuncia rischi nell’area degli altiforni. Ed è una denuncia che alza il livello dello scontro sugli esuberi (3.200 quelli dichiarati dall’azienda). «Non appena le interlocuzioni col Governo potranno dirsi concluse - scrive intanto l’ad Morselli al presidente Marinaro -, saremo disponibili per un confronto sul futuro dell’acciaio in Italia e di come questo si inserisca in un piano di sviluppo del territorio tarantino».
Era stata Confindustria Taranto a fare il primo passo dopo il piano industriale di ArcelorMittal, chiedendo a Morselli un confronto nel tentativo di superare le criticità che gli stessi imprenditori certo non si nascondono. Tant’è che un’azienda, la Ferplast, attiva nelle manutenzioni nell’acciaieria, che aveva ritirato il suo personale, solo da pochi giorni è tornata nel siderurgico ma con un piccolo numero di addetti. E anche altre imprese - che nel frattempo hanno chiesto la cassa integrazione ordinaria dopo quella Covid 19 - hanno ridimensionato il personale assegnato allo stabilimento.
Alla Procura di Taranto, invece, Fim, Fiom e Uilm hanno denunciato che non è operativa, malgrado una prescrizione del 26 maggio scorso dell’Ispettorato del lavoro con l’obbligo ad adempiere entro 15 giorni, la macchina di granulazione della ghisa. Un processo, quello della granulazione, che si effettua quando la ghisa non può essere trasportata in acciaieria per scioperi o problemi tecnici. L’assenza della macchina potrebbe causare, per i sindacati, «seri problemi ambientali, impiantistici e di sicurezza per i lavoratori». A tale mancanza, ArcelorMittal ha “ovviato” - viene denunciato alla Procura - allargando il numero degli addetti di “comandata” durante gli scioperi. Misura che l’azienda ha giustificato con la «salvaguardia degli impianti in corrispondenza degli scioperi». Ma questo, rilevano le sigle metalmeccaniche, «lede in maniera chiara ed inequivocabile il diritto costituzionale di sciopero, in quanto la responsabilità del mancato revamping dell’impianto di granulazione della ghisa è in capo esclusivamente all’azienda». L’esposto alla Magistratura segna il debutto della linea di rottura dichiarata dai sindacati, che, nell’interrompere le relazioni industriali con ArcelorMittal, hanno affermato che adesso, in rapporto ai singoli casi, gli interlocutori saranno Procura, Inps ed enti ispettivi. La Regione Puglia ha intanto convocato per lunedì alle 15 i sindacati, che hanno effettuato un vero e proprio pressing sull'istituzione. Si sono infatti attivate le federazioni metalmeccanici, edili, elettrici, trasporti e servizi. Ciascuna evidenzia problemi. Il confronto sarà presieduto dal governatore Michele Emiliano. «Il piano di esuberi della multinazionale dell’acciaio è inaccettabile» dichiara infine l’assessore al Lavoro della Regione Piemonte, Elena Chiorino.
Intanto a livello europeo, il comitato tecnico dei 27 ha approvato un piano di salvaguardie commerciali al settore dell’acciaio proveniente dai Paesi terzi.